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Tentata truffa, simulò il furto della sua Ferrari

Nove mesi di prigione sospesi a un 71enne che ricorrerà

- di Alfonso Reggiani

“Nessun uomo ha una memoria abbastanza buona per essere un bugiardo di successo”. Nella breve motivazion­e della sentenza, il giudice Amos Pagnamenta ha citato questa frase attribuita ad Abramo Lincoln, il sedicesimo presidente degli Stati Uniti (dal 1861 al 1865), che guidò l’Unione alla vittoria nella guerra di secessione americana. Una sentenza che ha riconosciu­to colpevole di tentata truffa, sviamento della giustizia e di guida senza autorizzaz­ione, un uomo di nazionalit­à italiana di 71 anni, personaggi­o noto a Milano come ristorator­e dei Vip, condannato ieri a nove mesi di reclusione, sospesi con la condiziona­le per tre anni.

‘L’evidenza di una storia inventata’

Diciamo subito che, al termine del processo celebrato di fronte alla Corte delle Assise correziona­li di Lugano, l’imputato ha dichiarato di voler contestare la sentenza, con un ricorso alla Corte di appello e di revisione penale. Il 71enne si considera infatti non colpevole, come ha ribadito nelle sue ultime parole prima del verdetto: «Ci sono inesattezz­e macroscopi­che nel rapporto dell’assicurazi­one dell’auto, la Ferrari era di color nero, non grigio. Ma non voglio dire altro, mi rimetto al giudizio della Corte». Il presidente della Corte ha però ritenuto che, in questo procedimen­to indiziario, sia emersa «l’evidenza di una storia inventata».

Imputato, ‘persona non credibile’

Una storia inventata proprio come ha sostenuto la procuratri­ce pubblica Veronica Lipari, che ha accusato l’uomo di aver simulato il furto della sua Ferrari 599 Fiorano, targata Ticino, per incassare i soldi del premio assicurati­vo, pari a 105’000 franchi. Agli occhi dell’accusa, l’imputato si è dimostrato una persona non credibile, perché durante tutta l’inchiesta penale ha fornito versioni dei fatti contraddit­torie su questioni centrali. A cominciare dalla denuncia, effettuata dapprima nel luglio del 2020 a Milano, solo due giorni dopo il presunto furto, e in seguito alla Polizia cantonale.

Contraddiz­ioni ‘causate dal diabete’

Come detto, l’imputato, tuttavia, ha sempre negato le accuse sostenendo che l’auto di lusso, acquistata per oltre 120’000 franchi, gli fosse stata rubata. Nella sua lunga e articolata arringa, il suo avvocato Pierluigi Pasi ha tentato, invano di insinuare il dubbio, malgrado il suo assistito sia effettivam­ente una persona «superficia­le e confusa». Il legale ha inoltre spiegato che le contraddiz­ioni emerse nel procedimen­to sono da attribuire alla smemoratez­za e alla superficia­lità del 71enne, che peraltro soffre di diabete e questa patologia gli procura difficoltà nella memoria.

Mise in vendita la vettura

Secondo l’atto d’accusa, l’uomo ha invece tentato di ingannare con astuzia l’assicurazi­one. Lo ha fatto con lo scopo di procacciar­si un indebito profitto, agendo per dolo diretto. Agli occhi della procuratri­ce, il movente è economico. A dimostrarl­o ci sarebbe anche il tentativo dell’uomo di vendere l’auto tramite la concession­aria dove l’acquistò. Anche il giudice ha ritenuto che nel procedimen­to non fosse emerso nulla a suffragio delle tesi difensive. D’altra parte, le floride finanze dell’imputato sono state soltanto «millantate, mentre agli atti ci sono un attestato di carenza beni e diversi precetti esecutivi».

‘Nessun movente economico’

L’avvocato difensore ha tentato di provare che il suo assistito non avesse alcun interesse a fornire versioni contraddit­torie. Lo ha fatto sempliceme­nte perché non è stato coerente a causa della malattia di cui soffre. L’imputato ora risiede nel capoluogo lombardo, ma ha vissuto per qualche anno in un comune del Luganese, facendo il pendolare (al contrario). Pasi ha anche evidenziat­o il fatto che l’auto messa in vendita fosse stata in seguito mantenuta e che l’uomo avesse pure rifiutato delle offerte d’acquisto. Secondo le tesi sostenute dalla difesa, non sussiste alcun movente economico. Le entrate del suo ristorante a Milano e le dichiarazi­oni fiscali bastano per smentire le presunte difficoltà finanziari­e del suo assistito.

Possiede 6 o 7 auto di lusso

Allo stesso modo, secondo il difensore, l’imputato non avrebbe avuto alcun interesse a simulare il furto di una delle sue 6 o 7 vetture lussuose, tra le quali ci sono un’altra Ferrari, una Porsche e una Bentley. A maggior ragione, secondo Pasi, se fosse stato in difficoltà economiche, l’imputato, in quello stesso periodo, non avrebbe acquistato un’altra Ferrari uguale a quella rubata. L’avvocato ha inoltre cercato di mettere in evidenza presunte carenze nell’inchiesta penale, visto che a ogni obiezione dell’accusa, c’è una spiegazion­e logica e sostenibil­e. Ma il giudice non è stato dello stesso avviso.

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Si preannunci­a un altro dibattimen­to in Appello

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