Magistratura: sì all’elezione popolare
Ho letto con interesse, su laRegione di sabato 27 febbraio, l’intervista al presidente del Ppd Fiorenzo Dadò, il quale afferma senza mezzi termini di trovare del tutto insoddisfacente l’attuale sistema di nomina dei magistrati dell’ordine giudiziario da parte del Gran Consiglio, per cui (con colleghi di altri partiti), egli starebbe pensando di proporre un sistema di elezione popolare, come previsto dalla Costituente del 1892. Poiché questa soluzione è stata ripetutamene da me proposta, seppure per motivi diversi da quelli del presidente Ppd, sia in Gran Consiglio che fuori, la “conversione” di Dadò non può che farmi piacere, benché avvenuta solo per la delusione provocata dall’esito di alcune nomine parlamentari. Per me si tratta invece di una questione di princìpio. Dal momento che il potere, compreso quello giudiziario, viene esercitato a nome del popolo, non si vede infatti perché mai quest’ultimo debba essere escluso proprio al momento delle elezioni! Riguardo alla decisione del 1892, è bene ricordare che in quell’epoca di grandi scontri fra le cosiddette “due tribù”, l’elezione popolare dei magistrati giudiziari rappresentava una garanzia di pluralismo e faceva sì che detti magistrati si controllassero a vicenda, affinché non si potesse più parlare di “giustizia guercia e scollacciata”, come Carlo Battaglini definiva la situazione precedente. Oggi, seppure in una situazione per vari aspetti molto diversa, quegli obiettivi mantengono tutta la loro validità. Non sarebbe quindi male confermarli!