‘Se i media soffrono, soffre pure la democrazia’
Il mondo sindacale dei media alza la voce. Lo fa mettendo in scena un’azione di protesta e sensibilizzazione silenziosa davanti a Palazzo delle Orsoline, a Bellinzona, volta a risvegliare l’attenzione dei parlamentari sulla particolare e delicata situazione che il panorama massmediatico sta vivendo. «Questa azione deve essere intesa come un segnale alla politica che siamo oramai arrivati a un limite – riassume Rocco Bianchi di syndicom sezione Ticino. Che rilancia –. È ora che la politica agisca, che prenda finalmente in mano quell’argomento messo in stand by da troppo a lungo. Non possiamo ovviamente pretendere che il Gran Consiglio ticinese possa risolvere i problemi che affliggono il settore dei media e dell’informazione a livello globale, ma di certo nel loro piccolo la loro parte la possono fare. Smuovendo nel contempo qualcosa a livello superiore. Un segnale però lo vogliamo dare anche agli editori, considerando che da vent’anni ormai siamo sprovvisti di un Contratto collettivo di lavoro».
In Svizzera, ogni settimana due giornalisti lasciano la loro professione. Parte da questo allarmante dato, ricavato da un servizio del portale di approfondimento Republik, la riflessione del presidente della sezione ticinese di Impressum, l’Associazione ticinese dei giornalisti, Roberto Porta: «Se queste persone decidono di imboccare un’altra strada è perché nel giornalismo, quello dei nostri tempi, non hanno trovato buone condizioni di lavoro e perché le prospettive sono molto incerte: c’è paura del futuro. Ed è appunto questo motivo che ci spinge a richiamare l’attenzione della politica». Un’attenzione che è stata richiamata attraverso la distribuzione di un volantino ai deputati del Gran Consiglio quale azione di sensibilizzazione e di protesta con un titolo che non lascia spazio a molte interpretazioni: ‘Giornalismo ticinese, l’acqua è alla gola’. «La bocciatura del progetto di aiuti ai media in votazione popolare dell’anno scorso è stato un duro colpo a tutto il settore, ma non è stato l’unico di questi anni. Già nel 2020, assieme a syndicom, avevamo portato sui banchi del Gran Consiglio ticinese una mozione generica, sottoscritta da tutti i partiti (eccetto l’Udc) per sollecitare un pacchetto di aiuti locali. Quella mozione è però rimasta in stand by, prima per la pandemia e poi in attesa dell’esito delle votazioni federali inerenti i sostegni a livello nazionale. Poi sono subentrati il rinnovo dei poteri cantonali e il ‘decreto Morisoli’... c’è un nesso diretto tra i media che soffrono e la democrazia che soffre. In altre parole, in gioco c’è il funzionamento dei meccanismi democratici del Paese».