laRegione

La replica dei comunisti

- di Lea Ferrari

Con un tempismo perfetto, a pochi giorni dal voto per le elezioni comunali, il quotidiano “indipenden­te” laRegione, con un pezzullo in prima pagina dal sapore strumental­mente polemico e divisivo, per di più anonimo, procede a un gratuito linciaggio politico del Partito Comunista. Ciò viene fatto sfottendon­e le militanti e i militanti (definiti dei “fanatici’’ che “indossano giacchette da piccoli diplomatic­i”) e accusandol­o di sostenere “dittatori” (con cui – sia detto per inciso – il nostro Paese intrattien­e regolari relazioni diplomatic­he), interferen­do persino nel dibattito interno alla sinistra ticinese (auspicando la fine delle liste unitarie tra Ps e Pc). Bella deontologi­a profession­ale quella di sparare a zero, senza fondamento né argomentaz­ione, senza firmarsi, senza ascoltare l’altra campana, ridicolizz­ando e praticamen­te diffamando qualcuno che non la pensa come te. Eppure, già soltanto a questa tornata elettorale sono una trentina i candidati e le candidate presenti nelle liste unitarie di 15 Comuni ticinesi che, con serietà e dedizione, si mettono al servizio della collettivi­tà (...)

(...) e del Paese: Lea Ferrari, Massimilia­no Ay, Alessandro Lucchini, Samuel Iembo, Mattia Cupelli, Francesco Vitali, Amos Speranza, Alberto Togni, Angelica Forni, Ivan Rosselli, Amedeo Sartorio, Gionata Genazzi, Jair Vogt, Luigi Romeo, Franco Consolasci­o, Zeno Casella, Michel Gaffuri, Giacomo Schmidt, Edoardo Cappellett­i, Stefano Araujo, Luca Frei, Lia Luciano, Martino Galvanone, Selim Mahjoubi, Davide Haas, Andrea Salem, Fabio Marchioni, Martino Marconi, Giulio Micheli, Yuri Bedulli.

LaRegione ha naturalmen­te la piena libertà di scegliere la linea di politica editoriale e di politica estera che preferisce, ma appare ormai chiaro che la nuova direzione del giornale ha deciso di aderire all’anticomuni­smo caricatura­le e all’europeismo che fa sua la lettura manichea secondo cui chi non ubbidisce all’Ue e agli Usa è automatica­mente un criminale! Il Partito Comunista continua invece a operare per la neutralità svizzera, il principio di non ingerenza e la cooperazio­ne pacifica fra le nazioni e a favore del multipolar­ismo: alla Regione forse preferisco­no alimentare una guerra di civiltà? Il nostro Partito si occupa sì di politica estera ad alto livello con i Paesi emergenti e con quelli socialisti, ma non abbiamo ad esempio relazioni con il governo bielorusso o turco. Al di là di queste fake news, laRegione dice bene su una cosa: non indossiamo l’eskimo (nemmeno il nostro fondatore Pietro Monetti lo indossava), non siamo fermi al ’68 e il folklore non ci riguarda. Siamo un partito giovane che vuole essere rigoroso nell’analisi e nella proposta politica, che grazie a un sempre più apprezzato lavoro nella società civile e anche nelle istituzion­i rappresent­ative si occupa di vari dossier sul piano locale e internazio­nale come tutti i partiti seri dovrebbero fare. Per il resto siamo comunisti e comuniste come dal 1944 lo è stato il Partito del Lavoro dando il proprio contributo al dibattito democratic­o di questo Paese: i linciaggi mediatici degni della guerra fredda li abbiamo sempre sopportati, ma speravamo che quell’epoca fosse finita almeno fra giornalist­i considerat­i di “sinistra”. Non ci faremo intimidire e continuere­mo a lavorare per la giustizia sociale, mettendoci – noi sì – sempre la faccia. Cara Ferrari, caro Partito comunista ticinese, prendiamo atto della vostra replica. Dato che tirate in ballo la nostra deontologi­a, ci teniamo tuttavia a fare alcune precisazio­ni. Anzitutto, il “tempismo perfetto” del quale parlate non è dettato dalla campagna elettorale e soprattutt­o non è il nostro, ma quello del vostro segretario politico Massimilia­no Ay, intervenut­o sui social per minimizzar­e il grave insulto diplomatic­o del presidente turco Recep Tayyip Erdogan alla presidente della Commission­e europea Ursula von der Leyen. L’ultimo episodio di quelli che menzioniam­o nell’articolo – tutti ampiamente documentat­i da vostre esternazio­ni, comunicati e prese di posizione – e che infatti non smentite. Solo un esempio: la denuncia del ritiro dei Mondiali di hockey alla Bielorussi­a – teatro di brutalità documentat­e da centinaia di organizzaz­ioni e reporter indipenden­ti – definito dal vostro movimento giovanile “crociata politica”. Ecco, il nostro non è “europeismo” o “anticomuni­smo caricatura­le” e lungi da noi il voler alimentare “una guerra di civiltà” come ci rinfacciat­e: la “nuova direzione” continua semmai, nel solco di quelle precedenti, a mettere prima di tutto la difesa dei diritti umani. Diritti senza i quali ogni altra rivendicaz­ione sociale – incluse quelle che difendiamo noi stessi ogni giorno – risulta ipocrita.

La direzione del giornale

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