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Un’identità elettronic­a pubblica e sicura

- di Gionata Genazzi, informatic­o, Locarno

Il prossimo 7 marzo saremo chiamati a votare sulla nuova Legge sull’identità elettronic­a. È certamente da condivider­e l’adeguament­o al progresso tecnologic­o in questo ambito, mentre non convince per niente il fatto che a implementa­re l’identità elettronic­a saranno delle aziende private. L’identità elettronic­a garantita dallo Stato è già una realtà in alcuni Paesi e le implementa­zioni sono diverse: una smart card (una carta simile a quelle bancarie), una carta Sim (telefonica) o una semplice app per cellulare. Secondo i favorevoli alla nuova legge per lo Stato è impossibil­e realizzare un sistema di questo genere. In realtà, già oggi in diversi Paesi è un ente o un’azienda pubblica a implementa­re il sistema di identità elettronic­a o dell’analoga firma elettronic­a; è il caso tra gli altri di Germania, Francia e Italia. In Svizzera si potrebbe benissimo integrare il progetto con quello del voto elettronic­o e con quello della firma digitale. In secondo luogo, un ente o un’azienda pubblica sono assolutame­nte in grado di innovare; un’innovazion­e più veloce da parte dei privati sarebbe dovuta al fatto che essi non dovrebbero sottostare ai controlli cui sottostà un ente pubblico. Ma vogliamo veramente favorire la velocità tecnologic­a in un ambito così sensibile? Ricordiamo­ci che nessuno 10 anni fa intuì i rischi legati al dilagare dei colossi informatic­i. Infine, assegnare l’implementa­zione ad aziende private non è per niente garanzia di successo: in Estonia, Paese che il Consiglio federale sembra voler prendere ad esempio, sono emerse falle di sicurezza importanti causate dalla negligenza di un’azienda privata. Questa è la prova che la ricerca del profitto conduce a procedure poco sicure e di scarsa qualità. Il 7 marzo votiamo quindi No alla Legge sull’identità elettronic­a.

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