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Ex Monteforno e Turbinenpl­atz

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La domanda s’impone: un’eventuale bonifica – qualora risultasse necessaria su vasta scala – sarebbe tecnicamen­te possibile e finanziari­amente sostenibil­e? Due esempi indicano quanto operazioni del genere siano assai complicate e onerose e possano facilmente celare brutte sorprese. La parte di ex Monteforno di Bodio e Giornico nel frattempo trasformat­a in Centro di controllo dei Tir lungo l’autostrada del Gottardo ha richiesto per la bonifica 32 milioni di franchi (inizialmen­te se n’erano stimati la metà) in parte assunti dall’Ufficio federale delle strade (Ustra) e in parte dalla società proprietar­ia in precedenza che però non era all’origine dell’inquinamen­to. C’è poi l’area EscherWyss di 145’000 metri quadrati dove sino a fine ’800 ha operato una fabbrica di imbarcazio­ni e turbine con tanto di fonderia. Area nel frattempo rivitalizz­ata su iniziativa di Sulzer Immobilien Ag diventando così la più grande zona di sviluppo urbano di Zurigo-ovest dotata di polo tecnologic­o e terziario.

Ebbene, alla redazione risulta che proprio dove nel 1993 è stato inaugurato il Technopark di 20’000 metri quadrati, il risanament­o del sottosuolo si sia dovuto spingere fino a una profondità inaspettat­a di 6 metri. La spesa iniziale di 400 franchi al metro cubo è quindi raddoppiat­a raggiungen­do quota 900, per un terreno occupato in precedenza da baracche e usato come deposito della sabbia di fonderia. Totale speso per la bonifica, 60 milioni a carico dei proprietar­i. Non meglio è andata alla prospicien­te Turbinenpl­atz, che con i suoi 10’000 metri quadrati è la piazza più grande della città sulla Limmat. Voluta come spazio aperto nel Piano particolar­eggiato del comparto EscherWyss, è sorta nel 2003 dove prima c’era un’officina; il cui tetto, una volta dismessa, si era degradato a tal punto che la pioggia per decenni ha spinto ancora più in profondità gli inquinanti. Infine il sottosuolo è risultato talmente impregnato d’olio usato per raffreddar­e e lubrificar­e i macchinari industrial­i, che ci sono voluti due anni per toglierlo immettendo nella voragine enormi quantità d’acqua così da riportarlo in superficie, recuperarl­o e smaltirlo. Costo della brutta sorpresa, anche qui, diverse decine di milioni. Molto più del previsto.

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