Altdorf tra Storia e leggende (tante)
Dei miti di fondazione elvetici Altdorf è una sorta di grande scrigno che conserva appassionanti e spesso improbabili narrazioni, a cominciare naturalmente da quella che vede protagonista il più celebre di tutti gli svizzeri: quel Guglielmo Tell che svetta nella piazza del Municipio, balestra in spalla, mano sinistra che stringe quella del figlioletto Gualtierino nell’imponente statua bronzea, il Telldenkmal, realizzata da Richard Kissling a fine Ottocento. Che Tell sia esistito è davvero poco probabile. Il nome dell’eroe elvetico appare per la prima volta almeno un secolo e mezzo dopo i presunti fatti che lo avrebbero visto protagonista. Di un certo “Thäll” parla in effetti il libro di Sarnen redatto nel 1470 d.C. da un notaio del Canton Obvaldo. Val la pena ricordare brevemente la narrazione delle vicende che avrebbero visto coinvolto l’eroe patrio. Il clou della vicenda, quello in cui appare la mela, si consuma proprio nel cuore di Altdorf. Il buon Tell passa da quelle parti col figlioletto, e da buon spirito ribelle si rifiuta di riverire il cappello piumato imperiale fissato in cima a un’asta dal balivo Albrecht Gessler (il cattivo per antonomasia), amministratore degli Asburgo. Un’offesa punibile con la morte. Gessler gli lascia tuttavia la possibilità di salvarsi: per riscattarsi dovrà sottoporsi alla stranota prova della mela. Qualche istante di angosciante attesa prima dello scoccare della freccia, ma il nostro eroe ce la fa, il dardo colpisce la mela posta sul capo del figlio, ma se così non fosse andata, la seconda freccia nascosta sotto la giacca sarebbe stata scagliata contro il malvagio balivo. Doppia lesa maestà! Tell viene condotto in barca verso la prigione di Küssnacht. Una tempesta si abbatte sul lago dei Quattro Cantoni e i suoi carcerieri, sapendolo provetto timoniere, lo liberano nella speranza che riesca a salvarli dalla catastrofe. Missione compiuta, happy end per l’equipaggio. Tell però ne approfitta per saltar giù dalla barca sulla riva, scappa, si nasconde e tende un agguato a Gessler uccidendolo. Il trionfo! A questa versione tuttavia si aggiungono numerose varianti come quella secondo cui è Gessler a uccidere Tell facendolo annegare. Lo storico e cartografo Aegidius Tschudi nel suo Chronicon helveticum tenta a metà Cinquecento di fissare cronologicamente i miti fondatori: Tell, il giuramento del Grütli o l’assalto alle rocche degli Asburgo, avvenimenti situati tra il 1301 e il 1308 d.C. Possiamo tranquillamente aggiungere tra i miti fondatori quello di Arnold von Winkelried, il cavaliere elvetico che durante la battaglia di Sempach contro gli Asburgo (1386 d.C.) si sarebbe sacrificato scaraventandosi contro il nemico per stringere contro il suo corpo le punte delle lance consentendo così ai suoi connazionali di aprire una breccia e di avere il sopravvento. Qualche verità storica? Forse. Tanta leggenda? Sicuro. Il celebre “giuramento” del 1291 d.C. non avvenne certamente sul praticello del Grütli sul fianco orientale del Seelisberg, sopra il lago dei Quattro Cantoni. Non vi fu neppure un giuramento, ma un patto che, dice lo storico Thomas Maissen, non aveva nulla a che vedere con la difesa della libertà democratica, non fu un atto di fondazione della Confederazione, né una ribellione contro gli oppressori. Tramandati dagli spettacoli (i Tellspiele) e per secoli da storici poco scrupolosi, miti e leggende svolgono una forte funzione di coesione sociale e politica. Nel caso di Guglielmo Tell poi, l’impatto travalica di molto i confini nazionali. Grazie, ma non solo, all’opera di Friedrich Schiller che ne ha consacrato, nel dramma omonimo, la caratura di eroe globale. In Svizzera i miti nazionali trovano nuova linfa a partire dalla Costituzione federale del 1848; nella Seconda guerra mondiale il generale Guisan riunisce i comandi militari… sul praticello del Grütli.