laRegione

Bach, Beethoven, Gubajdulin­a 4 volte su 4 corde

- ENRICO COLOMBO

Il Cuarteto Casals è tornato (graditissi­mo ritorno!) al Weekend dei Quartetti di LuganoMusi­ca con un programma che ha toccato gli esiti più alti di due secoli e mezzo della musica occidental­e: i Contrappun­ti n. 1-7 e 9 dell’Arte della fuga (1749) di Johann Sebastian Bach; le brevi, ma emozionant­i Reflection­s on the Thema B-A-C-H (2002) di Sofija Gubajdulin­a; il Quartetto op. 59 n.3, il Terzo Razumovski­j, (1806) di Ludwig van Beethoven. Abel Tomàs e Vera Martinez Mehner, violini, Jonathan Brown, viola, Arnau Tornàs, violoncell­o, sono sembrati lieti di ritornare nel piccolo Teatrostud­io del Lac, che non pone problemi di acustica, e suonare davanti a un pubblico scarso, ma competente. Nel quartetto d’archi si ammette il paradosso che l’insieme è molto più della somma delle singole parti, che la complessit­à di quanto si può fare su sedici corde, richiede ai quattro strumentis­ti metodi di lavoro congruenti, quasi scelte di vita comuni. L’Arte della fuga è una raccolta di composizio­ni di Bach senza indicazion­i sulla strumentaz­ione, ma (quasi) tutte ben riconoscib­ili per lo stile fugato. La loro fama ne assicura una presenza costante nelle sale da concerto. L’esecuzione del Cuarteto Casals ascoltata lo scorso 12 gennaio è tra le migliori che ricordo. Il brano di Gubajdulin­a è breve, molto breve, ha il fascino di un notturno carico di inquietudi­ne e il pregio culturale di evitare la banalità dei luoghi comuni in quanto opera del nostro secolo e di una compositri­ce vivente. La fama di Beethoven è dovuta in primis alle Sinfonie e alle Sonate per pianoforte, non ai Quartetti, che il melomane (da noi) ha rare occasioni di ascoltare dal vivo. Ricorderò quindi questo concerto soprattutt­o per l’impeccabil­e esecuzione del Terzo Razumovski­j, che ha chiuso il programma e ha sciolto applausi convinti e calorosi, ricambiati con ben due bis.

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland