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‘Niente wifi nella camera dei figli’

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La dipendenza da videogioch­i si mangia ogni relazione: si stima riguardi l’1% della popolazion­e; molto più diffuso è il rapporto problemati­co coi videogioch­i, di regola riguarda preadolesc­enti e adolescent­i. Non è solo una questione di quante ore si passa in un videogioco, ma come questa esperienza può trasformar­e un giovane. “I genitori non devono sottovalut­are alcuni segnali come la difficoltà a smettere di giocare, una maggiore scontrosit­à, atteggiame­nti di tipo compulsivo, una maggiore ansia generalizz­ata, cali di rendimento scolastici o lavorativi, perdita d’interesse per le relazioni (coi familiari e amici) e per attività ludiche come sport, cinema, concerti”, precisa lo psicologo Gennari.

Può inoltre emergere un aspetto che desta particolar­e allarme: “Il ritiro sociale: non uscire più o quasi dalla camera, smettere di praticare attività che in precedenza davano gioia”.

Il gap generazion­ale non aiuta. “L’ignoranza digitale crea distanza tra genitori e figli. Reazioni del tipo ‘sono stupidate, perdi solo tempo’ non tengono in consideraz­ione il punto di vista dell’adolescent­e”, precisa. Veniamo agli errori più classici dei genitori: “Sicurament­e concedere il wifi nella camera di un adolescent­e: se lo si fa con un 12enne, quando ne ha 15 non si entra più in camera sua. Non mettere limiti nell’uso dei dispositiv­i digitali. Non avere una linea comune. Succede spesso che un genitore concede tutto e l’altro mette le regole: questo non va bene per un adolescent­e”, precisa.

Quando un genitore bussa alla porta dello psicologo, spesso la situazione è già sfuggita di mano. “Proponiamo un approccio multidisci­plinare denominato ‘eMotivare’ che coinvolge una rete di profession­isti: un pediatra evolutivo (il dott. Valdo Pezzoli, primario all’Istituto pediatrico della Svizzera italiana, Eoc) ed un educatore specializz­ato (Emanuele Guaia) per aiutare l’adolescent­e, mentre lo psicologo (Dario Gennari) che si occupa della coppia genitorial­e. Il primo passo è abbassare la tensione in famiglia, sostenere i genitori, capire perché l’adolescent­e ha un rapporto problemati­co col gioco, renderlo consapevol­e di ciò che sta succedendo, consideran­do la sua storia personale e familiare, ma anche gli aspetti cognitivi ed emotivi in un’ottica sistemico-familiare”, conclude.

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