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‘È soltanto una partita’ Ma sogniamo in grande

Il capitano della Nazionale cita Simpson e Yakin, e lancia la sfida ai tedeschi (ma non solo). ‘Adesso puntiamo a vincere, come fanno le grandi squadre’.

- Di Christian Solari e Kurt Wechsler

Di nuovo tutti in pista. Nessuno escluso stavolta, a differenza di quant’era successo la sera prima. Anche se, nel giorno che precede l’attesissim­o quarto con i tedeschi, si scopre che non proprio tutte le star assenti la sera prima contro i lettoni erano state lasciate a riposo. «Per la verità, in tanti avrebbero meritato di beneficiar­e di una giornata di riposo – racconta Nino Niederreit­er, trentenne attaccante dei Winnipeg Jets –. Tuttavia, per quanto mi riguarda posso dire che l’altro giorno non mi sentivo troppo bene. Già durante la partita con i cechi non ero al 100 per cento, credo sia perché in camera c’è sempre l’aria condiziona­ta. Ora, però, posso dire che è quasi tutto risolto».

Giusto in tempo per la sfida di oggi pomeriggio, che si preannunci­a come una vera battaglia. Contro una Germania che in passato, a più riprese, ha riservato spiacevoli sorprese ai rossocroci­ati. A cominciare da quel 20 maggio del 2010 sul ghiaccio di Mannheim, in una partita finita in rissa, oltretutto. «Fu davvero una partita molto tesa – ricorda El Niño, ripensando a quello che fu il suo primo Mondiale –, con diversi episodi piuttosto caldi (a cominciare dal pugno sferrato a partita conclusa dall’assistente allenatore dei tedeschi a Timo Helbling, ndr). In generale, contro i tedeschi sono sempre incontri molto sentiti, era così già quando vestivo la maglia delle nazionali giovanili. A livello hockeistic­o la Germania è una nazione di buon livello, e sappiamo benissimo che non sarà facile, perché i tedeschi in pista fanno tante cose giuste. Tuttavia, noi dobbiamo focalizzar­ci su noi stessi, non su di loro. E se giocheremo come sappiamo, avremo senz’altro una grande chance di imporci».

E, da capitano di questa Svizzera, Niederreit­er farà la sua parte. Non solo sul ghiaccio. «Dirò senz’altro un paio di cose nello spogliatoi­o, prima di immetterci nel corridoio che porta all’interno dello stadio. Dirò che gioia e passione sono le cose più importanti. Ricordo una frase dell’allenatore della nazionale di calcio, Murat Yakin, il quale disse «in fin dei conti è soltanto una partita». Quella è una cosa che non va mai dimenticat­a: la gioia e la passione debbono sempre esserci, perché è grazie alla passione che molte cose belle possono accadere». Naturalmen­te, nella fattispeci­e la cosa bella che tutti si augurano è un cammino trionfale da qui a domenica. «Sean Simpson, a Stoccolma, nel 2013, ci fece capire che non dovevamo sempre e solo puntare ai quarti. Lo disse senza gridare, ma comunque a chiare lettere: dovevamo pensare più in grande. E andò tutto talmente bene che vincendo una partita dopo l’altra arrivammo in finale quasi senza sapere il perché e il percome. Diverso, invece, il cammino che ci portò all’argento in Danimarca, nel 2018: all’inizio fu un continuo su e giù, con partite buone alternate ad altre brutte, come quella contro la Russia, che ci insegnò come si gioca a hockey. Poi, però, battemmo la Finlandia e anche il Canada, pur senza veramente meritare. Insomma, come si vede ci sono diversi modi per arrivare fin sul podio».

Quindi, per dirla con Sean Simpson, il quarto di finale non basta più. «Oggi arrivare ai quarti è un dovere, non un obiettivo. Oggi tutti sognano la vittoria, come fanno le grandi squadre. In questo, la nostra mentalità è cambiata tantissimo».

E non soltanto grazie al proliferar­e di giocatori svizzeri in Nhl. «Credo che buona parte del merito sia da attribuire allo sviluppo che abbiamo fatto in questi anni, orientando­ci verso le migliori nazioni al mondo. In sostanza, questa nuova mentalità è frutto della pressione che ci siamo messi addosso in questi anni».

Una nuova mentalità che ha coinvolto tutti, ma proprio tutti. Persino un Andres Ambühl che, a dispetto dei suoi 39 anni, a Riga sta giocando un Mondiale davvero incredibil­e. «Büehli è Büehli... Cosa possiamo aggiungere? In 19 anni ne ha viste, e vissute, di cose in Nazionale. Eppure è ancora qui, e gioca liberato, come se fosse un ragazzino. Anzi, per me è proprio qui a Riga che sta giocando il suo miglior hockey, infatti va in pista con tanta gioia e grande passione. Come mai? Perché credo che lui sappia bene che questo potrebbe essere il suo ultimo Mondiale, o che dopo questo al massimo ce ne saranno uno o due, così va in pista per godere di questo momento. Per me è questo il motivo per cui sta andando tanto forte».

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KEYSTONE La calma prima della tempesta: ‘Contro la Germania sono sempre delle battaglie, era così già dai tempi delle giovanili’

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