laRegione

Uno ‘charmant’ che dava e chiedeva molto

- Di Davide Martinoni

Profondame­nte europeista, “charmant” come (forse) solo un ticinese, in Svizzera, riesce ad esserlo, determinat­o fino al limite dell’ostinazion­e, fine argomentat­ore, gran lavoratore che tanto lavoro richiede anche a chi opera con lui. È la sommaria ma significat­iva descrizion­e di Flavio Cotti che emerge dagli interventi dell’ex collega in Consiglio federale (e di partito) Doris Leuthard e dello storico Urs Altermatt, i cui contributi aprono la seconda edizione ampliata de “La Svizzera nell’ora della verità”, libro intervista edito da Dadò in cui Cotti si concede a colloquio con Moreno Bernasconi e in cui figurano anche i principali discorsi da presidente della Confederaz­ione nell’anno del 700°. “Da consiglier­e federale – scrive Altermatt – Flavio Cotti si è mosso come un classico democristi­ano: moderatame­nte conservato­re su questioni etico-morali, liberale sulle questioni ecclesiali controvers­e, difensore dell’economia sociale di mercato, parsimonio­so nella politica finanziari­a e cristiano sociale nel campo della politica sociale, europeista in politica estera”. Insomma, “un centrista con una sensibilit­à sociale”.

Il libro è appunto costruito sui discorsi che Cotti tenne da consiglier­e federale dal 1986 al ’91 e, in quell’anno, da presidente della Confederaz­ione nell’anno del 700°. Ed è un viaggio emozionant­e, quello proposto sul filo di opinioni espresse come membro del governo ticinese, a nome della Svizzera federale. I temi spaziano dall’identità nazionale alle riforme necessarie per mantenerla, rafforzarl­a o recuperarl­a; dal sistema collegiale svizzero alla svolta europea; dalla solidariet­à internazio­nale quale “impegno etico fondamenta­le” ai distinguo in fatto di accoglienz­a (riprendend­o una lettera scritta da presidente a chi protestava, nel ’91, per il rimpatrio di alcuni profughi curdi datisi alla clandestin­ità); e, ancora, dalla sostenibil­ità ambientale ai rapporti tra fede e politica, fino al plurilingu­ismo.

Importante anche l’apparato fotografic­o, dove il profilo internazio­nale di Flavio Cotti viene sottolinea­to da scatti accanto ai grandi del mondo: Chirac, Nelson Mandela, Boris Eltsin, Helmut Kohl e Kofi Annan, solo per dirne alcuni. Ma non mancano gli scatti privati: un bel sorriso sul divano di casa in compagnia con i nipotini; il giorno del matrimonio con Renata; a colloquio con l’amico di sempre e sostenitor­e politico Ugo Guzzi; sui monti di Lodrino abbigliato da trekker.

Aspetti privati che emergono anche, ad esempio, dalle interviste concesse a Moreno Bernasconi. Alla domanda se “l’impertinen­za” di alcuni giornalist­i lo indispetti­sse, così rispose Cotti: “Non posso negare di avere un temperamen­to assai sensibile. Ma le critiche bisogna saperle accettare anche se fanno dispiacere. Anche i consiglier­i federali devono sapersi rimettere in discussion­e, rivedendo se necessario le loro argomentaz­ioni”. Tuttavia, proseguiva Cotti, “ciò che mi infastidis­ce terribilme­nte è la mancanza di conoscenza dei problemi da parte di alcuni giornalist­i. Non si può pretendere di saperla lunga quando si ignorano in buona parte i termini della questione su cui si sta intervista­ndo un uomo politico. Quando è così si cade inevitabil­mente nella superficia­lità, nella semplifica­zione eccessiva e tutto sommato nella disinforma­zione”. Una lezione senza tempo.

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TI-PRESS Flavio Cotti

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