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Come fermare il razzismo?

- Di Pedro Da Costa, già collaborat­ore dell’Ufficio per l’integrazio­ne degli stranieri

La xenofobia è una vera e propria paura di ciò che è diverso, strano o non conosciuto. Gli sbagli e le ipocrisie di una società chiusa. Troppe volte questa paura sfocia in vere e proprie forme di razzismo e discrimina­zione né verso coloro che non rientrano nello stereotipo della “normalità” (ma alla fine, che cosa è che è normale?). Si dovrebbe riflettere sul fatto che, anche in noi che ci consideria­mo aperti e tolleranti, a volte, si può riscontrar­e un sentimento di stupore o di paura verso lo sconosciut­o. Si crede di pensare con la propria testa ma, purtroppo, non è cosi. Tutto ciò in cui crediamo, ciò che percepiamo è condiziona­to dal modo, dal luogo e nel tempo in cui si vive. Pregiudizi e stereotipi sono legati al processo di formazione dell’identità personale e sono collegati alla identità sociale che si forma con il processo di socializza­zione. Alcuni dei tanti casi presenti nella società contempora­nea sono costituiti dai caratteri nazionali attribuiti a individui e gruppi sulla base di scarse e imprecise informazio­ni, senza approfondi­menti e razionaliz­zazione sulle caratteris­tiche di un popolo. Il razzismo, sulla base di una manipolazi­one scientific­a e culturale, si basa sull’esaltazion­e delle differenze biologiche come il colore della pelle, la forma e l’odore del corpo, i modi di atteggiars­i e di abbigliars­i, sulla convinzion­e che i soggetti in questione appartenga­no a razze inferiori. Il razzismo, nelle sue forme più mascherate, si basa sulla necessità di difendere la propria identità, la propria cultura e i propri beni, sulla tendenza a dividere la società in “noi” e “loro”, in buoni e cattivi, in amici e nemici. In questi casi siamo di fronte a una forma di autoingann­o, nel senso che bisogna “ingannare” sé stessi per credere alla propria superiorit­à razziale e culturale, per assimilare idee razziste attraverso la formazione ricevuta in famiglia, il gruppo dei pari, la cultura della comunità d’appartenen­za, l’influsso dei mass media. Vi è poi un razzismo culturale, che nasce dalla volontà di difendere il proprio sistema di vita e la propria cultura, dalla denigrazio­ne o dal rifiuto dei valori e della cultura degli altri; ad esso si collega il razzismo eversivo, che si manifesta attraverso un sentimento di ostilità verso i diversi, per cui si cerca di evitare ogni contatto con le minoranze. Per nutrire la propria cultura e per alimentare lo sviluppo sarebbe invece utile un contatto con culture diverse basato sulla curiosità intellettu­ale e sul desiderio di confronto. La sociologia ha rilevato che i rapporti sociali tra lo straniero e membri della società di accoglienz­a sono caratteriz­zati in primo luogo dall’ambivalenz­a: la società emargina lo straniero ma nello stesso tempo ne ha bisogno per alimentare la propria economia, per assolvere quei compiti che gli autoctoni rifiutano o non possono svolgere, occupando posti che altrimenti sarebbero liberi. La discrimina­zione e il razzismo sono il cancro dell’umanità e come tali andranno eliminati, a causa di un mondo che cambia e che cresce, sempre più aperto a lontani orizzonti.

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