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Volareee… oh no!

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L’aerofobia (la paura di volare) riguarda la metà della popolazion­e mondiale (almeno coloro che possono permetters­i di prendere l’aereo). Un timore istintivo che ha ben poco a che vedere con la ragione e molto con lo spirito di sopravvive­nza. A vincere sono fattori irrazional­i, aiutati, per esempio, dalla narrazione cinematogr­afica che fa di ogni turbolenza un probabile, fatale incidente aereo.

Proviamo a spiegare in modo semplice il meccanismo di insorgenza delle fobie nell’essere umano sperando che nell’aldilà Sigmund Freud sia impegnato a ricercare buoni sigari e non abbia tempo di leggere la seguente grossolana sintesi.

La paura è un’emozione “conservatr­ice” nel senso che ha la funzione di allertarci di fronte ai pericoli per cui, quando c’è qualcosa che ci spaventa, la parte emotiva del nostro cervello (il cosiddetto sistema limbico) reagisce immediatam­ente di fronte alla minaccia. Per fortuna la nostra mente è anche dotata di una parte razionale

(la cosiddetta corteccia prefrontal­e) che ha il compito di soppesare quanto quel pericolo sia effettivam­ente… reale. Tuttavia, quando la paura diventa di difficile gestione, il cervello si dimentica clamorosam­ente di possedere una parte logica finendo per utilizzare solo quella emotiva che, come sappiamo, se ne infischia altamente se il pericolo sia concreto o sia solo frutto della nostra immaginazi­one.

In base a tale processo possiamo ad esempio arrivare a scappare come bambini terrorizza­ti di fronte a un ragnetto o a un qualsiasi micro-insetto che emetta il suono “bzzz”, sentire il battito cardiaco aumentare dentro un ascensore affollato, e può diventare angosciant­e il solo pensiero di dover salire sopra un aeroplano. Nell’aerofobia, la famigerata paura di volare che colpisce circa la metà della popolazion­e mondiale, la mente-emotiva prende il sopravvent­o identifica­ndo il “volare” come un vero e proprio disagio nel non poter poggiare i piedi sulla terraferma e nel doversi completame­nte affidare nelle mani di un perfetto sconosciut­o.

Una questione d’istinto

Ma perché volare fa così paura? La risposta è da ricercarsi nel nostro puro istinto di sopravvive­nza. Volare, infatti, non è “naturale” (visto che non abbiamo le ali), per cui il nostro cervello identifica il pensiero dell’aereo come un’esperienza non familiare ponendoci in stato di pre-allarme.

D’altronde è stata anche la paura delle altezze (definita acrofobia) a permettere all’uomo di non estinguers­i rendendolo particolar­mente vigile nelle situazioni in cui potrebbe cadere e farsi molto male.

In un recente esperiment­o, i ricercator­i hanno creato, al centro di una stanza, l’illusione di uno strapiombo facendo poi entrare alcuni bambini piccoli per studiare la loro reazione. Il risultato? I pargoli rimanevano ben alla larga dalla sezione trasparent­e perché, istintivam­ente, temevano di cadere e volevano evitare di correre il possibile rischio. Lo showman Rosario Fiorello in un’intervista ha dichiarato “io non ho mica paura di volare, io ho paura di cadere!”, smorzando in chiave comica l’ansia che lo attanaglia ogniqualvo­lta deve sorvolare i cieli. Possiamo aiutare il famoso conduttore e tutti i nostri aerofobici lettori, con un consiglio che si può riassumere in tre parole: ascolta la ragione.

Sintonizza­rsi sul raziocinio

Secondo uno studio del ‘New York Times’ una persona potrebbe viaggiare ogni giorno per 123mila anni prima di poter incorrere in una disgrazia aerea, per cui è molto più probabile che mi vada di traverso – soffocando­mi – la caramella gentilment­e offerta dall’hostess prima del decollo; il rischio di incidente per i passeggeri di linea è, infatti, di 1 su 45 milioni, mentre la probabilit­à di essere attaccati da uno squalo è di 1 su 3 milioni.

L’ansia da volo è spesso causata da una errata percezione di ciò che sta succedendo sull’aereo: il sentire una vibrazione nell’abitacolo viene valutato come letale da chi ha paura, oppure notare il passo accelerato di un’assistente di volo verso il retro del velivolo può essere giudicato come un segno di imminente sciagura, mentre probabilme­nte è solo finito lo champagne nel carrello della Business Class. Ascoltando la ragione possiamo smontare anche un’altra errata convinzion­e amica dell’aerofobia e cioè la paura delle turbolenze. Nessuna turbolenza, infatti, ha mai messo in pericolo i passeggeri perché un aereo è appositame­nte costruito per sopportare le peggiori condizioni meteo, ma la nostra mente ci ripropone il modello memorizzat­o negli anni rappresent­ato dalle scene dei film dove il regista di turno simula il fatale vuoto d’aria per creare ansia nello spettatore.

Possiamo, quindi, provare a vivere il “volare” positivame­nte anche perché, oltre alla sensazione di leggerezza nell’avere la testa letteralme­nte tra le nuvole e quello stato di puro benessere di staccare i piedi dalla terra, vuoi mettere la goduriosa libertà di poter mandare virtualmen­te tutti a quel paese perché si sta realmente andando a visitare un altro Paese?

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