Si chiude l’era della latteria del Ticino
Non ha portato i risultati auspicati il piano di rilancio avviato negli scorsi anni: la sede chiuderà a metà 2024. Si prevedono dai 10 ai 12 licenziamenti
Si chiude un’era, come si suol dire nei casi in cui scompare un pezzetto di storia. Questa volta è la Lati a subire la scure di costi sempre maggiori e di consumi in contrazione. Fiore all’occhiello dell’industria casearia ticinese, con sede a Sant’Antonino, vedrà infatti la sua chiusura, come annunciato ieri in conferenza stampa, a metà del 2024. Non ha dunque portato i risultati auspicati il piano di rilancio annunciato cinque anni faa seguito delle importanti difficoltà finanziarie. A un passo dal fallimento, a fine 2018 l’azienda era infatti stata salvata con la cessione del 70% delle azioni detenute dalla Federazione ticinese produttori di latte (Ftpl) alla Cooperativa dei produttori di latte della Svizzera centrale (Zmp), con sede a Lucerna. Parallelamente a decisioni drastiche come la riduzione dei dipendenti da 52 a una ventina, era partita l’acquisizione di nuovi macchinari per la lavorazione e trasformazione del latte a Sant’Antonino. Per restare concorrenziale la Lati si poneva l’obiettivo di ripensare i propri prodotti, dando loro una connotazione tipicamente ticinese per restare a galla anche sul mercato svizzero. Ciò che tuttavia non è avvenuto. “Le vendite – ammette l’azienda – non si sono sviluppate come previsto e le cifre si sono nuovamente deteriorate in modo significativo a partire dall’autunno 2022”. Il bilancio è poi appesantito da costi strutturali elevati “dovuti alla struttura imponente per una lavorazione del latte piuttosto ridotta, pari a circa 4 milioni di litri di latte”. La chiusura del sito di Sant’Antonino comporterà il licenziamento di 10-12 persone (per le quali l’azienda annuncia un piano sociale), mentre gli altri dipendenti saranno assunti da Cetra Alimentari Sa di Mezzovico e dal Caseifico del Gottardo. Si va ora verso l’avvio di un processo di trasformazione: il commercio e il confezionamento di una parte dei prodotti Lati saranno affidati alla Cetra Alimentari Sa, mentre la produzione di diversi tipi di formaggi sarà svolta al Caseificio del Gottardo. Non c’è invece al momento una soluzione per quanto riguarda la produzione del latte da consumo e dei formaggi molli.
Croci: ‘Abbiamo esplorato ogni strada’
Risponde alla nostre domande il presidente del Cda di Lati, Carlo Croci.
Signor Croci, cinque anni fa, le prime avvisaglie di una crisi del settore. Si parlava di un’àncora di salvezza che, evidentemente, non è arrivata.
Cinque anni fa la Lati ha rischiato di fallire. L’intervento della Zmp, corsa in aiuto della Lati, ha permesso, in tappe successive, la ricapitalizzazione con 5 milioni di franchi. Messe a disposizione le risorse sono stati fatti i necessari investimenti, così che i prodotti sono diventati prodotti di ottima qualità, tanto, ancora recentemente, nel mese di novembre, da ottenere il riconoscimento di una medaglia d’oro al Campionato del mondo dei formaggi. Progressivamente abbiamo diminuito i disavanzi, che erano enormi. Pur arrivati a un sostanziale pareggio nel risultato, sarebbe stato necessario da lì via avere però dei miglioramenti di fatturato. Ma in quel momento, alla fine della pandemia, il franco svizzero ha cominciato a indebolirsi sempre di più rispetto all’euro ed è arrivata la crisi energetica con l’aumento dei prezzi. La morale è che il consumatore ticinese, l’economia domestica ticinese che già devono subire gli aumenti di prezzo di tanto altro, hanno cominciato a fare sempre di più acquisiti nella vicina Italia, indebolendo e mettendo in sofferenza i clienti di Lati e la grande distribuzione. E noi, che siamo lì in mezzo tra il produttore di latte e il rivenditore, ne abbiamo fatto le spese.
Consumatori insomma poco attenti al prodotto locale, senza rendersi poi conto che il tutto può ricadere sulla stessa economia ticinese, come è poi successo?
Si è andati su prodotti che costano meno ma non per forza, va detto, di minor qualità. Però non si può nascondere il fatto che oggi il prodotto estero lo comperi a un cambio vantaggioso. Per questo abbiamo dovuto, purtroppo, registrare una frenata nelle vendite e ciò non ha permesso, e non permette, di avere uno spiraglio, uno sbocco nel medio termine.
Considerata la Lati un fiore all’occhiello del settore caseario ticinese, non è stata possibile l’entrata in gioco di un ente, pubblico o privato, che portasse quantomeno un salvagente?
Abbiamo esplorato tutte le strade, non ce n’è una che non abbiamo tastato (è stato ad esempio ritenuto troppo elevato l’investimento di 7-8 milioni per il trasferimento di tutta la produzione Lati al Caseificio del Gottardo, ndr). Ma c’è una sola cosa che alla fine conta ed è quella per cui il prodotto deve essere venduto. Solo quella. Tutti aiutano, ma se il consumatore fa un acquisto diverso, allora c’è ben poco da fare.
Si è parlato di un processo di trasformazione di tutta l’industria casearia. Senza la Lati per il Ticino sarà ancora più dura?
Non saprei. Dobbiamo considerare che un 60% lo abbiamo già riattribuito, e stiamo lavorando per riattribuire la produzione di formaggini freschi. Sembrerebbe più difficile trovare una ricollocazione per il confezionamento del latte, ma è comprensibile perché chi lo fa per la Svizzera tedesca fa dei volumi che sono centinaia di volte superiori ai nostri in Ticino, dispone di altre strutture, di altri costi, è tutto diverso. Però stiamo lavorando per poter concludere anche il trasferimento della produzione dei freschi e quindi tutto sommato almeno un 70-80% della produzione oggi di Lati verrebbe rifatta in Ticino. Per il latte eccedente, infine, la Zmp ha rilasciato una dichiarazione scritta che riprenderà tutto il latte in più.
Cosa resterà del marchio Lati?
Il marchio resta. Il Caseificio del Gottardo venderà ancora dei prodotti a marchio Lati, che sarà ceduto alla Federazione ticinese dei produttori di latte affinché possa essere messo di nuovo sul mercato con dei nuovi prodotti. Di formaggio in Ticino continuerà a essercene in abbondanza, ma non di quello fatto in questo stabilimento.
‘Situazione esplosiva per tutta la filiera’
Non si è fatta attendere la reazione della politica: preoccupato per gli scenari futuri relativi alla possibilità di confezionamento del latte per i professionisti ticinesi (un tema su cui dovrà fare le sue riflessioni la Ftpl), con un’interpellanza al Consiglio di Stato il deputato e ingegnere agronomo Giovanni Berardi (Il Centro) parla di “urgenza di fare chiarezza per poter eventualmente mettere in campo strategie” per mitigare gli effetti della chiusura su tutta la filiera del latte ticinese. Berardi sottolinea infatti come, secondo quanto comunicato ieri, dei circa 4,1 milioni di litri di latte attualmente lavorati negli stabilimenti Lati, solo per 1,6 milioni sarebbe assicurata la trasformazione in Ticino per il tramite della Caseificio dimostrativo del Gottardo. Si teme dunque per i maggiori costi di trasporto Oltralpe per la lavorazione del latte. “La situazione – scrive Berardi – è a dir poco esplosiva poiché è proprio dalla possibilità di lavorare in loco la maggior parte della produzione di latte ticinese che deriva la possibilità di spuntare prezzi al produttore che rendano ancora economicamente plausibile la produzione primaria di latte in Ticino”. Il deputato chiede dunque al Consiglio di Stato se sia “intenzionato a mettere in atto misure di sostegno”.