laRegione

Pierre Maudet, l’immarcesci­bile

- di Franco Zantonelli

Rieletto ad aprile dell’anno scorso con un cospicuo pacchetto di voti, nonostante fosse stato destituito con disonore nella precedente legislatur­a, il consiglier­e di Stato ginevrino Pierre Maudet è di nuovo nella bufera. Nel suo Dipartimen­to, quello della sanità e della mobilità, intende infatti tagliare il 5% del personale, come pure far ruotare un altro 5%. La notizia è stata rivelata da Le Temps, secondo il quale il consiglier­e di Stato redivivo si starebbe comportand­o con i suoi collaborat­ori nello stesso modo arrogante che fu uno dei motivi per cui perse il posto nel 2020. L’altro motivo fu un viaggio ad Abu Dhabi, offerto a lui e alla sua famiglia, da un imprendito­re libanese suo amico. Ma più che quella vicenda furono le risultanze di un’inchiesta affidata a un ex giudice federale, Jean Fonjallaz, a mettere all’angolo Pierre Maudet. Allora responsabi­le liberale del Dipartimen­to ginevrino dello sviluppo economico, venne accusato, tra l’altro, per il “carattere autoritari­o” che lo portò a instaurare un clima di terrore tra i suoi collaborat­ori. Impietosam­ente, l’ex giudice Fonjallaz gli rimproverò di aver dato prova di un dirigismo retrogrado. Roba da “padrone delle ferriere”, volendo evocare una figura retorica più consona al settore privato che a quello pubblico.

Per una parte dell’elettorato, invece, Pierre Maudet altro non ha fatto se non mettere al loro posto i funzionari fannulloni. Ed è verosimilm­ente con questa motivazion­e che alle elezioni cantonali di quasi nove mesi fa, nonostante fosse praticamen­te un senza partito dopo essere uscito da quello liberale, ha ottenuto oltre 48mila voti ed è ritornato, trionfalme­nte, in governo. Caricato dal successo elettorale sembra non abbia neppure tentato di imbastire una parvenza di luna di miele con i nuovi collaborat­ori. Via, dunque, ai vecchi metodi per nulla conciliant­i, tanto che un funzionari­o ha dichiarato che “stiamo vivendo il clima descritto dal rapporto Fonjallaz”. “Maudet – si può leggere in un’altra testimonia­nza – non sa interagire con le persone ed è incapace di riconoscer­e il lavoro degli altri”. Forse chi si lamenta rimpiange il savoir faire e la bonomia del suo predecesso­re, Mauro Poggia, nel frattempo approdato al Consiglio degli Stati. Questa volta, però, memore di quanto gli sia costato un comportame­nto analogo in passato, il 45enne Maudet ha mangiato la foglia. Prima che i suoi colleghi di governo decidano di riaprire un’inchiesta su di lui, ha giocato d’anticipo annunciand­o l’intenzione di lanciare un’indagine presso tutti i propri collaborat­ori, per sondarne il grado di soddisfazi­one. Ma non si sa a chi sia stata affidata e neppure quando saranno noti i risultati. Così, quelli che gli rimprovera­no di essere “maleducato e irrispetto­so” rimangono in una sorta di limbo, nella vana attesa che le loro lamentele trovino un interlocut­ore. E tutto sommato è ancora una fortuna che lo “stile Maudet” sia confinato al Canton Ginevra. Proviamo a pensare alle conseguenz­e di un suo ipotetico e mai avvenuto ingresso in Consiglio federale nel 2017 quando, ancora considerat­o un enfant prodige della politica svizzera, tentò il colpo di soffiare il seggio a Ignazio Cassis. Cassis che, nonostante una votazione poco entusiasma­nte, ha impedito a Maudet un danno reputazion­ale di ampia portata, con inevitabil­i ricadute negative sull’immagine della Svizzera all’estero.

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