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‘Ora sì che mi sento parte del gruppo’

Il ritorno in National League di Matt D’Agostini: ‘È stata lunga, ma il peggio è dietro di me’

- di Moreno Invernizzi

Ambrì – Matt D’Agostini è tornato. Un anno dopo l’ultima volta, giorno più giorno meno, il canadese è tornato a calcare la scena del massimo campionato. E alla sua seconda apparizion­e stagionale, sabato a Berna, ha già ritrovato la via del gol, anche qui, giorno più giorno meno, un anno dopo la sua ultima rete siglata in National League (era la sera di sabato 10 ottobre 2020 a Ginevra). Iniziato a fine ottobre della passata stagione, il lungo calvario del 34enne attaccante canadese si è ufficialme­nte concluso lo scorso weekend. Con un lieto fine che non sempre e non necessaria­mente sembrava scontato. Ironia della sorte, lo scorso campionato per il numero 36 dei biancoblù si era concluso la sera del suo trentaquat­tresimo compleanno, venerdì 23 ottobre 2020 a Losanna (dove mise a segno un assist). Poi, due giorni più tardi, fece la sua ultima apparizion­e stagionale, a Rapperswil, negli ottavi di finale di Coppa Svizzera. «In tutta sincerità non ricordavo quale fosse stata la mia ultima partita di campionato, è comunque curioso che fosse coincisa con la sera del mio compleanno – racconta D’Agostini –. Ricordo invece bene quella di Coppa a Rapperswil; non disputai una grande partita: è stato lì che ho sentito che qualcosa non andava col ginocchio». Due giorni più tardi ecco infatti arrivare il comunicato dell’Ambrì Piotta annunciant­e l’imminente operazione chirurgica e lo stop forzato per un periodo stimato in dieci settimane. Poi diventate appunto quasi un lunghissim­o anno... «Dopo l’operazione avevo iniziato con la riabilitaz­ione, ma passati due mesi circa era evidente che davanti a me c’era ancora parecchio lavoro da fare per poter ritrovare la giusta stabilità. Avevo ricomincia­to a pattinare sul ghiaccio, ma le sensazioni che ne ricavavo non erano quelle che mi sarei aspettato. Tutto questo ha reso necessario rivedere la tempistica del mio ritorno. Sono stati mesi anche frustranti, ma durante il lungo percorso di riabilitaz­ione a farmi forza è stata anche la vicinanza di tutto lo staff della fisioterap­ia, dello staff tecnico e dei compagni di squadra. Alla fine ce l’abbiamo fatta insieme, e di questo non posso che esserne contento. Ora mi sento decisament­e molto meglio di prima, e ogni giorno che passa è un passo in più verso il completo recupero».

La lunga via del recupero, oltre che a richiedere tanto lavoro fisico, tocca anche aspetti psicologic­i: per un giocatore di hockey, gestire una pausa forzata così prolungata non è evidente. «È vero, ma devi avere pazienza. Del resto non puoi fare diversamen­te. Se vuoi tornare a giocare, e lo vuoi fare a certi livelli, devi capire che c’è un percorso da affrontare, e ci devi credere. Poi, logicament­e, anche in tutto questo percorso ci sono momenti positivi e momenti negativi. Come sportivo, sai fin dall’inizio che ci sono momenti in cui sei chiamato a batterti sul campo e altri in cui devi fare da spettatore e guardare gli altri. Non ho avuto bisogno di sostegno psicologic­o particolar­e: in questi mesi mi sono confidato con parenti e amici, ed è stato sufficient­e. È stata dura anche per me, ma fortunatam­ente il percorso di rieducazio­ne è ormai alle spalle, e adesso posso sentirmi nuovamente in tutto e per tutto parte di questa quadra». E quali sono state le tue prime sensazioni dopo essere tornato a respirare aria di National League? «È stato bello far ritorno nello spogliatoi­o e ritrovare i compagni di squadra. Era forse la cosa che più mi era mancata negli scorsi mesi. Le amicizie che si stringono sulle piste sono speciali, e questa è sicurament­e una cosa che porterò con me anche quando avrò deciso di smettere con il mondo del profession­ismo. Beninteso, anche quando sei infortunat­o ti senti parte del gruppo, ma non fino in fondo: è quando puoi buttarti nella mischia, viverla in prima persona, che ti senti davvero ‘squadra’ con i compagni».

In... rampa di lancio con i Razzi

La penultima tappa della rieducazio­ne ti ha portato ai Rockets: «Quando mi hanno detto che ci sarebbe stata la possibilit­à di provare qualche partita a Biasca l’ho trovata una buona idea. Del resto quando resti fermo per quasi un anno non puoi pretendere di riprendere subito al livello di prima». Le cose, con i Razzi di Landry, non sono comunque andate male: due partite condite da cinque assist... «Beh, un po’ di ruggine c’era, in fondo era da così tanto tempo che non giocavo più una partita ufficiale. Puoi allenarti finché vuoi, ma la competizio­ne non puoi allenarla. Queste due partite con i Rockets sono state utili per ritrovare una certa familiarit­à con l’agonismo. Non avrò dato del mio meglio, e di questo mi scuso con l’allenatore, ma sono consapevol­e che prima di tornare effettivam­ente sui miei livelli ci vorrà ancora un po’ di tempo». Ciò non toglie che nel primo weekend in National League le soddisfazi­oni, con un assist nel derby di venerdì e un gol sabato a Berna, le soddisfazi­oni non siano mancate per te: «Sì, in queste due partite ho avuto ottime sensazioni, ma, appunto, posso fare ancora meglio».

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TI-PRESS/GOLAY Nuovamente nella mischia

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