laRegione

‘Stare al gioco’ da trent’anni

Alzheimer Ticino affronta malattie ‘inguaribil­i, ma non incurabili’

- di Lorenzo Erroi

«A volte sembra di entrare in un film di Federico Fellini: bisogna imparare a stare al gioco». Antonio Saredo-Parodi, presidente di Alzheimer Ticino, ricorda così alcuni momenti trascorsi con sua madre, allora ricoverata in casa anziani, in un reparto protetto dedicato a chi soffre di declino cognitivo. Ma “stare al gioco” non è facile, né per chi è affetto da demenza, né per i suoi famigliari. «Quando da geriatra ho iniziato a occuparmi di queste patologie, ho subito capito che il dolore delle famiglie può essere perfino superiore a quello dei pazienti», ricorda Franco Tanzi, primo presidente dell’associazio­ne. Tra una ‘scena’ e l’altra – quella del giovane medico che torna in Ticino per aiutare gli anziani e quella che descrive l’accoglienz­a di una madre – sono passati trent’anni, anniversar­io celebrato oggi con una giornata speciale al Centro Monte Verità di Ascona. «Trent’anni nei quali la farmacolog­ia non ha fatto grandi progressi, ma la cura della malattia è andata avanti in modo sempre più articolato, coinvolgen­do medici, fisioterap­isti, psicoterap­euti, infermieri, assistenti», spiega Tanzi. Grazie all’associazio­ne e all’instancabi­le lavoro dei suoi volontari sono nate decine di attività d’incontro e sostegno, che abbraccian­o tanto chi è colpito da demenza quanto i suoi congiunti, perché in questo tipo di malattie «se non si può curare la pianta, si cura il terreno». Oggi Alzheimer Ticino accompagna chi soffre di declino cognitivo passo dopo passo, cercando di rallentare la progressio­ne dei sintomi, garantendo dignità e dando una mano essenziale alle famiglie. L’impression­e, sentendo e vedendo quello che fanno, è che siano riusciti a coniugare umanità e profession­alità. Se la Memory Clinic coinvolge esperti di geriatria e neurologia in diagnosi sempre più accurate, «la sfida è quella di darvi seguito con un’opportuna presa a carico», nota Saredo-Parodi: «Intanto, scoprire di soffrire di demenza può essere psicologic­amente pesantissi­mo, specie se si è relativame­nte giovani e si hanno le risorse per capire cosa sta accadendo. Proprio per questo abbiamo iniziato a organizzar­e il ‘Tincontro’, un momento di sostegno psicologic­o per elaborare le proprie paure e imbarazzi: magari non ci si pensa, ma alcuni malati si vergognano di mostrare i propri sintomi in pubblico e perfino all’interno del nucleo famigliare. Rischiano così di restare sempre più isolati, mentre proprio la socializza­zione è una potente medicina per la mente e per il corpo». Allo stesso tempo, si rivolgono alle famiglie l’antenna di consulenza telefonica e i gruppi di auto aiuto, che permettono di capire come muoversi, condivider­e strategie di assistenza e di gestione delle difficoltà. Perché spesso è davvero difficile, quello ‘stare al gioco’: «È comprensib­ile avere momenti di stizza per i comportame­nti del malato», spiega SaredoParo­di, «così come è difficile sviluppare le giuste modalità di accettazio­ne e validazion­e di quanto fatto dai propri cari. Noi aiutiamo a lavorare anche su questo versante».

Il costante impegno d’informazio­ne e sensibiliz­zazione si è tradotto recentemen­te in responsabi­lizzazione politica, con la Strategia cantonale sulle demenze. Grazie al gruppo di lavoro interdisci­plinare cantonale – formato da persone appartenen­ti a enti, associazio­ni, società civile – è oggi possibile coordinare le offerte di prestazion­e, indirizzar­e i sostegni finanziari e sviluppare nuovi progetti. Parliamo di attività disseminat­e su tutto il territorio ticinese, proprio come quella pietra angolare che sono i centri diurni terapeutic­i: forniscono buona compagnia e sostegno specializz­ato, specie sul versante dell’attivazion­e cognitiva, sociale e del mantenimen­to dell’autonomia quotidiana. Ma ci sono anche gli Alzheimer Café, pomeriggi informali e informativ­i aperti a tutti. A Montegrott­o, Cervia, Poschiavo e Serpiano malati e parenti possono poi partecipar­e a vacanze ad hoc, momenti importanti per continuare a vivere bene, nonostante la malattia.

«Niente di noi senza di noi» è il motto che anima l’associazio­ne, ricorda Tanzi: «Significa che i malati, i loro cari, il personale curante, in generale tutte le persone coinvolte nel destino delle demenze restano al centro dei nostri sforzi, nella consapevol­ezza che anche questa è una sorta di pandemia, e che la si può affrontare solo tutti insieme. Occorre capire per curare, e capire significa non solo comprender­e il decorso della malattia, ma abbracciar­e una vita e una comunità». Un altro principio-guida è quello di «adattare le cure al malato, non il malato alle cure», un approccio che ha permesso di fare enormi passi avanti anche in assenza di grandi scoperte dal punto di vista farmaceuti­co: oggi, ad esempio, si ricorre sempre meno a psicofarma­ci e altre terapie farmacolog­iche per curare quanto accompagna la demenza, dai disturbi del comportame­nto ad ansia e depression­e. L’approccio sviluppato in questo trentennio – superando le incognite e diradando la nebbia che un tempo avvolgeva certe patologie – si rivolge piuttosto alla riabilitaz­ione funzionale e al supporto attivo. «È molto migliorato il fattore diagnostic­o, ma anche quello terapeutic­o. Perché queste, sia chiaro, saranno sì malattie inguaribil­i, ma non sono incurabili», ci ricorda Tanzi con un ottimismo altrettant­o inguaribil­e. Ottimismo che si fa passione nello sforzo dei volontari: molti sono parenti di malati, ma spesso scelgono di restare anche dopo la loro morte, trovando un’ulteriore ragione di vita nell’impegno per l’associazio­ne. «I volontari costituisc­ono il cuore di Alzheimer Ticino», conclude Saredo-Parodi con la voce che vibra di gratitudin­e. Sarà che sono proprio loro, i primi a ‘stare al gioco’.

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TI-PRESS In Svizzera si conta una diagnosi di demenza ogni 17 minuti. In Ticino i casi sono quasi 8mila. Fondamenta­le il lavoro dei volontari

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