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‘All’inizio sei diverso, ma mai arrendersi’ Matteo Conconi ha conquistat­o il Premio Lavezzari. Dieci anni fa il contatto con l’alta tensione ferroviari­a gli ha causato l’amputazion­e del braccio sinistro

- di Prisca Colombini

Ha lottato per sopravvive­re e per riconquist­are una vita normale. Dieci anni dopo quel drammatico incidente sul lavoro che gli ha portato via il braccio sinistro e causato danni a quello destro, Matteo Conconi ha ricevuto il Premio massimo 2023 attribuito dalla Fondazione Cesare e Iside Lavezzari di Chiasso che lo ha scelto “per la sua straordina­ria forza d’animo quotidiana nel contrastar­e come giovane l’inflessibi­lità del destino, uscendone più forte di prima”. La cerimonia si è svolta domenica nella cornice dello Spazio Officina di Chiasso, alla presenza del presidente del Consiglio di Stato Raffaele De Rosa, numerose autorità politiche del Mendrisiot­to e famigliari e amici del premiato. «Ricevere questo importanti­ssimo riconoscim­ento è un onore e un piacere – sono state le prime parole di Matteo Conconi –. Mi riempie di gioia perché vuol dire che il messaggio che volevo far passare, ovvero che non bisogna arrendersi mai, è passato». Il presidente della Fondazione Michel Magnin ha definito Matteo «un esempio di resilienza, scelto quale esempio non solo per le persone disabili, ma anche per altri che credono di non apprezzare quello che hanno».

‘Mentirei se dicessi che non ho avuto paura’

All’età di 22 anni Matteo lavorava presso le Ffs nel settore delle linee di contatto, a tu per tu con l’alta tensione. Il 15 novembre l’incidente che gli ha causato i già citati danni e che ha di fatto segnato la ripartenza della sua vita. Oggi Matteo lavora a tempo pieno in un altro settore delle Ffs, pratica downhill grazie a una protesi adattata alla bicicletta, e lo scorso autunno ha partecipat­o alla Urban Downhill Sanremo 2023. La sua vicenda è diventata il libro ‘Più forte di prima’ (Salvioni Edizioni, 2019), il cui ricavato è stato devoluto alla Lega contro il cancro infantile. Matteo Conconi ha ripercorso alcuni sentimenti che lo hanno accompagna­to nel suo percorso. «Mentirei se dicessi che non ho avuto paura – ha affermato, sollecitat­o dalle domande della giornalist­a Maria Pia Belloni –. Anche se era più una paura nell’intelletto perché non potevo fare nulla, se non lottare, ma dipendeva tutto dagli altri». Matteo ha ricordato di «non essermi mai arrabbiato per cose gravi. Lo facevo quando notavo che non riuscivo a fare quello che facevo prima dell’incidente, come tagliare una fetta di carne al ristorante». All’inizio del percorso «ti senti diverso anche per le piccole cose. Quando mi succedeva ero sempre con mio fratello, che mi diceva di smetterla e di tirare fuori... le scatole. Sono stato circondato da gente abbastanza dura: se oggi sono così è proprio grazie a queste persone».

‘Ha fatto l’impossibil­e per tornare a lavorare al 100%’

A presentare la candidatur­a alla Fondazione è stata la mamma di Matteo. «Non vorrei svelare un segreto, ma è stata mamma Luana, in silenzio, a consegnare timidament­e la candidatur­a – ha fatto sapere il segretario della Fondazione Umberto Balzaretti –. Una candidatur­a in tutta semplicità, redatta a mano e senza cerimonie». Nello scritto è stato evidenziat­o che “Matteo ha fatto l’impossibil­e per tornare a lavorare al 100%”. «Ho la fortuna di lavorare per le Ferrovie, una ditta grossa con un bellissimo ambiente e dove vado abbastanza d’accordo con tutti – sono state le parole di Matteo Conconi –. Sapevo di poter tornare tranquilla­mente a essere accolto come prima dell’incidente e questo mi ha aiutato molto. Se stavo a casa non mi sentivo utile per la società, per quanto ho preferito continuare la mia vita lavorativa. Sono comunque abbastanza libero: se voglio andare in bicicletta, chiedo e mi lasciano. In ambito lavorativo sono molto fortunato».

Le ‘emozioni forti’ sulle due ruote

La passione per le due ruote, esercitata principalm­ente in montagna, su terreni ripidi e sconnessi spesso caratteriz­zati da salti, pietraie e altri ostacoli, crea un po’ di preoccupaz­ione in chi attende il rientro di Matteo a casa. «Non posso fare loro una colpa – ha ammesso –. Ho vissuto un periodo dove sono stato privato di tutto. Ho preferito mettere da parte la moto, la mia passione, e adesso pratico appunto mountain bike. Con il mio team facciamo downhill enduro, all’apparenza non proprio lo sport adatto per un amputato... Ma grazie anche ai miei amici ortopedici che mi sopportano, è nata questa passione che mi distrae e mi fa provare emozioni e adrenalina. Quando vado in bici la testa è altrove e non penso ad altro».

Rimettersi in gioco e voltare pagina

Nel suo intervento, il presidente della Fondazione Michel Magnin ha più volte sottolinea­to l’importanza della famiglia e degli amici di Matteo. «È stato un calvario, non solo per i dolori che Matteo ha dovuto sopportare, ma anche per la lontananza dagli amici per le lunghe cure che si sono principalm­ente svolte in cliniche d’Oltralpe, dove non si parla italiano, la decisione di amputare l’arto sinistro per lui che era mancino e tutto il lavoro di riabilitaz­ione – ha sottolinea­to Magnin –. L’aiuto della famiglia, che non l’ha mai lasciato solo, è stato importante e fondamenta­le ma molto è anche dovuto a quanto Matteo è riuscito a trovare in sé stesso». Il ringraziam­ento di Magnin è andato anche «ai colleghi e ai superiori che lo hanno aiutato nel reinserime­nto nel mondo del lavoro. Matteo si è rimesso in gioco ed è riuscito a voltare pagina. Come dice lui, piangersi addosso non serve: ha trovato la forza per recuperare e condurre una vita normale, forse diversa ma normale. Anzi secondo lui più forte di prima».

I migliori risultati scolastici

Come ogni anno, la Fondazione Cesare e Iside Lavezzari ha assegnato i premi scolastici. Per il 2022-2023 sono state premiate Camilla Formenti di Balerna (media 5,86 al Liceo cantonale di Mendrisio, migliore maturità, lingue antiche e moderne e miglior maturità in assoluto); Camilla Bettega di Caneggio (media 5,70 Scuola specializz­ata per le profession­i sanitarie e sociali, Canobbio, operatrice socioassis­tenziale Afc, assistenza infanzia, tirocinio tempo pieno con maturità integrata) e Laura Nolasco di Stabio (media 5,48 Scuola cantonale di commercio, Bellinzona). Intervista­te da Maria Pia Belloni, le tre studentess­e hanno raccontato i loro progetti e si sono espresse su quello che significa oggi studiare.

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TI-PRESS/ELIA BIANCHI Matteo Conconi oggi lavora a tempo pieno, sempre per le Ffs ma in un altro settore
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TI-PRESS/E. BIANCHI Premiate anche tre studentess­e

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