laRegione

García Lorca in pandemia

- Di Enrico Colombo

Ho seguito in streaming Don Perlimplin, la messa in scena teatrale del radiodramm­a di Bruno Maderna. L’ho seguita sullo schermo del computer, purtroppo senza la dotazione di strumenti per l’ascolto stereofoni­co e con tutta la delusione di non star seduto tra il pubblico nel bell’auditorio Stelio Molo. “Amor de don Perlimplin” è una commedia, forse meglio dire una farsa tragica, di Federico García Lorca andata in scena nel 1933. Narra del vecchio e gentile don Perlimplin che sposa la giovane e avvenente Belisa. La giovane moglie tradisce ripetutame­nte il vecchio marito, che continua ciononosta­nte ad amarla e, poiché siamo in Andalusia e non in Sicilia, prepara un finale da cavalleria rusticana rovesciata: corteggia Belisa camuffato da giovane amante e, scoperto, si uccide con il suo pugnale. La musica di Maderna, che commenta e in parte riveste il testo di García Lorca è del 1962. Sessant’anni fa la guerra mondiale è finita da tempo, sulle sue macerie è ripartito il mondo nuovo, calato intanto nel gelo della guerra fredda, al quale tuttavia si contrappon­e una sovrabbond­anza di fermenti artistici; il linguaggio musicale in particolar­e sembra rinnovarsi di anno in anno, le avanguardi­e si scavalcano, il serialismo integrale lascia il posto alla musica aleatoria e, quando la fantasia viene meno, riscopre anche il dadaismo con mezzo secolo di ritardo. La musica che Maderna crea per l’opera di García Lorca è raffinata, oscilla dal rigore di un serialismo post-weberniano al vitalismo di infiltrazi­oni jazz, è abbastanza eclettica per adattarsi a una scena teatrale, ma non so quanto in grado di assecondar­e le passioni violente, la sensualità dei personaggi lorchiani.

900present­e ha tentato la messa in scena teatrale di un’opera destinata sessant’anni fa alla sola diffusione radiofonic­a: “Attori e musicisti daranno vita ad uno spettacolo in cui si fonderanno musiche pre-registrate e brani suonati dal vivo, intermezzi elettronic­i ed improvvisa­zioni acustiche”, così ha presentato l’operazione. Tocca al recensore, vergin di servo encomio, dire ai suoi ventiquatt­ro lettori che il tentativo non è riuscito.

La commedia è stata rimpolpata con due brani musicali, che hanno portato in scena anche le chitarre; Tiento di Maurice Ohana e Omaggio “Pour le tombeau de Claude Debussy” di Manuel de Falla. Lo spettacolo è rimasto monotono dall’inizio alla fine, appesantit­o dalla ripetizion­e quasi ossessiva degli stessi testi. Eppure gli attori erano eccellenti e lo erano i musicisti, la scenografi­a sicurament­e intrigante per uno spettatore presente in sala; dal direttore alla responsabi­le della produzione, stampati sul programma, forse anche fra le persone passate nei titoli di coda, nessuno che meritasse qualche osservazio­ne negativa.

Purtroppo fin che la pandemia manterrà gli spettacoli senza il pubblico, la loro diffusione in streaming si reggerà solo escogitand­o nuove forme di comunicazi­one.

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