Carlo Rampazzi, un mondo a parte
Neobarocco, eccentrico, travolgente. Oltre la voglia di stupire, ‘L’eccezione della Regola’ è la mostra, fino al 30 gennaio alla Fondazione Majid
Di norma siamo soliti considerare un’opera d’arte o un oggetto design da solo: per quello che è o, al più, in relazione con quelli affini in quanto fanno parte di una medesima serie. La sorpresa della mostra alla Fondazione Majid di Ascona, grazie alla distribuzione dei suoi spazi che ben si prestavano alla particolare tipologia dell’allestimento, è che crea una serie di ambienti in cui a colpire l’osservatore non è più il singolo oggetto, ma l’insieme. E l’insieme sorprende: perché di colpo non sembra più di trovarsi in un luogo adibito a esposizioni, con gli oggetti più o meno allineati o affissi al muro, ma in uno spazio – certamente assai inusuale – abitato e vissuto dato che ci si muove tra poltrone e divani, tavolini e coperte, abiti indossati da manichini e quadri alle pareti.
Ne è artefice Carlo Rampazzi, designer di lungo corso, che ha dato inizio alla sua attività ad Ascona, nel 1974, con l’apertura del suo studio di architettura d’interni ‘Selvaggio’: lì nasceranno poi le sue prime opere design che, nei decenni a seguire, lo porteranno a notorietà internazionale. Personaggio indubbiamente eccentrico fin da allora, tanto nel modo di essere quanto di vestire, ma con le idee chiare sugli obiettivi da perseguire, come ben si coglie in quel ‘Selvaggio’: un marchio di identità che, contrapponendosi ai negozi di antiquariato locale e vallerano, voleva suonare come sinonimo di libertà non addomesticata, controcorrente, allo stato primario: che non significa però incolto. Un lavoro che gli ha poi consentito di incontrare personaggi o clienti anche di spicco i quali hanno stimolato la sua creatività e contribuito al suo riconoscimento internazionale. Oggi le sue collezioni non sono solo esposte in taluni tra i più importanti saloni del mobile, ma fanno parte dell’arredo di prestigiose residenze, anche reali, dall’America all’Asia e al Medio Oriente, da NewYork a Parigi e Londra, da Beirut a Gedda.
La rassegna asconese, che non è un’antologica ma un’occasione di incontro con lo spirito della sua produzione artistica, in realtà si trasforma in un affondo dentro cui si coglie l’enorme distanza che separa quelle sue creazioni (e la loro possibile destinazione) rispetto agli standard di vita abituali. In effetti rispetto a quanto in gran parte delle residenze private – non senza buone ragioni – ancor oggi sopravvive del design funzionale e razionalista (a partire dal famoso “Less is more” dell’architetto tedesco Ludwig Mies van der Rohe) che puntava alla riduzione verso l’essenziale, alla semplificazione delle forme e all’eliminazione del superfluo, quindi anche della decorazione, Carlo Rampazzi ti catapulta in ambienti saturi di mobili sontuosi e di arredi traboccanti che salgono dal pavimento alle pareti, occupano l’intero spazio di vita, tra mobili, lampade e poltrone dove il materiale moderno si integra e convive con quello che si rifà a epoche passate, in un continuo alternarsi di tessuti, pelli, maioliche, di arte vetraria e di raffinato artigianato. L’impressione è di venir proiettati in un mondo a parte, che vola alto, decisamente neobarocco: quasi si entrasse in salotti di attesa principeschi e cardinalizi della Roma secentesca, tale e tanta è l’abbondanza e varietà dei suoi materiali, la mobilità e l’ampiezza delle sue forme, l’esuberante dovizia di oggetti e di colori che unificano e fanno ambiente. Varietà, dinamismo, vitalità e ridondanza sono prerogative dello stile di Rampazzi che – come afferma lui stesso – ama stupire e travolgere chi viene in contatto con la sua arte, specie quando può occuparsi dell’arredamento complessivo di un’abitazione e mostrare poi al cliente il risultato finale del suo lavoro “per vederlo sbalordito”. Ma non è solo stravagante voglia di stupire e travolgere. Perché nelle sue creazioni convivono due componenti apparentemente lontane ma fondamentali per il risultato complessivo. Da una parte la memoria, molto libera, onnivora ed eclettica, di non poca tradizione tanto della storia dell’arte quanto del design: dalle poltrone inglesi di stile elisabettiano alla Pop Art, dagli storici raffinati broccati velluti e damaschi al plexi, dalla spigolosa geometria di certo design moderno alle fluidificanti rotondità del barocco, dalla continua interazione di pittura e scultura alle arti applicate. Dall’altra una forte componente artigianale dal momento che tutte quelle sue opere sono realizzate a mano da un gruppo selezionato di artigiani o di ditte specializzate. Indipendentemente dal fatto che piacciano o no, osservandole ci si rende presto conto che per realizzare certi prodotti, sia di mobilio sia di vestiario, ci vogliono a monte grandi competenze che solo un artigianato di alto livello o una tecnologia innovativa può fornire. Nell’insieme si avverte il chiaro intento di sfruttare al massimo tutte le potenzialità artistiche, tecnologiche e artigianali del tempo presente per raggiungere un livello di novità e apertura internazionali destinate non certo a un pubblico comune ma certamente elitario e amante di un design originale e personalizzato. È in questo mix di eccentricità e di invenzioni, di tecnologia avanzata e di estrosità, che si condensano la figura e l’opera del personaggio e noto designer Carlo Rampazzi.