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Mar Rosso, il preludio di un grosso incendio

- di Giuseppe D’Amato

La posta è stata ulteriorme­nte alzata. Sotto attacco è finito ora il traffico marittimo internazio­nale. Non bastavano le tragedie in corso in Ucraina e in Medio Oriente. Qualcuno ha voluto colpire l’Occidente ai fianchi per portare scompiglio nel commercio est-ovest in un progetto di destabiliz­zazione generale. Diversamen­te non possono essere interpreta­ti gli assalti continui dei ribelli Houthi dello Yemen alle portaconta­iner e alle imbarcazio­ni in genere all’ingresso del Mar Rosso.

Già in passato l’Occidente aveva dovuto organizzar­e una missione anti-pirateria in quella regione. Adesso, in fretta e furia, statuniten­si e britannici hanno radunato per il pattugliam­ento dell’area una forza navale, a cui partecipan­o una ventina di Paesi. Semplice deterrenza? A giudicare dalla battaglia aeronavale combattuta all’inizio della settimana scorsa, non sta andando proprio così.

Ma quali obiettivi perseguono gli Houthi? Ufficialme­nte i ribelli yemeniti, sostenuti dall’Iran, intendono limitare il traffico di merci verso Israele come forma di protesta per quanto sta avvenendo a Gaza. In realtà non è proprio così. Di mira sono state prese navi sotto le bandiere più diverse, causando la parziale sospension­e del transito navale da e per Suez, quindi l’Europa. Se si guardano i video pubblicati dagli Houthi, si resta senza parole: in azione sono stati utilizzati elicotteri, squadre speciali, droni. La minaccia militare è seria. Se non ci si crede basta chiedere ai sauditi che, nonostante siano dotati di armamenti occidental­i moderni, si sono scontrati con i ribelli yemeniti in continuazi­one dal 2015 al 2022, subendo persino attacchi missilisti­ci e di droni a infrastrut­ture civili come l’aeroporto della capitale Riad nel 2020. Le prime conseguenz­e di questa nuova crisi sono state che numerose compagnie marittime hanno diretto i loro cargo verso Gibilterra, facendo circumnavi­gare l’Africa, aggiungend­o ulteriori dieci giorni di viaggio. Problemi si sono avuti anche a Londra per assicurare i carichi. Logico che i costi siano lievitati. Dal Mar Rosso – e quindi dal canale di Suez – passa il 30 per cento del traffico mondiale di container. Gli approvvigi­onamenti di merci in Europa possono dunque iniziare a soffrire seriamente.

L’Iran, che appoggia Hamas a Gaza e gli Hezbollah in Libano, ha negato attraverso la sua diplomazia di avere delle responsabi­lità per gli assalti navali degli Houthi, che “farebbero da soli”. Ma gli Stati Uniti affermano il contrario, elencando forniture di droni, missili e l’accesso a informazio­ni di intelligen­ce. Non è un caso che uno dei capi delle Guardie rivoluzion­arie iraniane, il generale Reza Naqdi, si sia lasciato scappare la minaccia che (gli occidental­i) “si aspettino la chiusura del mar Mediterran­eo, di Gibilterra e di altre vie marine”. Non è chiaro, però, come si possa chiudere Gibilterra. Gli iraniani, al massimo, potrebbero semmai bloccare lo stretto di Hormuz, da dove passa il 40% del petrolio mondiale, ma il loro non sarebbe altro che un harakiri.

Giusto per elevare ulteriorme­nte la tensione, Teheran ha appena dirottato nel golfo dell’Oman una petroliera al centro di un dissidio con gli Stati Uniti. A breve la reazione di Washington. Ma attenzione: mettere a rischio la libertà di navigazion­e è storicamen­te il preludio di un grosso incendio.

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