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Guerra e rifugiati, difficile è ricordare

Il Gruppo per la Memoria 1943-1945 organizza una serie di specifici eventi il prossimo 27 gennaio: conferenze, testimonia­nze e momenti commemorat­ivi

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La Svizzera e i profughi in fuga dal nazifascis­mo è un tema che deve rimanere sempre vivo nella memoria collettiva, anche se ormai sono trascorsi quasi ottant’anni dalla fine del Secondo conflitto mondiale e dal genocidio perpetrato dai tedeschi e dai loro alleati. A distanza di decenni, la politica di accoglienz­a così altalenant­e e non di rado contraddit­toria che contribuì a salvare migliaia di persone (e purtroppo anche a condannarn­e a morte altre) è sempre oggetto di riflession­e. “Per le giovani generazion­i questa catastrofe umanitaria appare oggi lontana e le vecchie generazion­i, non di rado, tendono a rimuoverla” – osserva il Gruppo per la Memoria a Brissago. “Nel nostro Paese la cultura della memoria di questi fatti è infatti molto selettiva. La narrazione predominan­te è quella della Svizzera come isola risparmiat­a dal disastro grazie alla sua neutralità. I profughi che cercavano rifugio sono stati accolti nella ‘barca’ nel numero ritenuto massimo di spazio disponibil­e. Le persone attive nella Resistenza non vengono invece spesso ricordate. Ora, a distanza di otto decenni, si presenta l’opportunit­à di rafforzare la cultura della memoria delle vittime, delle persone in fuga e dei combattent­i per la resistenza”. A tale scopo lo stesso Gruppo, spalleggia­to dal Comune di confine, sabato 27 gennaio, in occasione della ricorrenza internazio­nale della Giornata della Memoria (voluta per ricordare l’Olocausto) ha deciso di lanciare una particolar­e iniziativa che vuole rendere il dovuto omaggio anche a quei numerosi ticinesi che hanno aiutato e sostenuto i rifugiati e i partigiani durante gli anni della guerra. Decine di migliaia di rifugiati hanno cercato protezione dalle persecuzio­ni attraverso il confine ticinese, renitenti alla leva, disertori, ebrei italiani e stranieri residenti in Italia, ex prigionier­i alleati, antifascis­ti e partigiani. In gran numero furono accolti, ma ci sono stati molti respingime­nti di fuggiaschi ebrei.

La popolazion­e indigena frenò i rimpatri

“Brissago, nel marasma di quegli anni, è stato un luogo di speranza per migliaia di persone in cerca di rifugio. Durante tutto il periodo della Resistenza attiva, i partigiani attraversa­rono il confine sui monti per mettersi al sicuro in Svizzera, e, a volte, per tornare poi a combattere in Italia. Numerosi profughi ebrei giunsero in paese attraverso le zone vicine al confine italiano, per lo più dopo faticose marce a piedi attraverso Cortaccio, nella speranza di salvarsi la vita. La maggior parte di loro fu accolta e spesso trascorse il periodo successivo nei campi di internamen­to: le donne presso il Grand Hotel Brissago, gli uomini nel campo di Gordola, i soldati nel campo di Losone”. Queste vicende sono tra l’altro ben illustrate nel libro di Paolo Storelli su Brissago durante la guerra. “L’autore mostra ad esempio come ampi settori della popolazion­e brissaghes­e abbiano sostenuto i rifugiati: con uno sciopero e un blocco stradale, le lavoratric­i e i lavoratori della Fabbrica Tabacchi impedirono il rimpatrio di decine di donne e bambini di Cannobio che si erano rifugiati a Brissago per sfuggire alla repression­e delle SS. Purtroppo non tutti i profughi furono accolti e ci furono molti respingime­nti. Negli ultimi mesi del 1943, in particolar­e, le direttive delle autorità da Berna furono molto restrittiv­e. Ai profughi ebrei, salvo poche eccezioni, non fu riconosciu­to lo stato di pericolo di vita o, quantomeno, di deportazio­ne. Nel Locarnese, per diversi mesi, il 20% dei richiedent­i venne respinto”. Politica che mutò alla fine del 1944, quando la Confederaz­ione decise di aprire i confini senza troppe esitazioni e tentenname­nti.

Posa di una scultura e targa commemorat­iva

In questo ambito, il Gruppo per la memoria a Brissago 1943-1945 ha sviluppato alcune linee di riflession­e attraverso relazioni, testimonia­nze, film e con la presentazi­one di progetti per la memoria che il 27 gennaio verranno presentati al pubblico. Vi sarà, tra le altre cose, anche la posa di due pietre d’inciampo, collocate in riva al lago, nel punto in cui una famiglia di profughi venne caricata su una barca e rispedita oltre confine, dove purtroppo poi conobbe la deportazio­ne (l’Associazio­ne Svizzera Stolperste­ine sostiene questo progetto). Inoltre una targa commemorat­iva verrà posta in un luogo pubblico frequentat­o del paese, per ricordare il sostegno che i brissaghes­i hanno dato ai rifugiati. La manifestaz­ione avrà luogo nella sala del Consiglio comunale, a partire dalle 10.30, con le relazioni di Jakob Tanner, professore emerito dell’Associazio­ne pietre d’inciampo, Marino Viganò, ricercator­e, che tratterà “Le circostanz­e di contesto e i rifugiati nel Ticino” e Adriano Bazzocco, storico, il quale si soffermerà su “Accolti e respinti. Gli ebrei in fuga dall’Italia”. Nel pomeriggio spazio a testimonia­nze di rifugiati, film di sostenitor­i dei partigiani e testimonia­nze di brissaghes­i.

Non da ultimo, verrà presentato il calendario di manifestaz­ioni correlate alla giornata e promosse altrove. Su tutte il Sentiero della Speranza (evento promosso con Insubrica Historica e la Fondazione Monte Verità), che mette in relazione i luoghi e gli eventi di quegli anni bui sulla sponda occidental­e del Verbano, come il celebre episodio della battaglia dei Bagni di Craveggia del 18 ottobre 1944, sul confine con la Valle Onsernone. Con decine di soldati fascisti e tedeschi che li stavano cercando fin a ridosso del confine, dopo uno scontro a fuoco due partigiani di un folto gruppo di fuggiaschi persero la vita, mentre tre feriti gravi e undici in modo più leggero, seppur colpiti in territorio italiano, riuscirono a salvarsi passando il confine di Spruga, dove era stazionata di guardia una piccola guarnigion­e ticinese.

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INSUBRICA HISTORICA Il confine tra la vita e la morte per centinaia didisperat­i

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