Un’identità elettronica pubblica e sicura
Il prossimo 7 marzo saremo chiamati a votare sulla nuova Legge sull’identità elettronica. È certamente da condividere l’adeguamento al progresso tecnologico in questo ambito, mentre non convince per niente il fatto che a implementare l’identità elettronica saranno delle aziende private. L’identità elettronica garantita dallo Stato è già una realtà in alcuni Paesi e le implementazioni sono diverse: una smart card (una carta simile a quelle bancarie), una carta Sim (telefonica) o una semplice app per cellulare. Secondo i favorevoli alla nuova legge per lo Stato è impossibile realizzare un sistema di questo genere. In realtà, già oggi in diversi Paesi è un ente o un’azienda pubblica a implementare il sistema di identità elettronica o dell’analoga firma elettronica; è il caso tra gli altri di Germania, Francia e Italia. In Svizzera si potrebbe benissimo integrare il progetto con quello del voto elettronico e con quello della firma digitale. In secondo luogo, un ente o un’azienda pubblica sono assolutamente in grado di innovare; un’innovazione più veloce da parte dei privati sarebbe dovuta al fatto che essi non dovrebbero sottostare ai controlli cui sottostà un ente pubblico. Ma vogliamo veramente favorire la velocità tecnologica in un ambito così sensibile? Ricordiamoci che nessuno 10 anni fa intuì i rischi legati al dilagare dei colossi informatici. Infine, assegnare l’implementazione ad aziende private non è per niente garanzia di successo: in Estonia, Paese che il Consiglio federale sembra voler prendere ad esempio, sono emerse falle di sicurezza importanti causate dalla negligenza di un’azienda privata. Questa è la prova che la ricerca del profitto conduce a procedure poco sicure e di scarsa qualità. Il 7 marzo votiamo quindi No alla Legge sull’identità elettronica.