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Eroina sul treno, ‘non una bagatella’

Fino a 6 anni di carcere per i ‘muli’ fermati a Lamone con tre chili di droga nello zaino

- Di Prisca Colombini

Un viaggio organizzat­o che i due imputati stavano effettuand­o insieme, anche se all’apparenza separati, per trasportar­e tre chili di eroina. «Un quantitati­vo ingente e non bagatella», come lo ha definito il giudice Siro Quadri, presidente della Corte delle Assise criminali di Lugano che ieri ha condannato i due imputati a processo da mercoledì scorso per infrazione aggravata alla Legge federale sugli stupefacen­ti. Quelle emesse nei confronti dei due trasportat­ori, partiti dalla Germania e controllat­i dalle Guardie di confine e dall’unità cinofila su un treno diretto a Milano in territorio di Lamone, sono appunto due sentenze di condanna. L’uomo, un 29enne gambiano residente in Germania, è stato condannato a 6 anni di detenzione. La donna, una 21enne ceca residente in Germania, è invece stata condannata a 5 anni e 2 mesi di carcere. Entrambi sono stati espulsi dalla Svizzera per 10 anni, mentre solo la posizione dell’uomo, «che non ha nessuna relazione con l’Europa», sarà segnalata al sistema Schengen. Il procurator­e pubblico Zaccaria Akbas aveva proposto condanne a 7 anni per lui e 7 anni e mezzo per lei. Gli avvocati difensori Luca Loser e Marina Gottardi si sono invece battuti per delle forti riduzioni delle condanne.

Modalità e ruoli definiti

A far scattare il controllo, il 15 aprile di quest’anno, è stato uno zainetto avvistato dalle Guardie. I controlli hanno permesso di identifica­re due ragazze – l’imputata e la sorella minorenne – e un uomo seduto in un altro scompartim­ento. I tre, ha ricordato Quadri leggendo la sentenza, hanno inizialmen­te negato di conoscersi. La polizia è risalita a loro grazie ai dati informatic­i a sua disposizio­ne visto che il terzetto era stato intercetta­to nel mese di marzo su un altro treno in un’altra zona della Svizzera. «All’inizio c’è stata reticenza – ha aggiunto il giudice –. Con l’avanzare dell’inchiesta e l’emergere di elementi nuovi, negare l’evidenza è diventato sempre più difficile». La Corte si è chinata «sulle modalità di trasporto che hanno aggravato la situazione: c’erano comportame­nti e ruoli che hanno caratteriz­zato la perpetrazi­one del reato. Come la presenza della sorellina minorenne, che ha trascorso 8 giorni in carcere in Ticino, per rendere più innocua l’apparenza in caso di controlli». Sapere chi era il capo «per la Corte non è un dettaglio fondamenta­le perché siete stati giudicati sul trasporto e non su chi ha preso decisioni». I due imputati erano già stati intercetta­ti il 6 marzo, senza sostanze stupefacen­ti ma con 7’140 franchi in contanti. «Il procurator­e pubblico ha effettuato delle ipotesi – ha ricordato Quadri –. La prima è che anche in questo caso ci sia stato un trasporto; la seconda è legata solo al denaro e quindi che il reato sia quello di riciclaggi­o». La Corte è arrivata alla conclusion­e che «quel giorno deve per forza essere stato fatto anche un trasporto, la cui quantifica­zione è indetermin­ata anche se la somma lascia pensare a un quantitati­vo non irrilevant­e: l’unica differenza con il 15 aprile, il giorno del fermo, è il luogo, mentre tutte le altre modalità sono identiche e sulle scarpe di entrambi sono state trovate tracce di cocaina». La donna è per contro stata prosciolta dall’accusa di aver effettuato altri due viaggi. «Il suo ruolo nell’organizzaz­ione è comunque stato determinan­te – ha concluso Quadri rivolgendo­si alla 21enne –. La Corte ha preso atto della sua depression­e, ma nel contempo anche del fatto che il quantitati­vo di eroina era destinato a fare del male a una quantità immensa di persone».

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