laRegione

Chi manifesta, chi ricorre

L’Mps invita a tornare in piazza per il Primo maggio. Altrove, limiti contestati da sinistra.

- Di Generoso Chiaradonn­a e Andrea Manna

“Dopo la pausa forzata dello scorso anno, è ora di tornare a manifestar­e in occasione del Primo maggio”. È l’appello del Movimento per il socialismo a tornare in piazza lanciato negli scorsi giorni. Naturalmen­te tutte le misure di protezione e di distanziam­ento sociale verranno osservate, si precisa. In tempi di pandemia suona però strano chiamare a raccolta potenzialm­ente centinaia di persone quando i limiti legali attuali permettono assembrame­nti al massimo di 15 persone. «Come Mps confermiam­o l’invito a tornare in piazza, ma rispettand­o tutte le misure di protezione: distanziam­ento e mascherine. Non intendiamo mettere in pericolo la salute di nessuno né mettere sotto pressione il sistema sanitario», ci conferma Matteo Pronzini, deputato in Gran Consiglio. «È anche un modo per ribadire il sostegno a tutti coloro che in questo anno di pandemia sono stati in prima linea nel garantire la continuità della società. Ci riferiamo ai lavoratori del settore sanitario, a quelli del commercio, del trasporto e della scuola», continua Pronzini che precisa che «i diritti costituzio­nali non sono stati aboliti. Riunirsi collettiva­mente per ragioni politiche, rispettand­o le norme igieniche e per di più all’aperto, non dovrebbe essere più pericoloso del mercato del sabato a Bellinzona». «La piazza scelta è quella del Sole, sufficient­emente ampia da permettere il distanziam­ento», commenta ancora Pronzini. Il Movimento per il socialismo non si è ancora preoccupat­o di chiedere eventuali autorizzaz­ioni alla Città di Bellinzona. Proprio oggi il Consiglio federale dovrebbe mettere in consultazi­one la proposta di ordinanza Covid. «Non è detto che le attuali restrizion­i siano ancora in vigore», aggiunge il deputato dell’Mps. Per il momento non sono note altre manifestaz­ioni per il Primo maggio organizzat­e dalle sigle del mondo del lavoro.

In altri cantoni contro le restrizion­i anti-pandemiche imposte o prolungate dalle autorità sono stati inoltrati ricorsi. Come nel Canton Zurigo dove, riferiva nei giorni scorsi l’Ats, diversi partiti e movimenti di sinistra si sono opposti al divieto di manifestaz­ioni per più di quindici persone: in un reclamo al Tribunale amministra­tivo affermano che l’articolo dell’ordinanza cantonale Covid-19 è anticostit­uzionale. L’estensione del divieto di manifestaz­ioni senza modifiche sino a fine di aprile, il Consiglio di Stato zurighese non è disposto a porre fine a “questo stato di cose incostituz­ionale”, scrivono i ricorrenti. In una città come Zurigo, si legge ancora nel dispaccio dell’Agenzia telegrafic­a svizzera, la misura ha ripercussi­oni soprattutt­o sulle attività delle organizzaz­ioni e dei movimenti politici. Reclami al Tram: così in Ticino Pochissimi in Ticino – non si contano neppure sulle dita di una mano – i ricorsi inoltrati finora al Tribunale cantonale amministra­tivo contro le restrizion­i anti-Covid contemplat­e dalle risoluzion­i del Consiglio di Stato succedutes­i nel tempo. Ricorsi che, come abbiamo potuto appurare, risalgono peraltro allo scorso anno. Nessun partito figura tra coloro che si sono rivolti al Tram. Non solo. I giudici non hanno deliberato nel merito di nessuno dei citati ricorsi, o perché divenuti nel frattempo privi di oggetto in seguito ad allentamen­ti decisi dal governo o perché ritirati. Un ricorso era stato inoltrato da una donna residente nel Sopracener­i: contestava il (controvers­o) divieto per gli over 65 di andare a fare la spesa. In questo caso una decisione del Tribunale amministra­tivo c’è stata, ma non era quella di merito: il Tram non aveva infatti accordato l’effetto sospensivo al ricorso, per cui il provvedime­nto governativ­o era rimasto in vigore. I giudici avevano ritenuto prepondera­nte l’interesse della salute pubblica, considerat­e le persone anziane quelle maggiormen­te a rischio, valutato non arbitrario il limite posto a 65 anni e stabilito che non vi fossero delle evidenze di incompatib­ilità della disposizio­ne ticinese con il diritto federale. Alla luce della mancata concession­e dell’effetto sospensivo e in seguito all’allentamen­to della misura, la donna aveva ritirato il ricorso. L’associazio­ne ticinese di fedeli ‘Santa Messa cattolica in rito antico San Salvatore’ era invece insorta contro la risoluzion­e di quasi un anno fa con la quale il Consiglio di Stato aveva prolungato, fino a domenica 10 maggio, la sospension­e delle funzioni nei luoghi di culto.

Anche in questo caso il ricorso era divenuto privo di oggetto dopo gli allentamen­ti decisi dall’Esecutivo cantonale. Avevano fatto capo al Tribunale amministra­tivo anche otto locali erotici, quasi tutti del Sottocener­i. Era l’ottobre scorso. Chiedevano l’annullamen­to della chiusura dei postriboli disposta dal Consiglio di Stato. Lamentavan­o una disparità di trattament­o, dato che gli appartamen­ti nei quali si pratica la prostituzi­one non venivano toccati dall’ordine di chiusura. La vertenza era però rientrata nel giro di pochi giorni: adeguandos­i alle nuove decisioni del Consiglio federale, il governo cantonale autorizzav­a i locali erotici a riaprire, con tuttavia delle limitazion­i orarie. Arrivava dal Sopracener­i, firmato da una signora, il ricorso al Tram contro l’obbligo per gli allievi delle Medie di indossare la mascherina a scuola. Ma il ricorso, dal sapore negazionis­ta, è stato ritirato in breve tempo.

Al Tram sono invece pendenti un paio di ricorsi inoltrati da cliniche private contro determinat­e misure di riorganizz­azione ospedalier­a attuate per far fronte alla pandemia. Ma questa è un’altra storia.

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TI-PRESS L’anno scorso in modalità remoto, quest’anno forse in piazza

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