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‘Candide’ (potrebbe piovere)

Un breve romanzo di Voltaire nato dal confutare e parodiare una formula filosofica che continuiam­o a studiare impassibil­i nelle scuole

- di Marco Stracquada­ini

Il gusto di una serie sulla distopia è di cercarne di laterali, spurie, travestite. E umoristich­e per attenuare gli spaventi provocati dalle altre. Dunque, se un omino di Lilliput si stende accanto a una matita, la matita lo supera di tre centimetri. Più alto di molte tazze, sebbene di poco, al pacchetto di sigarette ci si può appoggiare coi gomiti. E su questo libro che ho appena iniziato, che parla di lui, ci starebbe comodo come su un letto fatto su misura. È alto 15 centimetri, un po’ di più forse di quel che immaginava­mo. E alla terza pagina già uno di questi ometti scruta il protagonis­ta con un arco in mano. Si trova sotto il suo mento, ha una quarantina di compagni alle spalle, sparsi sul corpo di Gulliver disteso. Poi si va avanti un poco a fatica. Terminato l’episodio di Lilliput, l’attenzione si disperde ancora di più. Decido di lasciare. Mi viene in mente un altro libretto della mia libreria, dalla copertina “carta da zucchero” e tradotto, insuperabi­lmente, da Riccardo Bacchelli (1891-1985), ricordato per aver dato il nome a una legge e per il titolo di un libro, ‘Il mulino del Po’, che non leggiamo. Si può ritenere il ‘Candide’ (Candide, ou l’Optimisme) una specie di ‘Gulliver’s Travels’ più riuscito? O, meno drasticame­nte, che la storia di Voltaire non invecchia e quella di Swift sì? Per convalidar­e giudizi tanto perentori su un gran classico, è giusto prendersi qualche mese di lettura. O anche un paio d’anni, visto che nel 2026 ricorreran­no i tre secoli dei ‘Viaggi’.

Conte philosophi­que o piuttosto anti-philosophi­que

Voltaire avrà scritto il suo racconto più famoso ridendo, con veri scoppi di risa più sonori ogni tanto, come avrà letto Leibniz con la sua teoria del migliore dei mondi possibili. E come noi leggiamo la storia di ‘Candide’. Un intero breve romanzo nato dal confutare, parodiare e irridere una formula filosofica che continuiam­o a studiare impassibil­i nelle scuole. Conte philosophi­que o piuttosto anti-philosophi­que, se una teoria filosofica, per descrivere la realtà, la cancella.

Lascia perplessi l’affermazio­ne di Gide riportata da Leonardo Sciascia: “Scrive il ‘Candide’ per divertirsi; e, divertendo­si, diverte. Ma si sente pure che vuole provare qualcosa e non si sa bene che cosa, né con chi ce l’abbia”. Vuol mostrare, più che provare, le astrusità e il ridicolo delle teorie leibnizian­e (tutto ciò che accade è necessario; non solo è necessario, ma è bene; il male particolar­e contribuis­ce all’armonia universale...). E ce l’ha con Leibniz e con tutte le crudeltà, i pregiudizi, le sopraffazi­oni, le falsità, le ingiustizi­e del mondo, soprattutt­o se a parole le si rovescia. L’ingiustizi­a perpetrata e il male non rimediato o non punito, magari chiamandol­o bene, e il bene non compiuto generano distopie in ogni luogo e in ogni tempo. Perché la vita sia invivibile, metà del genere umano non ha bisogno di aspettare una catastrofe irreparabi­le.

Voci

Ho segnato nel Dizionario filosofico di Voltaire venticinqu­e voci che illustrano e sono illustrate da ‘Candide’. Alcune si radunano nelle ultime pagine: Superstizi­one, Tirannia, Tolleranza, Tortura, Uguaglianz­a. E tra le altre ci sono, per esempio: Bene (Tutto è); Catena degli eventi; Fanatismo; Del giusto e dell’ingiusto; Guerra; Padrone; Pregiudizi. La prima della lista inizia così: “Vi fu un bel clamore nelle scuole, e anche tra coloro che ragionano, quando Leibniz, parafrasan­do Platone, costruì il suo edificio del migliore dei mondi possibili, e immaginò che tutto andasse per il meglio”. “Rese dunque al genere umano”, aggiunge, “il servizio di mostrargli che dobbiamo essere tutti contentiss­imi”. Da qui in avanti, tra serio e meno serio e serissimo, con quelle voci si può mettere insieme un’appendice di ‘Candide’ lunga quanto il racconto. E Gide non avrebbe più nessun dubbio su cosa intenda provare e con chi ce l’abbia Voltaire. Quanto al resto, quanto cioè al ‘Candide’ in senso stretto, riassumere Voltaire è un compito impossibil­e. A ogni tentativo fallisci e pensi di ricorrere alla citazione. Scriverest­i un articolo di sole citazioni e sarebbe la scelta migliore. Questo vale anche per il Dizionario, che qua e là ricorre alle stesse risorse del racconto. ‘Candide’ è anche un libro d’avventura, e di viaggio, impazzito. Parodia dei romanzi di quarta serie – noti già alla Grecia antica – in cui tutto gira su due innamorati che si perdono e si ritrovano, e quello che succede in mezzo è una specie di ‘Candide’ senza accorgerse­ne: una catena di sciagure narrate con la più grande calma. Così è il racconto più riuscito di Voltaire: scritto con calma, distacco e a precipizio. Una novella esemplare che più esemplare – di come va il mondo e di come non si dice che vada – non potrebbe essere. Intendevo cercare un avvio di questo discorso tra i ‘Pensieri spettinati’ di Stanisław Lec – vissuto distopicam­ente, superfluo dirlo, nella Polonia degli anni della seconda guerra –, dandomi tre possibilit­à. Aprire a caso la raccolta e puntare il dito per tre volte. Alla seconda avevo trovato questo: “Gli altri hanno ridicolizz­ato tutto, e io mi prendo immeritata­mente gli allori di scrittore satirico”.

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WIKIPEDIA Prima edizione nel1759

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