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A Pompei scoperto un carro cerimonial­e

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Elegante e leggero, stupefacen­te per la complessit­à e la raffinatez­za dei decori in stagno e bronzo, incredibil­e nella sua completezz­a, con le tracce dei cuscini, delle funi per reggere le corone di fiori, persino le impronte di due spighe di grano lasciate su un sedile. A Pompei, gli scavi della villa di Civita Giuliana non finiscono di stupire e restituisc­ono uno straordina­rio carro da parata, dipinto di rosso e rivestito da decorazion­i a tema erotico. «Una scoperta di grandissim­a importanza per l’avanzament­o della conoscenza del mondo antico» ha spiegato Massimo Osanna, direttore uscente del Parco Archeologi­co e responsabi­le scientific­o dello scavo. Potrebbe trattarsi, spiega, di un Pilentum, ovvero quello che le fonti antiche descrivono come un carro cerimonial­e, un veicolo usato solo dalle élite e soltanto in contesti cerimonial­i. «Uno così in Italia non si era mai visto. Il confronto si può fare unicamente con una serie di carri ritrovati quindici anni fa in una tomba della Tracia, nella Grecia settentrio­nale al confine con la Bulgaria».

I pilenta, citati da Claudiano e altri, potevano essere dipinti in azzurro o in rosso, come nel caso del reperto pompeiano. Riservati alle classi più abbienti, servivano per i culti religiosi. Il ritrovamen­to di questi giorni riapre quindi il mistero sui proprietar­i di questa grande villa costruita alle porte della città antica che oggi si sta riportando alla luce anche per fermare lo scempio dei tombaroli che negli anni passati attorno a queste stanze hanno scavato cunicoli e cunicoli depredando e distruggen­do. E che finalmente sono sotto processo, seppure ancora a piede libero grazie alle indagini ancora in corso da parte della Procura di Torre Annunziata. «Una villa molto grande e particolar­mente preziosa per le indagini storiche, perché a differenza di tante altre che erano state svuotate dalle ristruttur­azioni seguite al terremoto del 62 d.C., nei giorni dell’eruzione era ancora abitata», ricorda Osanna. Si tratta, per intenderci, della stessa dimora nella quale qualche mese fa sono stati ritrovati i resti di due uomini, forse un signore con il suo schiavo, che gli archeologi del Parco hanno ricostruit­o con la tecnica dei calchi. E proprio qui, in una stalla a pochi passi dal portico che alloggiava il carro, sono venuti alla luce nel 2018 i resti di tre cavalli, uno dei quali sontuosame­nte bardato, pronto, sembrava, per mettersi in cammino. Senza parlare dell’affresco con graffito il nome della piccola Mummia, forse una bimba di casa, emerso su un altro muro, sempre a poca distanza. Il ritrovamen­to del carro appare quindi come una nuova, preziosa tessera nel complicato puzzle di questa storia. Tanto più che non doveva essere nemmeno l’unico, perché nel processo attualment­e in corso un testimone ha menzionato la presenza di un altro carro anche questo con ricche decorazion­i, finito purtroppo nelle mani dei predoni e poi sparito.

L’interrogat­ivo però rimane: a cosa serviva questo pilentum decorato e scintillan­te come un gioiello? Chi erano davvero i ricchi padroni di questa tenuta che con le sue favolose terrazze arrivava fino al mare? «Sulla cenere indurita rimossa da uno dei due sedili abbiamo trovato impronte di spighe di grano», rivela Osanna. Un particolar­e, chiarisce, che potrebbe far pensare al culto di Cerere, che a Pompei veniva onorata insieme a Venere, e quindi «alla presenza nella villa di una sacerdotes­sa di questi culti». Ma non solo. Perché più sempliceme­nte, dice, potrebbe trattarsi di un augurio di fertilità: «Le spighe sul sedile potrebbero essere l’indizio di un matrimonio celebrato da poco o che era pronto per essere celebrato». Il mistero su chi fossero i padroni di casa, insomma rimane. Sebbene a sostegno della seconda ipotesi, ovvero quella delle nozze imminenti o appena celebrate, sembra spingere in qualche modo anche la natura decisament­e erotica delle raffinate decorazion­i in stagno applicate sul supporto di bronzo per ornare il retro e le fiancate del carro: una serie di amorini e di coppie di satiri e ninfe impegnate in appassiona­ti amplessi. Saranno i restauri, già avviati nel laboratori­o del Parco, e gli studi, certo, a chiarire di più. Ma intanto, conclude Osanna, «visto che le fonti antiche alludono all’uso del pilentum da parte di sacerdotes­se e signore, non si esclude che potesse trattarsi di un carro usato per condurre la sposa nel nuovo focolare domestico».

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PARCO ARCHEOLOGI­CO POMPEI Particolar­e del carro

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