L’Emilia-Romagna è ferita, ma non si piega
Nella regione italiana dove Minerva, l’alluvione da record, ha picchiato duro, ma non ha spezzato la forza di rialzarsi di abitanti e volontari, molti i giovani
Un viaggio di circa quattro ore, per oltre 350km. Da Bellinzona a Castel Bolognese, comune di 9’000 abitanti in provincia di Ravenna. Comincia qui il reportage de ‘laRegione’ nelle terre dell’Emilia-Romagna martoriata giusto una settimana fa dall’alluvione che ha distrutto case e ricordi, mettendo in ginocchio il Nord Italia fatto di industria, allevamento e agricoltura.
Il capoluogo dista poco meno di quaranta minuti in auto. E se nelle vicine cittadine l’acqua si è limitata a fare paura, in periferia fiumi e torrenti hanno rotto del tutto gli argini inondando paesi e quartieri con acqua e fango, una melma densa alta quasi due metri.
Nelle vie semideserte si incontrano soprattutto i volontari, tanti i giovani, impegnati senza sosta a raccogliere e contenere quanto ha sommerso cantine e strade, ammassando masserizie e rifiuti segnati dal tragico maltempo. Come Sebastian Guidi Kuphfall, giunto da Ravenna per aiutare. «Il difficile è vedere, ad esempio, una signora che piange cercando di raccogliere le sue cose mentre puliamo la sua cantina allagata. Ma ti scalda anche il cuore vedere alla sera la gente ringraziarti». Qui in due giorni è caduta la quantità di pioggia che solitamente in primavera cade in tre mesi. Nella voce della gente c’è preoccupazione per quello che potrebbe ancora accadere in caso di altre piogge. Ma anche tanta speranza di fronte alla risposta della popolazione e di coloro che sono accorsi in massa: «Oggi (ieri per chi legge, ndr) doveva essere festa qui, e invece siamo in guerra – commenta Marika , un’abitante ancora scossa da quanto avvenuto –. Ci consola il fatto che, nella tragedia, abbiamo potuto assistere al lato umano della gente di Romagna».