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Siamo un po’ tutti dei migranti

- di Daniela Carugati

Una lettera ormai ingiallita fa capolino da un cassetto di casa. È un figlio che scrive a sua madre. Il suo ricordo era finito in un angolo della memoria, ma c’era; incancella­bile. Quante volte ho sentito raccontare in famiglia (quella di mio padre) di quel fratello della bisnonna con un talento d’artista andato lontano in cerca di fortuna. Salito su una nave per l’Argentina e morto in giovane età. Chi in Ticino, del resto, non ha una storia di emigrazion­e da raccontare lungo le rotte europee o d’oltreocean­o? Perché anche noi siamo stati e siamo (nel Dna) un po’ tutti migranti. E, come spesso capita, tendiamo a dimenticar­celo. Faticando così a veder specchiato in chi oggi ‘sbarca’ al confine sud della Svizzera un pezzetto del nostro passato, in fondo recente. Eppure le storie delle persone che arrivano in un Centro federale d’asilo non sono molto diverse da quelle di alcuni nonni, bisnonni o trisavoli partiti dal Ticino. Uomini (ma anche donne) che con coraggio sono andati alla ricerca di una Terra promessa; in alcuni casi trovandola, in altri no. Anche le loro vite, infatti, parlano di stenti e di voglia di riscatto, di sogni e di speranze. E allora per quale motivo non riusciamo a rompere quella sorta di circolo vizioso che ci fa avvitare su noi stessi, tra diffidenza, paura, indifferen­za? Perché cadiamo facile preda di slogan e soluzioni facili promesse da una politica che alza muri e teme l’altro?

Lo si è visto nell’anno che ci siamo appena lasciati alle spalle. È bastato veder impennare gli arrivi e le domande d’asilo per chiudersi a riccio. Sono stati sufficient­i taluni casi di cronaca – certo deprecabil­i ma riferiti comunque a una piccola minoranza di richiedent­i l’asilo – registrati in una terra di frontiera come il Mendrisiot­to, per salire sulle barricate (almeno da parte di una certa politica di Destra) e mettere quasi alla berlina realtà come Chiasso o il Basso Mendrisiot­to per qualche voto in più.

Una regione che, con circa 600 richiedent­i sul suo territorio, si è sentita lasciata sola, dalle istituzion­i superiori e dalla solidariet­à del resto del cantone e del Paese. Tant’è che il Distretto ha trovato in se stesso la forza per reagire e gli antidoti per arginare il rischio di scivolare in atteggiame­nti razzisti. Di recente è nata l’Associazio­ne Mendrisiot­to Regione Aperta, che sta dimostrand­o che un’altra accoglienz­a è possibile; e proprio coinvolgen­do la popolazion­e e il mondo associativ­o locali – anche l’Accademia di architettu­ra è scesa in campo con La fabbrica dell’ospitalità – in iniziative che danno modo alle persone alloggiate nelle strutture federali di uscire e vivere il territorio. Associazio­ne pronta altresì a disinnesca­re qualsiasi tentazione di equiparare i migranti a delle ‘cose da gestire’ e non a delle persone.

Anche le istituzion­i del Distretto troveranno un alleato in Berna e Bellinzona? Adesso si confida nel prossimo viaggio del nuovo consiglier­e federale Beat Jans che, raccolto in eredità da Elisabeth Baume-Schneider il dossier asilo, sarà nel Basso Mendrisiot­to a febbraio. Ancora non c’è una data sul calendario, né sono giunte indicazion­i in merito da Palazzo federale, ma le aspettativ­e sono alte. Il neocapo del Dipartimen­to federale di giustizia e polizia arriverà solo in visita o porterà con sé anche le risposte tanto attese dai Comuni del comprensor­io? Staremo a vedere.

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