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Canone a 300 franchi, l’Ssm: ‘Rischio smantellam­ento’

Bertossa: ‘La Rsi dovrebbe tagliare tra 150 e 170 posti’

- di Jacopo Scarinci

«Il nostro telegiorna­le è fatto benissimo, ha un grande impianto scenografi­co quasi da cinema: pensate alle luci, a chi deve gestirle, ai cameraman che muovono le telecamere... Nelle case le persone hanno le television­i a 4K, vogliono vedere bene, non con la qualità che offre Skype». È questo uno degli argomenti usati da Paolo Bertossa, co-presidente della sezione della Svizzera italiana del Sindacato svizzero dei media (Ssm), per spiegare alla stampa riunita ieri a Lugano da un lato «la qualità dell’offerta della Rsi», dall’altra tutti i pericoli insiti nella revisione dell’Ordinanza sulla radiotelev­isione presentata dal Consiglio federale lo scorso 8 novembre. Revisione che, nel caso in cui venisse ritirata o bocciata dal popolo l’iniziativa popolare ‘200 franchi bastano’, porterà il canone radiotelev­isivo da 335 a 300 franchi. Circa il 10% in meno.

Un 10% però che, però, è sufficient­e all’Ssm per dire che «la situazione è gravissima». Bertossa, infatti, snocciola i numeri: «A livello nazionale si prevedono 900 esuberi, per quanto riguarda la Rsi le nostre stime parlano di 150/170 posti di lavoro a tempo pieno». Se l’Ufcom parla di un ammanco di 170 milioni di franchi, per la Ssr la situazione «sarà ancora peggiore». Si superano, infatti, i 240 milioni solo parlando del canone, stando all’Ssm. Per questo motivo, Bertossa ribadisce: «35 franchi non sono bruscolini, sono tantissimi soldi». Che, per quanto concerne la Rsi, «hanno un importante effetto moltiplica­tore: 45 milioni di Serafe portano 218 milioni di perequazio­ne in Svizzera italiana, un grande valore aggiunto».

‘In pericolo molti programmi’

E dopo l’excursus sul fatto che il Ticino «è uno dei Cantoni più vecchi, perde ogni anno circa mille giovani e decimare la Rsi significa ingrossare l’esercito dei disoccupat­i perché diventa difficile pensare a un futuro per i giovani», la co-presidente dell’Ssm Sa

brina Ehrismann spiega nel concreto le possibili conseguenz­e: «Con così tanta forza lavoro in meno, la Ssr dovrà ridurre o abolire certi programmi. Quali? Quelli sportivi, i grandi eventi, i programmi religiosi, musicali e culturali. Programmi di attualità e informazio­ne sarebbero riportati Oltre Gottardo, e non è impensabil­e la chiusura di canali radiotelev­isivi». Chiediamo: davvero tutto questo con 35 franchi in meno su 335? «Sì – risponde Bertossa –. La Ssr ha già fatto molti tagli in questi anni, non stiamo sperperand­o. Il vero problema è che la radiotv in generale deve attenersi alla legge, il mandato di servizio pubblico. Se la politica per ragioni comprensib­ili decide di rivedere il servizio pubblico, prima definisca il perimetro che vuole che copriamo: andiamo avanti coi sottotitol­i? Con i traduttori in lingua dei segni? Con l’infinità di servizi che offriamo sul territorio e le collaboraz­ioni con le società private? Con il grande indotto economico che creiamo? Allora servono risorse». A mettere «il cappello politico» è il vicepresid­ente dell’Unione sindacale svizzera Ticino e Moesa

Giangiorgi­o Gargantini: «C’è un datore di lavoro che impiega oltre mille persone e c’è chi vuole indebolirl­o. Non è colpa di chi ha firmato l’iniziativa, ma del comportame­nto folle di chi fa e farà campagna senza dire queste cose e di una maggioranz­a di destra che approfitta dell’iniziativa per assicurars­i almeno parte del risultato».

Quadri (Lega): ‘335 o crolla tutto? Ridicolo’

È così? Giriamo la domanda al consiglier­e nazionale leghista Lorenzo Quadri, che ci risponde combattivo: «L’accusa di smantellar­e il servizio radiotv francament­e è ridicola, sostenere che o il canone resta esattament­e com’è o crolla il servizio pubblico fa ridere». Per Quadri «alla Ssr si rifiutano per motivi ideologici di entrare nell’ordine di idee di una riduzione di un costo che grava sui consumator­i e che a nostro giudizio non è giustifica­to. Il cittadino paga 335 franchi, il canone più caro al mondo, per finanziare un prodotto che usa pochissimo. Poi, non ha più soldi per acquistare cose che gli interesser­ebbero con il sistema pay-on-demand, tipo Netflix. E sostenere che la Ssr non possa al contrario di tutti ridurre i propri costi è ridicolo». La tesi di Quadri è che «la Ssr non si tocca perché fa propaganda contro i sovranisti. Facesse propaganda di destra il canone potrebbe essere anche a zero».

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TI-PRESS Sindacati sulle barricate: ‘35 franchi non sono bruscolini’

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