Doppia condanna
Ha utilizzato i valori patrimoniali di due sue società per altri scopi, in particolare per spese personali o per coprire debiti pregressi o quelli di altre società, causando un’amministrazione infedele di 1’775’903 franchi. Il responsabile, un 54enne cittadino italiano, è comparso davanti alla Corte delle Assise criminali di Lugano. Con procedura di rito abbreviato, il giudice Mauro Ermani lo ha condannato a 36 mesi di detenzione, di cui 6 da espiare (e 30 sospesi per un periodo di prova di due anni) e al pagamento di 100 franchi di multa. Per la Corte non c’è però stata una completa assunzione di responsabilità da parte dell’imputato. «Senza entrare nel merito dei fatti, sostanzialmente ammessi pur con qualche distinguo – ha spiegato Ermani –, il principio dell’assunzione di responsabilità è molto importante: prima si pensa ai debiti e poi ai beni non necessari». In questo ambito la Corte «non è rimasta impressionata» nel sapere che il figlio dell’uomo frequenta una scuola privata e che la moglie non lavora. La proposta di pena del procuratore pubblico Daniele Galliano e dall’avvocato Letizia Ghilardi è stata approvata «non senza qualche dubbio» dato che «gli importi sono importanti e l’assunzione di responsabilità nei fatti non è parsa così totale come mi sarei aspettato». Il 54enne è in Svizzera nel 2011. Gli atti dell’atto d’accusa – dove compare anche l’esercizio abusivo della professione di fiduciario, «non sapevo servisse l’autorizzazione, è stato un mio errore non informarmi» – sono iniziati nel 2014. Si è invece autodenunciato «perché non riuscivo più a gestire la situazione» il 57enne chiamato a rispondere di amministrazione infedele aggravata ripetuta per aver danneggiato, tra il 2016 e l’ottobre 2018, il patrimonio della sua ditta per almeno 206’392 franchi. Il giudice Mauro Ermani, presidente della Corte delle Assise correzionali di Lugano, ha accolto l’accordo trovato da accusa e difesa e, con rito abbreviato, ha condannato l’uomo a 10 mesi di detenzione sospesi per un periodo di prova di 2 anni. «La Corte si è chiesta se la proposta di pena non fosse un po’ generosa – ha ammesso Ermani –. Va comunque premiato chi si assume le sue responsabilità e gioca di trasparenza. Non siamo abituati a questo». Dopo aver esaurito la disoccupazione, per l’imputato potrebbe aprirsi la porta dell’assistenza. «Non sono felice di diventare un caso sociale», ha ammesso in aula aggiungendo di «avere a tutt’oggi paura dell’azionista».