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Bombe sullo Yemen L’escalation è già qui Usa e Regno Unito hanno compiuto 73 raid su postazioni Houthi dopo i continui attacchi alle navi che minano il commercio mondiale

- Ansa/red

Dopo settimane di avvertimen­ti rimasti inascoltat­i, è arrivata la ritorsione. Nella notte Stati Uniti e Gran Bretagna hanno lanciato 73 raid contro postazioni militari degli Houthi in Yemen che avevano a loro volta attaccato le navi commercial­i nel Mar Rosso “legate a Israele” in solidariet­à, a loro dire, con i palestines­i di Gaza.

Potrebbe essere questo il primo atto della tanto temuta escalation del conflitto in Medio Oriente: i ribelli yemeniti – che, sostenuti dall’Iran, controllan­o un terzo del Paese – hanno minacciato di rispondere e annunciato di considerar­e ormai “obiettivi legittimi” tutti gli interessi anglo-americani nel mondo. In serata, poi, è partito il primo razzo anti-nave. La missione, condotta da aerei da caccia e missili Tomahawk dispiegati da Washington e quattro jet Typhoon della Raf britannica, ha colpito “siti di lancio per missili e droni” usati contro i mercantili nel Mar Rosso. Secondo il portavoce degli Houthi, sono state prese di mira postazioni militari nella capitale Sanaa e nei governator­ati di Hodeida, Taëz, Hajjah e Saada, con un bilancio di “cinque combattent­i morti e sei feriti”.

L’ordine di Biden

L’ordine di attaccare è arrivato da Joe Biden dopo l’ennesimo missile yemenita giovedì verso una nave in transito. Il presidente americano ha poi spiegato di aver voluto dare una risposta agli Houthi per aver messo “a repentagli­o la libertà di navigazion­e in uno dei corsi d’acqua più vitali al mondo” e di essere pronto a “ordinare altre operazioni”.

Dallo scorso novembre, gli ex ribelli sciiti ormai al potere hanno lanciato 27 attacchi nel Mar Rosso, tratto di mare abitualmen­te attraversa­to dal 12% del commercio globale: i cargo sono quindi stati costretti a deviare la rotta che passa dal Canale di Suez verso il sud del continente africano, con ricadute sui tempi degli approvvigi­onamenti, la produzione e l’innalzamen­to dei prezzi. L’ultimo missile, sparato appena poche ore dopo i raid, è caduto in acqua a poche centinaia di metri da una nave, ha riferito la United Kingdom Maritime Trade Operations.

“Il nostro obiettivo resta quello di allentare le tensioni e ripristina­re la stabilità nel Mar Rosso”, hanno affermato in una dichiarazi­one congiunta Stati Uniti, Regno Unito e otto loro alleati: Australia, Bahrein, Canada, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Nuova Zelanda e Corea del Sud. Fonti del governo italiano hanno fatto sapere che a Roma era stato chiesto di firmare la stessa dichiarazi­one – che non ha firmato – ma non di partecipar­e all’azione. Mentre l’Unione europea sta valutando l’invio nel Mar Rosso di “almeno tre cacciatorp­ediniere o fregate antiaeree con capacità multi-missione” per almeno “un anno” con regole di ingaggio ancora tutte da decidere.

Le reazioni

I raid notturni sullo Yemen sono stati condannati dal cosiddetto ‘Asse della resistenza’ che, sostenuto dall’Iran, raggruppa i movimenti antisraeli­ani come appunto gli Houthi, gli Hezbollah libanesi e lo stesso Hamas, che ha definito l’azione “una provocazio­ne contro la nazione palestines­e” e minacciato “conseguenz­e”. “Potremo colpirli ovunque si trovino”, è stato lo slogan pubblicato su un canale Telegram degli Hezbollah libanesi, citando una celebre frase pronunciat­a nel passato dal leader iraniano, l’ayatollah Ali Khamenei. “Con gli attacchi in Yemen – ha spiegato l’analista dell’Oman Jaber Aqil, specializz­ato nell’area – agli occhi di molte forze popolari nella regione gli Stati Uniti, Israele e i loro alleati sono ora finiti nel mirino in maniera ancora più giustifica­ta e legittima di quanto non lo fossero prima. Il conflitto si inasprirà”.

Teheran ha accusato Usa e Regno Unito di aver condotto “un’azione arbitraria” e compiuto “un errore strategico”, così come la Russia che ha denunciato “un’escalation distruttiv­a”, chiedendo una riunione urgente del Consiglio di sicurezza dell’Onu. “Vogliono un bagno di sangue nel Mar Rosso”, ha reagito anche il presidente turco Tayyip Recep Erdogan accusando Londra e Washington di un “uso sproporzio­nato della forza”. “Preoccupaz­ione” è stata espressa dall’Arabia Saudita – che dal 2015 guida una coalizione di Paesi arabi contro gli Houthi a favore di un governo alleato – e dalla Cina che aveva mediato tra sauditi e iraniani per un cessate il fuoco in Yemen.

Un appello a “ridurre l’instabilit­à nella regione” è arrivato anche dall’Egitto, già impegnato nel tentativo di riesumare un negoziato indiretto tra Israele e Hamas, e che dal Mar Rosso trae sia le entrate derivanti dal transito commercial­e nel Canale di Suez che quelle turistiche.

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KEYSTONE I ribelli colpiti controllan­o un terzo del Paese con il sostegno diTeheran

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