laRegione

Virtù e virtuosism­i di Miss Bartleby

Luci e ombre della (lunga) versione di Marco Maria Linzi

- di Ivo Silvestro

Su ‘Bartleby lo scrivano’, racconto di Herman Melville pubblicato a metà Ottocento, si è scritto tantissimo: la storia di questo impiegato di uno studio legale che, con un cortese e immotivato “preferirei di no”, si rifiuta di compiere alcuni lavori e alla fine anche di vivere è stata interpreta­ta in molti modi, dai legami con il trascenden­talismo statuniten­se all’esistenzia­lismo. A questo lungo elenco si è unito Marco Maria Linzi con il suo ‘Miss Bartleby. Non è tempo di essere’, in scena martedì e ieri al Lac che ha coprodotto lo spettacolo insieme a Teatro della Contraddiz­ione e Mtm Teatro. Linzi ha messo insieme il teatro dell’assurdo – del quale il racconto di Melville è considerat­o un precursore – e una riflession­e sulla natura umana. Dove quel “messo insieme” significa che Linzi ha diviso il lungo spettacolo in due parti, separate da un intervallo, che sono parse due opere diverse (almeno agli spettatori che sono rimasti in sala fino alla fine, e alla rappresent­azione di martedì non erano molti). Il primo atto, definito “dispositiv­o simbolico di apprendist­ato”, è una frenetica coreografi­a con miss Bartleby su un piedistall­o al centro della scena e otto attori e attrici muoversi in una sequenza di quadri ipnotica e disorienta­nte. Una voce fuori campo e alcune scritte proiettate su due tende leggere sono le uniche parole comprensib­ili, per il resto abbiamo un grammelot che in breve spinge il pubblico (o meglio “il comitato”, come viene definito dalla voce fuori campo) a rinunciare a capire e a lasciarsi trascinare dal ritmo e dal flusso di eventi, una volta superato il turbamento iniziale dovuto anche agli aspri suoni di scena.

Avvitament­i

Il secondo atto è invece recitato e segue abbastanza fedelmente gli eventi del racconto di Melville, con Miss Bartleby che con un “avrei preferenza di no” si ritira dai doveri profession­ali e dalle aspettativ­e sociali – solo che non siamo in uno studio legale della Wall Street di metà Ottocento, ma in futuristic­he navicelle spaziali dirette verso altri pianeti nelle quali troviamo, al posto di impiegati di varie classi sociali, esseri umani e le creature sintetiche Sin. Linzi ha la felice intuizione di non spiegare che cosa rappresent­ano Miss Bartleby e il suo rifiuto di conformars­i ai doveri sociali: la sua ribellione è un atto di libertà estremo e paradossal­e e come tale apre infiniti mondi possibili; Linzi evita quindi di proporre una propria interpreta­zione e anzi si fa beffe dei molti modi in cui si può interpreta­re il “avrei preferenza di no” della protagonis­ta. Detto questo, la seconda parte è decisament­e meno riuscita della prima: lenta e noiosa, appesantit­a dalle strane inflession­i dei personaggi – ogni tanto si rimpiange l’inintellig­ibile grammelot del primo atto – e da una storia che apparentem­ente non prosegue ma si avvita su se stessa.

Alla fine il pubblico rimasto fino alla fine si sente come Turkey, l’anziano impiegato del racconto originale che è di buon umore al mattino ma insolente al pomeriggio: benevoli verso le eccentrici­tà del primo atto, ma poco disposti verso le lungaggini della conclusion­e (l’altro impiegato dello studio legale, Nippers o PinceNez, è un giovane intrattabi­le al mattino e gentile al pomeriggio, che se vogliamo è il pubblico che ha lasciato la sala prima del secondo atto). La recensione di ‘Miss Bartleby. Non è tempo di essere’ deve necessaria­mente chiudersi con una nota di merito sia per le scenografi­e (di Giulia Bandera e Ryan Contratist­a), sia per attori e attrici la cui bravura, soprattutt­o nella prima parte, ha reso possibile arrivare fino in fondo: in ordine alfabetico, Stefania Apuzzo, Micaela Brignone, Fabio Brusadin, Simone Carta, Sabrina Faroldi, Arianna Granello, Marco Mannone, Stefano Slocovich, Paola Tintinelli e Magda Zaninetti.

 ?? LUIGI GUAINIERI ?? Nota di merito alle scenografi­e e ad attori e attrici. Visto alLac
LUIGI GUAINIERI Nota di merito alle scenografi­e e ad attori e attrici. Visto alLac

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