‘Senza garanzie, meglio sospendere’
Intanto l’Associazione delle industrie ticinesi si è mossa in anticipo, consigliando già ieri ai suoi membri di non correre rischi e sospendere il telelavoro. Questo proprio in ragione di quanto disposto dall’Agenzia delle entrate italiana, circa cui si mette in guardia: “Se un frontaliere residente nei comuni di frontiera effettuerà anche un solo giorno intero di telelavoro, esso diventerà tassabile in Italia sull’intero ammontare del reddito, perdendo di fatto lo statuto fiscale di frontaliere”, spiega Aiti in un comunicato. E ancora: “In sintesi e in particolare, la porzione di reddito dei giorni lavorati da remoto in Italia viene assoggettata a tassazione esclusiva in Italia. Per quanto riguarda le aziende, inoltre, rimane aperta pure la questione relativa all’assoggettamento al fisco italiano quale stabile organizzazione” (per gli impiegati “faranno eccezione i giorni parzialmente lavorati da casa, cioè quei giorni nei quali il frontaliere valicherà comunque il confine e si recherà in Svizzera per lavorare”). Conclusione, amara: “È ragionevole sospendere o comunque non mettere in atto il telelavoro per i lavoratori frontalieri”. Ora l’auspicio “rimane quello che Svizzera e Italia sottoscrivano un nuovo accordo amichevole per regolare il telelavoro fra i due Paesi, impedendo fra l’altro penalizzazioni dal punto di vista fiscale sia dei lavoratori frontalieri sia delle imprese svizzere (in particolare: dichiarazione di stabile organizzazione e assoggettamento al fisco italiano)”.