Gli ‘Sconfinamenti’ di Giorgio Falco
Si è molto detto e molto scritto (e con molte ragioni) della caratteristica più patente dell’ultimo libro di Giorgio Falco, ‘Flashover. Incendio a Venezia’, ossia della capacità dell’autore di far dialogare le proprie parole e le fotografie di Sabrina Ragucci (come del resto già avveniva per ‘Condominio Oltremare’, uscito nel 2014) in un vero e proprio fototesto. In un’opera, cioè, che non si limiti a porzioni di scrittura più o meno arbitrariamente intervallate da immagini, ma che, conservandone le reciproche specificità intrinseche, tragga la propria energia soprattutto dalla relazione dialettica tra linguaggio iconico e parola letteraria. Sono questioni sulle quali ci si è soffermati anche durante la recente visita di Falco a Bellinzona, in occasione della seconda edizione del festival “Sconfinare”.
Mi pare tuttavia, almeno a quanto ne so, che poco si sia insistito sul fatto che tutta l’opera dello scrittore sia attraversata da “sconfinamenti” anche di ordine strettamente letterario; dalla permeabilità, cioè, tra zone ed elementi in apparente opposizione, forse riflesso del tentativo incessante di leggere la realtà nella sua magmatica complessità.
A cominciare dagli aspetti spaziali. Falco si muove da sempre entro la geografia limitata di un hinterland milanese con significative aperture a nordest: dalla Merano de ‘La gemella H’ (2014) e di ‘Ipotesi di una sconfitta’ (2017), insanabilmente sospesa tra due lingue e due culture diverse; alla riviera emiliano-romagnola, non tanto vista come luogo di villeggiatura, ma còlta durante la spoglia stagione fredda (i lidi ferraresi di ‘Condominio Oltremare’) oppure come spazio in cui avviare una nuova attività imprenditoriale (l’hotel acquistato dalla famiglia Hiller ne ‘La gemella H’). Né mi sembrano estranei a questa logica l’insistenza sugli anonimi interstizi che collegano le abitazioni dei personaggi al luogo di lavoro ne ‘L’ubicazione del bene’ (2009) e il momento in cui Falco decide di immortalare il teatro della Fenice in ‘Flashover’: non più spazio dell’arte e della bellezza, ma anonimo capannone-cantiere in cui si aggirano artigiani senza scrupoli come Enrico Carella, che solo per poco non è riuscito a consegnare interamente al fuoco una città sospesa tra terra e mare.
Al centro delle preoccupazioni di Falco, inoltre, c’è costantemente l’indagine dei rapporti tra individuo e collettività, declinata secondo diverse sensibilità e prospettive. Penso anzitutto alla complessità delle relazioni tra colleghi di lavoro magistralmente descritte in ‘Ipotesi di una sconfitta’, ma anche alle pagine dedicate all’impiego di commessa che Hilde Hiller svolge alla Rinascente nella Milano di metà Novecento. Fino alla riflessione attorno alla relazione fluida tra condizionamenti esterni e libertà individuale, avviata nell’esordio di ‘Pausa caffè’ (2004) e al centro di ‘Sottofondo italiano’ (2015): impossibile, sembra suggerire Falco, comprendere compiutamente le azioni dell’individuo (anche le più scellerate, come nel caso di chi manda in fumo un teatro settecentesco) senza una riflessione sulla subdola strategia con cui il Capitale ha saputo plasmare le nostre identità attraverso l’assuefazione al desiderio. Un aspetto che rende inevitabilmente fluido anche il rapporto tra presente e futuro (le possibili conseguenze dei propri gesti non orientano più le azioni) e tra presente e passato (i traumi non vengono sempre elaborati, ma rimossi; le figure dei padri continuano a tormentare i figli), dimensioni ormai appiattite in un miope ed eterno presente governato dalle logiche del profitto. Complessa appare anche la relazione tra vicende autobiografiche e manipolazione letteraria, tanto che l’analisi della figura dell’io narrante Giorgio Falco, in particolare di quel che sceglie di dire e di tacere, meriterebbe davvero qualche supplemento di indagine. Così come sarebbe opportuno soffermarsi sul rapporto tra Storia e finzione romanzesca e su quello tra cronaca e letteratura, in modo da fare luce anche sugli “sconfinamenti” tra i generi che Falco ha scelto per offrirci alcune tra le cose più meritevoli uscite in Italia in questo primo tratto del nuovo secolo.