Sicurezza, diritti delle donne e integrazione
Mai sentito di una rapina fatta da una col burqa? Bancomat esplosi da tipe col mantello nero? Quanto il tema sulla “sicurezza” sia debole (ma di grande effetto!) è chiaro anche dal fatto che dopo il divieto per il burqa in Ticino, qualcuno (dei sostenitori) voleva esentare dal divieto le turiste arabe. Ma come? I paladini della sicurezza ci mettono alla mercè del burqa per salvaguardare via Nassa? Velo e burqa hanno acquisito il significato di “sottomissione della donna” e la cosa è stata ripetuta così tanto che sembra impossibile vedere un’altra realtà, quella della maggioranza delle donne velate. Esempio: l’estate scorsa ho comprato il mio primo burkini. Sono una mamma e mi sono attrezzata per poter andare in piscina col mio pargolo di 3 anni. Facile capire che sarebbe ridicolo vedermi in piscina col bikini, mentre vado al lavoro col velo… come potrei sentirmi a mio agio? Morale: lo stesso indumento sbandierato come “denigratorio” rappresenta per me la libertà. Paladini della giustizia, una donna obbligata a mettere il burqa è prigioniera tanto quanto una che non può scegliere come vestirsi! Immaginate ora una donna che è obbligata dal marito a mettersi il burqa. Sicuramente egli oltre al discorso burqa avrà anche altre ideologie fondamentaliste. Quale sarà la sua reazione a un divieto e quindi la diretta conseguenza sulla moglie? Egli non le permetterà neanche di affacciarsi alla finestra! Risultato: la donna che prima, seppur obbligata a mettere un vestito contro la proprio volontà, era libera di uscire di casa ora sarà in prigionia completa. Le togliamo pure la chance di cercare aiuto! Si parla sempre più spesso di radicalismo, risolviamo il problema con questo divieto? Uno che si sente perennemente con il dito puntato addosso come può integrarsi e sentirsi a casa?