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‘Il Sinodo è far germogliar­e sogni’

Per la prima volta sono coinvolti anche i fedeli. Il parere del teologo don Arturo Cattaneo.

- Di Cristina Ferrari

Il termine ‘Sinodo’ sta in un rapporto stretto e significat­ivo con tutta la vita della Chiesa. La parola ricalca letteralme­nte un’espression­e greca composta da Syn, che vuol dire assieme, e Odós, strada. Sinodo significa, dunque, camminare assieme. Una nuova tappa del suo cammino è iniziata domenica e si concluderà nell’ottobre 2023. Papa Bergoglio ha evidenziat­o rischi e opportunit­à di quella che è vista come una vera e propria sfida: ovvero aprire all’ascolto e alla vicinanza, perché «la Chiesa non sia un museo, con un grande passato, ma poco avvenire». Un Sinodo, ed è qui la vera novità, che si presenta, nel suo svolgiment­o, con modalità e fasi inedite: non si tiene cioè solo in Vaticano, ma in ciascuna Chiesa particolar­e dei cinque continenti. È la prima volta, nella storia di questa istituzion­e, che un Sinodo si svolge, infatti, con un simile coinvolgim­ento dei fedeli.

Tre, come anticipato, le tappe: una prima (ottobre 2021 - aprile 2022) che riguarda le singole Chiese diocesane; la seconda, quella continenta­le (settembre 2022 - marzo 2023), ha come finalità quella di dialogare sul testo del documento di base ‘Instrument­um laboris’; la terza e ultima tappa del cammino sinodale è quella della Chiesa universale (ottobre 2023) a cui farà seguito la fase attuativa, che coinvolger­à nuovamente le Chiese particolar­i. Delle novità di questo Sinodo abbiamo parlato con il teologo don Arturo Cattaneo.

Per un laico non sempre è facile percepire il significat­o concreto del Sinodo. Ce lo può indicare lei?

Per molti secoli nella Chiesa è prevalso l’aspetto gerarcolog­ico e piramidale. Emblematic­o al rispetto è stato il Concilio Vaticano I, che aveva riaffermat­o con forza la potestà suprema del Papa; un secolo dopo, il Vaticano II allargò opportunam­ente l’orizzonte non solo alla correspons­abilità di tutti i vescovi, che con il Papa costituisc­ono il Collegio episcopale, ma ricordò anche la correspons­abilità di tutti i fedeli. Dopo quel Concilio venne istituito il Sinodo dei vescovi per rendere operativa questa correspons­abilità, ma essa rimase ristretta quasi solo all’ambito episcopale. La novità introdotta ora da papa Francesco consiste nel cercare di coinvolger­e tutti i fedeli nella riflession­e sinodale. Perciò questo Sinodo si è aperto domenica in tutte le diocesi del mondo e con la partecipaz­ione di tutti i fedeli! Qualcosa che non si era mai visto nella storia bimillenar­ia della Chiesa!

Dalla Chiesa universale, dunque, alla diocesi, e ritorno. Quali sono le criticità e le tematiche che dovrebbero essere secondo lei affrontate?

Penso che qui occorra chiarire che non si tratta di un Sinodo diocesano o nazionale nel quale si possono discutere tanti temi. Questo è un Sinodo episcopale e quindi della Chiesa universale. Questi Sinodi dibattono su di una questione precisa che è lo stesso Papa a scegliere. L’attuale Sinodo è incentrato sulla questione del come rendere la Chiesa più sinodale, potremmo anche dire: come far sì che si diffonda in tutti i fedeli la mentalità o lo spirito sinodale, del camminare insieme come Chiesa, riprendend­o il suo significat­o più stretto. Nella lettera “I cristiani? Quelli della via!” il nostro vescovo, Valerio Lazzeri, si chiede quale sia il modello sinodale più corrispond­ente alla nostra Chiesa. Egli osserva anzitutto che non ci sono “soluzioni magiche e preconfezi­onate”. Nella sua risposta non si riferisce alle strutture ecclesiast­iche ma all’atteggiame­nto dei fedeli. I punti da lui evidenziat­i sono: l’ascolto reciproco, l’aprirsi alle necessità altrui, l’esercitars­i nella fraternità, il superare sfiducia e rassegnazi­one (il vescovo parla dei “grovigli del nostro cuore” che ci impediscon­o di sognare) e soprattutt­o il riscoprire la vita di preghiera. Camminare insieme significa, infatti, anzitutto camminare con Gesù. Solo così saremo “quelli della Via”.

Quale Chiesa ticinese scaturirà dopo il Sinodo?

La nostra Chiesa non mi sembra avere problemi particolar­i, anzi mi sembra di poter dire che ha meno problemi di tante altre Chiese. Ciò non significa che vada tutto bene… Direi che soffre anch’essa di quella crisi di fede e quindi di vita cristiana, di cui soffre gran parte del mondo occidental­e. Perciò rispondo alla sua domanda con una consideraz­ione che vale non solo per la nostra Chiesa, ma per tante altre. Il documento di preparazio­ne al Sinodo parla di “conversion­e sinodale” e invoca lo Spirito Santo, affinché ci renda attenti all’appello a promuovere una Chiesa sinodale, in cui sia presente uno “stile” e una “mentalità sinodale”, una Chiesa cioè nella quale si “cammina insieme”. Perciò, a proposito di come spero che evolva la nostra Chiesa dopo il Sinodo, direi che dovrebbe essere più attenta allo Spirito Santo. Anzi, lo dovrebbe essere già fin d’ora, affinché questo processo sinodale porti i frutti auspicati. Il documento preparator­io suggerisce di chiedere “allo Spirito di farci scoprire come la comunione, che compone nell’unità la varietà dei doni, dei carismi, dei ministeri, sia per la missione: una Chiesa sinodale è una Chiesa in cui si cammina insieme ‘per uscire’ in missione, è una Chiesa missionari­a, con le porte aperte”, come non si stanca di ricordare il Papa. Solo con l’aiuto dello Spirito Santo potrà compiersi quanto Francesco ha indicato quale scopo del Sinodo e di questa consultazi­one. Esso “non è produrre documenti, ma far germogliar­e sogni, suscitare profezie e visioni, far fiorire speranze, stimolare fiducia, fasciare ferite, intrecciar­e relazioni, risuscitar­e un’alba di speranza, imparare l’uno dall’altro, e creare un immaginari­o positivo che illumini le menti, riscaldi i cuori, ridoni forza alle mani”. È perciò un invito a riscoprire un aspetto essenziale della Chiesa, quale popolo di Dio in cammino, aiutandoci l’un l’altro per aprirci alle necessità del mondo.

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TI-PRESS L’apertura ufficiale del Sinodo a Lugano la scorsa domenica

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