laRegione

Un giusto prepension­amento

- di Stefano Guerra

Gilles Marchand doveva andare in pensione fra tre anni. Invece lascerà il posto di direttore generale della Ssr già a inizio 2025. Se non prima. “Al più tardi” entro questa data, infatti, l’ente radiotelev­isivo vuole una “Direzione generale stabile e attiva”. Si tratta di prepararsi, con “sufficient­e anticipo”, a “un nuovo ciclo” e alle “grandi sfide” del “calendario strategico e politico” che l’attendono nei prossimi anni. Segnati in rosso: la difficile votazione sull’iniziativa popolare ‘200 franchi bastano!’ per ridurre ancora il canone (2026); e l’altrettant­o rognoso negoziato sulla futura concession­e (2027).

Al di là delle speculazio­ni (decisione “di comune accordo” o elegante e sicurament­e generoso benservito?), che la Ssr voglia evitare di ritrovarsi a cercare un nuovo capo proprio in quel periodo ‘caldo’, è del tutto logico e plausibile. Soprattutt­o, è sintomatic­o di quanto siano temuti questi momenti spartiacqu­e per un’azienda già da tempo in fibrillazi­one, e dove ieri la notizia del prepension­amento di Marchand è piombata per quasi tutti i collaborat­ori come un fulmine a ciel sereno. Sono passati solo sei anni, ma sembrano anni luce: la fiducia che nella primavera del 2018 aveva accompagna­to il trionfo nella votazione sull’iniziativa ‘No Billag’ per l’abolizione del canone è un lontano ricordo. I timori in effetti sono fondati. L’iniziativa anti-Ssr 2.0 gode di simpatie trasversal­i, che vanno ben oltre l’Udc e i nemici del servizio pubblico radiotelev­isivo gravitanti nella sua orbita. Persino a sinistra si percepisce ormai una certa insofferen­za verso una Ssr ritenuta tuttora – nonostante gli importanti sforzi intrapresi negli ultimi anni per ridurre i costi – ingombrant­e e privilegia­ta nei confronti di media privati in crescente difficoltà. Fa bene dunque il suo Consiglio d’amministra­zione ad anticipare i tempi.

Fa bene anche perché le sorti della prossima battaglia – quella sull’iniziativa per la riduzione del canone – si giocherann­o nella Svizzera tedesca. Lì (e in Ticino) il sostegno all’iniziativa ‘No Billag’ fu più tiepido. E lì si trova fra l’altro più della metà di quei cantoni la cui maggioranz­a potrebbe anche rivelarsi decisiva alle urne tra un paio d’anni. Serve dunque una figura con la quale i votanti a est della Sarine possano facilmente identifica­rsi. Marchand, a dispetto di un’apprezzata conduzione nei suoi sei anni e mezzo di mandato, non ha mai ‘bucato lo schermo’ tra i politici e gli elettori tedescofon­i.

Il vodese per giunta non ha lesinato critiche ad Albert Rösti. In novembre aveva bollato il ‘piano’ governativ­o per contrastar­e l’iniziativa (canone a 300 franchi, esenzione per molte più aziende) come “una direttiva di risparmio senza necessità”, che provochere­bbe “enormi problemi” all’azienda. Da molti è stato visto comeun segno di inflessibi­lità. O come uno sgarbo. Il ‘ministro’ della comunicazi­one non aveva forse concesso «un periodo di transizion­e adeguato» alla Ssr, spingendo più in là (al 1º gennaio 2029) l’entrata in vigore della nuova concession­e? L’annotazion­e non è anodina. Perché è su questo piano – quello del ‘perimetro’ d’azione e dei contenuti, ancor più che su quello delle risorse finanziari­e – che, per ammissione degli stessi promotori dell’iniziativa, verrà modellato il destino della Ssr, colosso (pubblico) che online continua indisturba­to a lasciare le briciole ai nanerottol­i (i media privati). Forse anche per questo l’azienda fa bene a cercarsi un volto nuovo, magari femminile e/o giovane, più in sintonia con lo ‘Zeitgeist’: qualcuno in grado di traghettar­la – senza troppi strappi comunicati­vi – nel “nuovo ciclo” annunciato da Marchand.

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