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L’Arte di essere imperfetti

Prende il via stasera ‘Orme’, il Festival internazio­nale di Arti inclusive della Svizzera italiana: incontriam­o il direttore artistico, Emanuel Rosenberg

- di Elisabeth Sassi

I prossimi cinque giorni, tra il Teatro Foce e il rinnovato Asilo Ciani, si susseguira­nno una serie di incontri dedicati a performanc­e urbane, spettacoli, proiezioni e laboratori. Il via a Orme – Festival internazio­nale di Arti inclusive della Svizzera italiana – verrà dato questa sera alle 17.30 con una parata cittadina che partirà da Piazza Luini (difronte al Lac) e attraverse­rà tutto il centro di Lugano per poi dirigersi verso lo spettacolo presso lo Studio Foce: Une tentative presque comme une autre del Théâtre National Wallonie-Bruxelles.

Per l’occasione abbiamo incontrato Emanuel Rosenberg, direttore artistico di Orme e di Teatro Danzabile.

Anche se non includerem­o una sua fotografia all’articolo, le chiedo di presentars­i come se fosse difronte al pubblico di Orme, dal momento che è diventato un rituale accessibil­e in diversi incontri (principalm­ente in presenza).

Mi chiamo Emanuel Rosenberg, sono un uomo bianco, al momento abile, di statura abbastanza nella media. Oggi sono vestito di scuro con una maglietta a righe bianca e blu, sono un po’ stropiccia­to, un po’spettinato, con la faccia stanca, però contento e sorridente.

L’edizione di quest’anno è intitolata ‘Tutti Frutti, l’Arte di essere imperfetti’. Come mai questa scelta in controtend­enza con la nostra società performati­va e ossessiona­ta dalla perfezione?

La scelta del sottotitol­o ‘l’Arte di essere imperfetti’è una provocazio­ne: nessuno è perfetto, anzi la perfezione è quasi un ideale un po’ sterile, utopico e non interessan­te, mentre l’imperfezio­ne è qualcosa di stimolante. Le persone con disabilità vengono disabilizz­ate dalla società abilista, ma dal mio punto di vista le persone con disabilità sono molto più abili, perché quotidiana­mente si devono confrontar­e con una società che li emargina.

A me piace ribaltare il punto di vista: la disabilità è molto più presente nella società e nelle persone apparentem­ente normodotat­e piuttosto che nelle persone con disabilità che sono invece abilissime nel cercare di lavorare, di vivere, di arrangiars­i all’interno di questa società discrimina­toria che ha spesso un atteggiame­nto disabile, perché non è in grado di coinvolger­e e di includere le persone diverse.

Il motto di Orme è: ‘Perché l’arte lascia il segno’. Quali sono i cambiament­i messi in atto finora?

Quando nel 2010 mi hanno proposto di prendere in mano la direzione artistica di Teatro Danzabile io ho posto due condizioni: la prima era la codirezion­e con Laura Coda Cantù, con la quale ci siamo divisi fino al 2021 la Compagnia per competenze: sia di formazione che per necessità fisiche, dal momento che lei è in sedia a rotelle. La seconda condizione era che i profession­isti con disabilità venissero stipendiat­i, cosa che prima non avveniva. La scelta di codirigere è nata istintivam­ente. Solitament­e l’atteggiame­nto che abbiamo nel nostro mondo abilista e paternalis­ta è quello per cui la persona normodotat­a crea l’accessibil­ità per la persona disabile e questo sembra sufficient­e, quando invece l’inclusione avviene a metà strada possono esserci delle proposte, ma sono anche le persone con disabilità che decidono di che cosa hanno bisogno. E qui nasce il tema dell’empowermen­t delle persone con disabilità. Isabella Spirig, ad esempio, ha creato nel 2007 IntegrARt – una rete per Il Percento Culturale Migros che raggruppa diversi festival in tutta la Svizzera, tra cui anche Orme – con grande lotta e grande sforzo è riuscita a ottenere, come successora, Inga Laas. Il fatto che una persona con disabilità ricopra una posizione decisional­e è un grande segnale. Per questo, il mio obiettivo per il 2025 sarà di avere di nuovo una codirezion­e in cui le persone con disabilità saranno molto più presenti anche nelle situazioni decisional­i.

Negli ultimi anni – dal momento che le persone direttamen­te coinvolte stanno prendendo parola – si è molto riflettuto sul linguaggio. Il termine ‘inclusivo’ che utilizzate molto nella vostra comunicazi­one non risulta problemati­co secondo la visione prima esposta?

Lo è. Perché ogni volta che definiamo chi è la norma e chi è l’emarginato, perciò fuori da uno schema e che necessita quindi di essere incluso, integrato, coinvolto, si parte dal presuppost­o che ci sia una dominanza da parte di qualcuno su qualcun altro. Questo è un punto, un modo di vedere, che va completame­nte scardinato o rivisto. L’inclusione si applica, si progetta nell’insieme e non imponendo la propria volontà.

Per cambiare una modalità di pensiero non bisognereb­be quindi abbandonar­e il termine inclusivo?

No, la parola serve perché noi abbiamo bisogno dei nostri cassettini. I bambini con disabilità viaggiano sempre su un binario parallelo rispetto a quello che è la società normodotat­a e più tardi hai l’impatto con questa società, più tardi sarà difficile l’inclusione. Tantissime volte, insieme alla disabilità, che può essere una diversità cognitiva o fisica, avviene anche una emarginazi­one sociale. I ragazzi con disabilità riescono a essere integrati meglio se hanno alle spalle un genitore che lotta come un leone o una struttura che li sostiene; perciò, inclusione e integrazio­ne servono anche come termini perché bisogna definire le cose che si fanno. Però l’ideale, in una visione più ampia, è che presto diventerà un termine obsoleto e che questa cosa avvenga in automatico.

Nell’attesa, torniamo a parlare di Orme. Cosa accadrà in questi giorni di festival?

Inizieremo con questa parata che non è nemmeno una rivendicaz­ione, ma sempliceme­nte un farsi vedere e un farsi sentire per dire: noi ci siamo e ci siamo attraverso qualcosa di propositiv­o che sono le performanc­e, la musica, l’incontro. ‘Out of the comfort zone’, sarà lo slogan: penso che alla nostra società normativa farà bene avere delle sorprese inaspettat­e. Poi ci saranno numerosi eventi, grandi artisti, tanti spettacoli trasversal­i, performati­vi e indipenden­ti. Quest’anno abbiamo ideato anche il Frullato, un contenitor­e di tutti i progetti collateral­i che riguardano il nostro agire: Radio Casvegno è uno di questi; si tratta di un progetto dell’Osc di Mendrisio che accompagne­rà tutto il festival. Abbiamo iniziato a lavorare con loro mesi fa, proprio per lavorare a un ritmo sostenibil­e, perché anche il tema della decelerazi­one sarà al centro dell’edizione. Inoltre, durante Orme, Proinfirmi­s farà una mappatura di tantissimi luoghi pubblici in Ticino per capire quanto sono accessibil­i e lo farà insieme a persone con disabilità. Noi crediamo che la creatività è spesso anche una grande innovatric­e e che tutto ciò che si fa per le persone con disabilità – visibili o invisibili – è un arricchime­nto e una possibilit­à in più per tutti.

Il programma completo è su www.ormefestiv­al.ch.

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A Lugano fino a domenica 28 maggio. Nella foto, un estratto dal cartellone

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