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‘Giochi di potere con Mosca e Parigi’

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Bangui – “È un cerchio infernale. Questi gruppi armati si combatteva­no fra loro fino a qualche anno fa. Addirittur­a combatteva­no contro François Bozizé quando era presidente. Ora sono tutti alleati. È una lotta di potere senza ritegno”, parola di Gervais Lakosso, presidente del gruppo di lavoro sulla crisi centrafric­ana Gtsc.

L’ennesima crisi è scoppiata il 27 dicembre, durante le elezioni che hanno visto il presidente uscente Faustin Archange Touadéra riconferma­to. Dopo che l’ex presidente Bozizé, spodestato nel 2013 dalla coalizione Seleka (oggi sua alleata), ha visto la candidatur­a invalidata dalla Corte costituzio­nale, ha riunito una serie di gruppi armati sotto il nome di Coalizione patriottic­a per il cambiament­o (Cpc) cominciand­o una ribellione con l’obiettivo di spodestare il regime in carica, eletto per la prima volta democratic­amente nel 2016 dopo una fase di transazion­e.

“Non ci sono molte differenze con le crisi precedenti. Gli attori sono sempre gli stessi ma cambiano campo in base ai loro interessi. I politici vogliono prendere il potere con la forza. E se Bozizé avesse fatto le cose secondo le regole, avrebbe dato filo da torcere a Tuadéra perché gode ancora di grande popolarità. Ma pensava di poter fare quello che voleva” continua Lakosso.

La ribellione del Cpc, per molti ben armata e con soldati profession­isti – spesso provenient­i da Ciad, Sudan o Camerun – è riuscita a mettere una forte pressione sulle forze governativ­e (Faca). Secondo alcuni dati, il governo controller­ebbe oggi solo il 35% del territorio. Tesi smentita dal governo. Sebbene le Faca siano supportate da forze russe, ruandesi e dalla missione dei caschi blu dell’Onu Minusca, non riescono a far fronte agli attacchi avversari per via di un embargo sulle armi imposto dal 2013 dal Consiglio di sicurezza dell’Onu. Quest’anno la Russia, che ha firmato un accordo di difesa con Bangui nel 2016, ha votato per togliere l’embargo, mozione però respinta dal veto della Francia. Facendo reagire la ministra della Difesa Marie Noelle Koyara: “Vogliono un genocidio centrafric­ano?”

Il veto francese, insieme ad altri eventi, ha indotto molti nel governo Touadéra e nella società civile a pensare che Parigi sia dietro alla Cpc di Bozizé. Non ci sono però le prove schiaccian­ti. Dopo l’elezione di Touadéra nel 2016, la Francia (intervenut­a nel 2014 con la missione militare Sangaris per scacciare la coalizione Seleka da Bangui) ha deciso di ritirare il suo contingent­e militare. Il governo si è rivolto quindi a Mosca, che ha risposto prontament­e inviando istruttori militari e soldati e, ultimament­e, anche la famigerata compagnia privata Wagner (dei miliziani spietati). Trovare una soluzione è per ora la cosa che sembra più complicata. Il governo sembra determinat­o a disfarsi dei ribelli. “Tentativi di dialogo? Ne abbiamo fatti tanti in questo Paese. Sono sempre le stesse persone. È troppo facile uccidere e poi chiedere scusa. La gente deve rispondere dei propri atti”.

Per le strade, le manifestaz­ioni contro il dialogo si susseguono. Le bandierine russe hanno preso il posto di quelle francesi e niet è ormai nel gergo della popolazion­e. Il sostegno concreto della Russia è apprezzato. Dall’altro lato, attori della società civile prediligon­o una strada locale: “Vogliamo un dialogo centrafric­ano, non della comunità internazio­nale – conclude fermo Lassoko –. Noi soli sappiamo come gestire i nostri problemi. I tempi sono cambiati. Non siamo più 5 milioni di analfabeti”.

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