I senatori ci ripensano È controprogetto ‘light’
Il Consiglio degli Stati torna sui suoi passi e approva un’alternativa all’iniziativa socialista. Cantoni chiamati alla cassa, ma meno che col progetto del Nazionale.
Le allarmanti previsioni sui premi che saranno annunciati a fine settembre; lo scenario poco invitante di una votazione popolare ‘secca’, senza controprogetto, che in teoria accrescerebbe le chance dell’iniziativa popolare; e il clima pre-elettorale. È in questo contesto che il Consiglio degli Stati è tornato sui suoi passi per quanto riguarda il controprogetto indiretto all’iniziativa popolare detta ‘per premi meno onerosi’. Ancora lo scorso inverno non ne aveva nemmeno voluto dibattere. Ieri invece è entrato in materia e in seguito ha approvato, con 24 voti contro 12 e 2 astenuti, un controprogetto ‘light’ all’iniziativa del Partito socialista. La palla torna ora nel campo del Nazionale. La Camera del popolo ha elaborato un controprogetto assai più generoso per gli assicurati. Che però avrebbe ripercussioni finanziarie di non poco conto per i cantoni (vedi la scheda).
Dunque anche la maggioranza dei ‘senatori’ vuole requisiti minimi per i cantoni in materia di sussidi di cassa malati. Decisivo è stato il ripensamento degli esponenti del Centro. Ieri solo due dei suoi 14 ‘senatori’ hanno votato una proposta di minoranza di Han
nes Germann( Udc/Sh) e confermato così la scelta di non entrare in materia. I democentristi hanno ribadito la loro posizione. Divisa la ‘frazione’ del Plr.
‘La questione determinante’
Più che per il suo contenuto, il controprogetto ha fatto discutere per le sue implicazioni politiche. Pochi in realtà credono che una qualsiasi alternativa approvata dal Parlamento riuscirà a convincere i promotori dell’iniziativa a ritirare il loro testo. Ma poiché molti ‘senatori’ erano disposti a correre il rischio maggiore – votazione popolare solo sull’iniziativa – Alain
Berset ha voluto ricordare qual è «la questione determinante»: «Con quali argomenti spiegherete che bisogna respingere l’iniziativa?». Il ministro della Sanità ha ricordato che la situazione attuale non corrisponde a quanto deciso nel 2008 nell’ambito della perequazione finanziaria. L’idea allora era che Confederazione e cantoni contribuissero ciascuno a circa la metà della riduzione dei premi. Nel frattempo però i cantoni sono andati avanti in ordine sparso: alcuni (come il Ticino) in una direzione virtuosa, altri no. E così oggi in un cantone (Berset non ha fatto nomi) la Confederazione arriva a coprire addirittura l’85% dei sussidi, in un altro il 70%.
Siamo in una situazione «disequilibrata», gli ha fatto eco il relatore della commissione Erich Ettlin (Centro). L’obvaldese ha caldeggiato un controprogetto moderato: sarebbe «troppo audace» andare alle urne solo con un’iniziativa peraltro «non finanziabile». Anche Peter Hegglin (Centro/Zg) giudica «pericoloso» questo senario. Lo si potrebbe evitare grazie a un compromesso «tipicamente svizzero», «una buona via di mezzo».
Un controprogetto che per il Ps “non basta per portare una boccata d’ossigeno alla popolazione”. In aula la sinistra ha tentato di far passare una versione identica a quella elaborata dal Nazionale. Ma non c’è stato verso. «È stato molto facile raccogliere le firme quattro anni fa», ha ricordato Hans Stöckli (Ps). Nel frattempo, la situazione è peggiorata sul fronte dei premi; e ben 10 cantoni hanno abbassato i loro contributi nominali negli ultimi anni. «L’iniziativa ha ottime chance davanti al popolo», ha dichiarato. Germann (Udc) invece non teme. Il popolo – ha detto – potrà farsi un’idea delle conseguenze finanziarie di un ‘sì’ alle urne e ci penserebbe due volte ad approvare la proposta socialista. Per lo sciaffusano, inoltre, aumentare i sussidi potrebbe avere un effetto disincentivante sugli assicurati, i quali potrebbero rinunciare a modelli assicurativi più vantaggiosi. Gli oppositori del controprogetto hanno poi deplorato un’intromissione nelle competenze cantonali. Alex Kuprecht (Udc/Sz) ha detto che «la strada giusta» per simili richieste passa dai cantoni. Ma non è ciò che pensa la maggioranza del Parlamento, che ha ormai imboccato la via (federale) del controprogetto.