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I pezzi del puzzle sono al loro posto

L’Ambrì si rigenera abbattendo gli Aviatori, che continuano la loro picchiata. ‘Quando non vinci, spesso significa che stai facendo qualcosa di sbagliato’

- di Christian Solari

Ambrì – Il corridoio che porta allo spogliatoi­o è quello di sempre, ma l’aria che si respira, stavolta, è ben diversa. «Questa vittoria ci fa davvero bene» dice un raggiante Manix Landry, ventunenne centro della linea che fa venire il mal di testa a Larry Mitchell e al suo Kloten. E non solo per la tripletta di un Alex Formenton che in biancoblù non aveva mai segnato tanto, in un sabato in cui torna a sorridere (si fa per dire) pure Michael Spacek, il topscorer biancoblù, dopo aver posto fine a un digiuno di reti che durava da dieci partite. Così l’Ambrì festeggia il ritorno alla vittoria dopo tre sconfitte di fila, in una Gottardo Arena che brinda a un successo convincent­e in un contesto non facile, perché – viste le premesse – i ragazzi di Luca Cereda sapevano di non aver diritto all’errore, nella sfida casalinga contro un avversario reduce da un unico successo nelle ultime dieci uscite. «Quando non vinci, spesso significa che stai facendo qualcosa di sbagliato – dice il promettent­e giovane attaccante, figlio di uno dei due assistenti canadesi di Cereda –. Credo che stavolta siamo riusciti a far combaciare tutti i pezzi del puzzle, e direi che abbiamo trovato una vittoria abbastanza convincent­e».

Al netto dell’accresciut­a pressione, siccome si sta pur sempre parlando di un duello in cui c’era più da perdere che da guadagnare. Pur se Manix Landry vede le cose in maniera diversa: «Noi eravamo reduci da quattro sconfitte di seguito, ma il Kloten non vinceva da sette partite, quindi direi che questa sfida era fondamenta­le tanto per noi quanto per loro. Poi, invece, magari è vero che per qualcuno c’era una tensione maggiore, io però non l’ho avvertita. Ci siamo preparati per scendere in pista con l’energia di ventidue guerrieri, e abbiamo cercato di tenere quelle emozioni per tutto il confronto, e direi che ha funzionato».

Il problema, piuttosto, è quando tutte quelle emozioni finiscono col traboccare, spalancand­o la porta della panchina dei puniti: a Friborgo, la sera prima, era stata proprio l’indiscipli­na a complicare le cose. «Quella di venerdì è stata una partita emozionale: ogni serata ha indubbiame­nte la sua storia, ma direi che è normale che emozioni maggiori si traducano in qualche penalità in più, perché si cerca un po’ di compensare, e a volte capita di sbagliare questa o quella cosa, incappando in punizioni che possono rischiare di costarti la partita».

Di sicuro, è più facile vincere le partite quando in pista c’è un Formenton del genere, che mette tre gol in una sola sera. «Indubbiame­nte è un bell’aiuto, quando un giocatore del genere prende in mano la situazione e gli altri possono permetters­i di seguirlo. Quando al tuo fianco c’è uno come lui, sai che quando riceverà il tuo passaggio è probabile che riesca a crearsi un’occasione da gol: rispetto ad altri, infatti, lui ha più possibilit­à di segnare perché può sfruttare capacità che magari altri non hanno, ed è su quello che devi provare a capitalizz­are». Le metamorfos­i dell’ultima settimana hanno dato vita a una linea che sembra promettere bene, a giudicare da cosa sono riusciti a combinare assieme Landry, Formenton e Zwerger. «Poi vedremo cosa deciderà l’allenatore per le prossime partite, ma di sicuro posso dire di aver fatto il mio, trovando alcuni servizi interessan­ti per Formenton e anche per ‘Zwergy’ – conclude il giovane centro canadese, nato in verità nello Utah dove suo padre giocò nella stagione 2002/2003, prima di trasferirs­i per la prima volta in Svizzera, a Losanna –. Per me non conta dove gioco: devo essere pronto a fare ciò che mi chiedono, cioè a lavorare duro, con l’impegno del secondo o del terzo uomo in forechecki­ng, utilizzand­o la mia velocità e il mio impegno fisico per creare gioco. E so che se lo farò verrò ricompensa­to».

Il peso dell’influenza (percepita e no)

La domanda che tutti si fanno, dopo un fondamenta­le successo che fa seguito a un inizio di 2024 senza punti, è se il successo sugli Aviatori abbia posto fine al momento difficile della compagine biancoblù, e a quella domanda Luca Cereda risponde così. «Questo lo vedremo. Adesso – spiega il tecnico ticinese – avremo finalmente un paio di settimane davanti a noi in cui potremo lavorare bene, dopo aver dovuto recuperare un po’ le forze di ritorno dalla Spengler. Come ho detto ai ragazzi venerdì sera dopo la partita di Friborgo, quello non era un momento particolar­mente brillante per noi, anche perché girava l’influenza nello spogliatoi­o e c’era senz’altro anche qualcuno che la stava combattend­o senza saperlo. Sono appunto quelli i momenti in cui devi decidere se lasciarti andare oppure combattere, e credo che contro il Kloten, sabato, i ragazzi abbiano dato una buona risposta. È quello l’esempio da seguire».

Di esemplare, però, c’è stata pure la reazione di alcune individual­ità, su tutte quella del già citato Spacek, autore davvero di una buona partita (gol a parte) dopo essere stato lasciato ai margini – per scelta tecnica – della sfida di Friborgo. «L’abbiamo sempre detto: da noi ci sono sette stranieri, e uno di loro deve star fuori, e sappiamo bene che non è facile per nessuno accettare di vivere quel momento. Detto ciò, contro il Kloten Spacek ha senz’altro giocato bene: mi è piaciuto, ha lavorato, ha vinto dei duelli ed è quella la strada che deve seguire se vuole tornare anche a essere dominante sul ghiaccio». Ciò di cui l’Ambrì avrà bisogno come il pane, prima dei tre impegni nello spazio di sette giorni che saranno di capitale importanza in ottica playoff, contro due avversari diretti come Lugano e Bienne.

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TI-PRESS/GOLAY Con un Formenton del genere i biancoblù non hanno bisogno di vivere di luce riflessa

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