Dialogo interrotto tra Mosca e Kiev
Resa dei soldati di Azovstal, Mariupol ai russi. Putin: ‘Suicidio europeo sull’energia’.
Comunicazioni interrotte, Mosca e Kiev non si parlano. Almeno ufficialmente, almeno per ora. Uno stallo confermato da entrambe le capitali in guerra. Mentre Vladimir Putin, in diretta tv, è tornato a puntare il dito contro l’Occidente e contro le sanzioni, descrivendole come un tragico boomerang: “Si stanno suicidando”, ha detto parlando ai responsabili delle imprese petrolifere russe. Una sorta di “suicidio energetico”, ha ammonito il leader del Cremlino, con danni irreparabili nel medio e lungo termine per l’economia europea, soprattutto se a Bruxelles si arriverà davvero a decidere l’embargo sul petrolio e il gas russi. In Italia, l’Eni ha aperto un conto in rubli per il gas russo. L’annuncio nel giorno in cui l’Ue minaccia procedure d’infrazione per questo tipo di operazioni degli Stati membri. La società italiana, finita nel mirino di Bruxelles, spiega che la decisione è stata ‘condivisa con le autorità’, ‘rispetta le sanzioni’ contro Mosca ed è stata presa di fronte a una ‘pretesa unilaterale di modifica dei contratti in essere’. Eni ribadisce, tuttavia, che i pagamenti continueranno a essere effettuati in euro.
“Danno la colpa alla Russia per l’inflazione energetica, dicono che è tutta colpa della Russia, ma stanno solo cercando di coprire i loro errori”, ha tuonato il presidente che, davanti alle telecamere, mostra il solito piglio, la solita determinazione. Nonostante continuino a rincorrersi le voci sul suo precario stato di salute, sulle pesanti cure a cui sarebbe sottoposto e persino e su un presunto intervento chirurgico per estirpare un tumore. Con tanto di videomessaggi preregistrati e sosia pronti a sostituirlo per non farne notare l’assenza.
‘L’attacco è stato un fallimento’
Un ex colonnello delle forze di Mosca ha raccontato come lo zar guidi da vicino le operazioni sul campo “come fosse un colonnello”. Operazioni che però, avrebbe aggiunto, si starebbero rivelando “un fallimento”.
Così dopo 85 giorni di conflitto regna sovrana l’incertezza, e la luce in fondo al tunnel appare ancora spenta. “I negoziati non stanno proseguendo, in nessuna forma”, le parole del viceministro degli Esteri russo Andrei Rudenko, che addossa tutta la responsabilità sulle spalle dell’Ucraina accusandola di essersi ritirata unilateralmente dal tavolo. “E lo spostamento del processo negoziale ucraino da Kiev a Washington e Londra non porterà frutti”, ha avvertito ancora Rudenko, come a voler sottolineare la distanza abissale che per adesso divide la Russia da Stati Uniti e Regno Unito.
Di “processo negoziale sospeso” parla anche Mikhailo Podoliak, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha confermato come dopo l’incontro di Istanbul a fine marzo le delegazioni dei due Paesi “non hanno più raggiunto alcun progresso”. Del resto Kiev ha ribadito la sua linea: “Nessuna trattativa se prima Mosca non ritira le sue truppe dai territori occupati dall’inizio dell’aggressione”, il 24 febbraio scorso. Zelensky lo ha ripetuto nei suoi colloqui telefonici con il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente francese Emmanuel Macron.
Spiraglio di dialogo
Eppure negli ultimi giorni qualche spiraglio di dialogo c’è stato, lasciando intuire come, al di là delle dichiarazioni ufficiali, la diplomazia dietro le quinte continui a fare il suo corso. L’ultimo segnale in questa direzione è stata l’intesa per far uscire i feriti e parte dei soldati ucraini dall’acciaieria di Azovstal. Uno schema da cui Mosca e Kiev potrebbero partire per arrivare ad altri risultati, gettando le basi per una vera e propria ripresa delle trattative.
E poi c’è quella telefonata della settimana scorsa tra il numero uno del Pentagono Lloyd Austin e il ministro della Difesa russo Sergej Shoigu, che fa sperare nella riapertura di un canale di comunicazione costante tra Washington e Mosca in attesa di un eventuale contatto anche tra Casa Bianca e Cremlino. Quest’ultimo al momento improbabile, visto il reciproco scambio di accuse e di invettive. Soprattutto per quelle parole di Joe Biden che Putin non ha mai digerito, dopo essere stato descritto dal presidente americano come un dittatore, un criminale di guerra, un macellaio.
In attesa di eventuali sviluppi futuri, i toni restano aspri. “L’Occidente sta conducendo una guerra ibrida contro la Russia in cui l’Ucraina è solo materiale di consumo nelle sue mani, a nessuno importa davvero di Kiev”, ha affermato Lavrov, mentre per il segretario del Consiglio di Sicurezza del Cremlino Nikolaj Patrushev “l’Occidente vuole creare le condizioni per instaurare in Russia un regime sotto il suo controllo, come ha fatto in Ucraina e in altri Paesi”.
Il caso Azovstal
Intanto l’evacuazione dei primi militari ucraini da Azovstal suona come il preludio della resa completa di Mariupol e la fine della battaglia più lunga e cruenta combattuta finora in Ucraina. La svolta è arrivata con l’ordine di Kiev ai combattenti asserragliati nell’acciaieria di deporre le armi, ringraziandoli per “l’eroico” impegno. Il battaglione Azov, il più irriducibile tra le truppe di difesa, ha obbedito e 264 militari – tra cui 50 feriti – hanno lasciato l’impianto, trasferiti nei territori separatisti. Resta incerta invece la sorte dei soldati ancora rimasti sotto i tunnel, che potrebbero essere alcune centinaia.
Zelensky continua a trattare nella “speranza di salvarli”, ma da Mosca arrivano segnali minacciosi, soprattutto verso la milizia nazionalista: sono “terroristi” e non possono essere oggetto di scambio di prigionieri.
Lo stato maggiore di Kiev ha comunicato che la “guarnigione di Mariupol ha compiuto la sua missione”, fermando il piano dei russi di conquistare Zaporizhzhia e permettendo all’esercito ucraino di riorganizzarsi. E ha chiesto ai suoi comandanti di concentrarsi sull’obiettivo di “salvare le vite” di chi è rimasto nell’acciaieria. Il capo del reggimento Azov, Denis Prokopenko, che da settimane chiedeva un intervento politico per sbloccare una situazione ormai disperata, ha accettato. E centinaia di soldati hanno rivisto la luce, per la prima volta dopo un tempo infinito trascorso sotto i tunnel. Il consiglio comunale di Mariupol ha diffuso un video dei combattenti fuori dall’impianto, controllati dai russi prima di salire su alcuni autobus. I 53 feriti gravi sono stati trasferiti in una struttura sanitaria a Novoazovsk. Gli altri 211 sono stati portati via attraverso un corridoio umanitario. La completa evacuazione dell’ultimo bastione di Mariupol potrebbe costituire una svolta, se non altro simbolica, in questa guerra, segnando la prima sconfitta significativa degli ucraini. La città portuale, seppur ridotta in macerie dopo quasi tre mesi di raid e combattimenti, garantirebbe ai russi di completare il corridoio di terra che collega il Donbass alla Crimea. Privando l’Ucraina di gran parte dell’accesso al mare.
Ingressi Nato
Svezia e Finlandia invieranno ufficialmente oggi le candidature per l’ingresso nella Nato, dopo il voto favorevole del parlamento finlandese e il pronunciamento formale del governo di Stoccolma. Fuga in avanti degli Stati Uniti che si dicono convinti dell’ok dell’Alleanza Atlantica ai nuovi ingressi.