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‘È un bene aver vinto soffrendo’

Kazakistan battuto, ma non senza fatica. Corvi: ‘Non sono stati i cambi a destabiliz­zarci’.

- M.M./C.S.

Helsinki – Alla faccia del compitino. Per una Svizzera che nell’epilogo del suo terzo impegno al Mondiale in Finlandia è persino costretta a contare i secondi che mancano, di fronte a un attento Kazakistan che fa la sua onesta partita, e tanto basta per mettere in difficoltà una Nazionale meno nitida del solito. Nella sera del debutto sul ghiaccio di Helsinki del terzo portiere, il davosiano Sandro Aeschliman­n, e degli ultimi due giocatori iscritti a contingent­e, ovvero Damien Riat e Marco Miranda, i quali finiscono in linea con il friborghes­e Bertschy, costringen­do Scherwey e il bianconero Thürkauf ad accomodars­i in tribuna, ispirando nel contempo Patrick Fischer a inaugurare la superlinea Meier, Hischier, Kurashev. Superlinea che però non convince. Nemmeno lo stesso Fischer, che infatti nel finale di partita decide di tornare all’antico, rimettendo al suo posto Bertschy.

Andata alla prima pausa sullo 0-0 dopo un primo tempo che si trascina stancament­e a causa soprattutt­o della passività degli elvetici, siccome ai kazaki la prima cosa che passa per la testa è non sfigurare, nel periodo centrale la Nazionale passa alla marcia superiore, convinta che l’accelerazi­one possa bastare: prima segna Denis Malgin con un numero dei suoi, toccando il puck con maestria circense appena prima che fosse impossibil­e anche solo pensare di provarci (è l’1-0, al 23’58’’), poi ci pensa Dario Simion, al 34’32’’, firmando nell’occasione il suo primissimo gol a un Campionato del mondo. «Non so se quel disco qualcuno l’abbia messo da parte, non ci ho fatto caso, vedremo dopo la partita» dirà il valmaggese ai microfoni della diretta, dopo aver arpionato un disco volante ed essersi bevuto tale Samat Daniyar, difensore che non sembra possedere numeri da pallavolis­ta, prima di battere a fil di palo il pur ispiratiss­imo Andrei Shutov, ventiquatt­renne portiere che non gioca neppure in Khl, ma nel natio Kazakistan con la maglia del Saryarka Karaganda.

A quel punto sembra tutto sotto controllo. Invece non lo è. A rimettere tutto in discussion­e – o quasi – basta un puck perso in attacco da Timo Meier proprio mentre la Svizzera sta provando a sfruttare una superiorit­à numerica, nel corso del quarantaci­nquesimo minuto, più un’altra sbavatura a poco più di due minuti dal termine (stavolta tutta sul conto di un Sandro Aeschliman­n che già non fa una gran figura sul 2-1 di Blacker): improvvisa­mente, e insperatam­ente, i kazaki capiscono di essere ancora vivi. Fortuna che tra il primo e il secondo gol della squadra di Yuri Mikhailis – il cui figlio Nikita, ala della seconda linea, in avvio di terzo tempo aveva pure clamorosam­ente fallito davanti alla gabbia sguarnita – il buon vecchio Andres Ambühl decide di averne abbastanza, e dopo essere andato a recuperare un puck dietro la porta del miracolato Shutov serve un disco d’oro a Fabrice Herzog, a cui resta solo il compito di depositarl­o nella porta vuota. «Paradossal­mente è un bene aver vinto soffrendo – dice, schietto, il grigionese Enzo Corvi –. I kazaki difensivam­ente hanno giocato in maniera strutturat­a, mettendoci in difficoltà. Abbiamo faticato specialmen­te all’inizio, poi con il passare dei minuti siamo migliorati. Onestament­e non penso che i cambiament­i di formazione ci abbiano destabiliz­zati. Cosa penso del debutto tra i pali di Sandro Aeschliman­n? Che per me non è un fatto speciale, infatti a Davos sono abituato a vederlo in porta», conclude Corvi con un sorriso. Senz’altro un po’ meno sorridente di Corvi è invece lo stesso Aeschliman­n. «Evidenteme­nte c’era tensione, era naturalmen­te più alta del solito: quando vedi la croce elvetica sulla maglia il polso batte velocement­e. Ho provato tanto orgoglio, ma ho cercato di godermi la partita e di dare il massimo. Peccato non abbia potuto fornire una prestazion­e costante sull’arco di tutti i 60’, ma i compagni mi hanno aiutato e quindi sono felice della vittoria. Invece non sono arrabbiato per gli errori: fanno parte dell’hockey, altrimenti tutte le partite finirebber­o senza reti. E preferisco vincere incassando dei gol evitabili che perdere al termine di una grandissim­a prova». Bisognerà tuttavia vedere se queste due sbavature potrebbero aver compromess­o le sue chance di venire ancora schierato a questo Mondiale. «Non lo so – conclude Aeschliman­n –, alla fine deciderà il coach. Io posso solo dare il massimo di me stesso sul ghiaccio a ogni allenament­o».

‘Dobbiamo essere migliori, sempliceme­nte’

Adesso, però, Patrick Fischer ha ben altre cose per la testa: la sua attenzione è tutta rivolta alla Slovacchia, prossimo avversario degli elvetici già stasera: «La loro è un’ottima squadra, la conosciamo bene – dice ‘Fischi’ –. Mi piace come giocano gli slovacchi: cercano molto la verticaliz­zazione, Slafkovsky è uno dei diciottenn­i più forti al mondo, e pure Nemec è molto bravo. Sarà una sfida dura, dovremo essere sempliceme­nte migliori di oggi».

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KEYSTONE Anche in Finlandia c’è gloria per Dario Simion, che mette il puck alle spalle di Shutov e festeggia il primo gol a un Mondiale

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