Anche nell’Udc i pareri divergono
Dall’altra parte dello spettro politico, anche l’Udc – promotrice dell’iniziativa per la ‘Salvaguardia della neutralità svizzera’ – ha duramente contestato le proposte relative alla riesportazione provenienti non solo dal Ps, ma anche da Plr e Centro. Stando però alla testate del gruppo Ch Media, “dietro le quinte si prepara la svolta”: il ‘senatore’ democentrista berneseWerner Salzmann, presidente della Commissione della politica di sicurezza degli Stati, vorrebbe infatti consentire agli acquirenti della Svizzera di rivendere i loro armamenti. Ad alcune condizioni, però: solo dopo un minimo di cinque anni dall’acquisto e purché il permesso si applichi solo ai 25 Paesi inclusi nell’ordinanza sul materiale bellico (numerose nazioni europee, Usa, Australia e Giappone).
Per Salzmann il divieto di riesportazione non è direttamente legato alla neutralità, e il cambiamento va pensato “nell’interesse dell’industria bellica svizzera”, un settore che arriva a contare fino a 30mila addetti. Il consigliere agli Stati pare anche dare ascolto al timore diffuso negli ambienti vicini alla Difesa: eventuali rappresaglie commerciali contro la ‘ rigidità’ svizzera, specie da parte della Nato, potrebbero impedire all’esercito confederato di ottenere a sua volta gli equipaggiamenti necessari alla “neutralità armata”, concetto caro alla stessa Udc.
Non è d’accordo il granconsigliere democentrista
Sergio Morisoli, che sulla questione è netto: «Neutralità e fornitura di armi non possono essere tenute distinte, ed è essenziale non cambiare le regole – finora paganti per la Confederazione – proprio in una fase di conflitto e pressioni come questa. È anche una questione di metodo: sarebbe un errore fare dei distinguo tra forniture dirette e indirette – fingendo di non capire dove arriveranno comunque le armi – e buttare così alle ortiche la neutralità. Questo peraltro – prosegue Morisoli – sapendo già che i tempi decisionali saranno lunghi: paradossalmente quindi metteremmo a rischio la nostra reputazione senza neppure riuscire a ottenere una decisione rapida». Vada come vada, «la Svizzera si è sempre tenuta alla larga dai conflitti, pur senza esserne indifferente. Da troppi anni però, a mio avviso, ha abdicato al suo ruolo di mediatrice diplomatica, anche nel tentativo di entrare nell’Ue e scendere a patti con le grandi organizzazioni mondiali. La neutralità invece è qualcosa da costruire e mantenere».