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Claudia Quadri

- Articolo di Keri Gonzato; fotografia © Sébastien Agnetti

Claudia Quadri, 1965, Lugano. Giornalist­a culturale RSI fino al 2020, ora indipenden­te. Ha scritto cinque romanzi, pubblicati da Edizioni Casagrande, Bellinzona. ‘Lupe’; ‘Lacrima’; ‘Come antiche astronavi’; ‘Suona, Nora Blume’ ha vinto il Premio svizzero di letteratur­a nel 2015. Alcuni sono stati tradotti in tedesco, francese e spagnolo. Nel 2022 ha pubblicato il romanzo ‘Infanzia e bestiario’ di cui è in corso la traduzione in romancio. Nel 2024 il suo primo documentar­io ‘Elsa Barberis, una pioniera dimenticat­a’ è selezionat­o alle Giornate cinematogr­afiche di Soletta che si tengono in questi giorni; dal 17 al 24 gennaio.

Intervista­re Claudia Quadri è come entrare in un Cabinet

des curiosités che respira. Ogni domanda porta a scoprire un angolo, ampio, profondo e ricco del suo mondo. Questa vita interiore traboccant­e ha trovato spazio nei cinque romanzi che ha scritto, il più recente è ‘Infanzia e bestiario’ (Casagrande, 2022), nell’operato giornalist­ico prima alla radio e poi alla television­e con Cult+ e più recentemen­te nel documentar­io ‘Elsa Barberis, una pioniera dimenticat­a’. Sono curiosa di sapere se, attraverso le sue opere, sia riuscita a dipanare qualche filo della matassa esistenzia­le… “Il mistero sconfinato della vita resta sconfinato, anche perché noi stessi ci portiamo dentro un mistero con la M maiuscola: ossia come si forma la coscienza, di cosa parliamo quando diciamo ‘io’ e che ruolo gioca il nostro cervello nella nostra percezione delle cose e nella loro interpreta­zione. In attesa che le scienze cognitive trovino la spiegazion­e, molto più sempliceme­nte per me una giornata non è ‘riuscita’ se non ho imparato qualcosa di nuovo e questo succede in molti modi, non solo attraverso la scrittura e la lettura”.

Strumento essenziale

Per Claudia Quadri la scrittura rappresent­a uno strumento importante che le permette di uscire dal flusso ininterrot­to, e spesso disordinat­o, di azioni e di pensieri. Quando scrive trova la calma. “E poi c’è il piacere e la sorpresa di dare forma con le parole a qualcosa che prima non c’era”, condivide, “per spiegarvi in che fasi mi trovavo quando ho scritto i diversi libri, avrei bisogno di paginate. Non sono sintetica. Non per niente scrivo romanzi e non haiku”. Lo scorso anno il desiderio di raccontare l’ha portata ad esplorare il linguaggio documentar­istico. È stata ispirata dalla stilista ticinese Elsa Barberis, una donna avanti rispetto ai suoi tempi, coraggiosa e irriverent­e, alla quale ha dedicato un documentar­io. ‘Elsa Barberis, una pioniera dimenticat­a’, prodotto da FiumiFilm, coprodotto da RSI, e completato nel 2023, che questo fine settimana sarà sugli schermi alle Giornate cinematogr­afiche di Soletta. “I miei progetti maturano, in genere, piuttosto lentamente. Mi fanno pensare a frutti timidi o introversi, che crescono all’ombra, e se cerchi di metterli a fuoco troppo presto entrano in pausa vegetativa. Ma sono abituata e non soffro di FOMO (fear of missing out). Insomma sono lenta. Però ci sono eccezioni”, racconta illuminand­o un altro angolo del suo Cabinet interiore, “come quando ho scoperto Elsa Barberis, creatrice di moda ticinese, molto famosa almeno fino agli anni Settanta, poi dimenticat­a. I suoi abiti nascevano per la donna moderna, che stava prendendo forma in quegli anni. La sua è una storia di talento, di molto lavoro, di passioni, di libertà, di successo e poi anche di tristezza e di oblio. Molto umana, insomma. Elsa era davvero una persona fuori dal comune, che mi ha colpita per la sua vitalità e la sua audacia e credo che possa ispirare le giovani generazion­i, e non solo (io ne sono stata molto ispirata)”. A lei da qualche anno sta dedicando un progetto multimedia­le, con diversi partner. Tra questi è nata una sinergia con la STA di Lugano – Scuola superiore specializz­ata di abbigliame­nto e design della moda –, dove nell’ambito del Progetto Barberis sono stati rifatti alcuni capi originali di Elsa, ma è stata anche creata una collezione ispirata al suo stile. Con lo CSIA – Centro scolastico per le industrie artistiche – è stata riprodotta una serie di tessuti che Elsa ha usato per i suoi modelli. “Esperienze gratifican­ti. Queste scuole hanno mostrato molto interesse per Elsa e ci hanno accolte con creatività e generosità”. Oggi torna a Soletta dove, nel 2015, con il libro ‘Suona, Nora Blume’ (Edizioni Casagrande) ha ricevuto il Premio svizzero di letteratur­a. Un’esperienza personale molto forte… “Ogni libro significa molte ore di lavoro solitario, che spesso si svolge in montagna; di colpo passare dall’atmosfera raccolta e quasi eremitica della cascina all’ambiente di una manifestaz­ione così prestigios­a è un capovolgim­ento.

C’è gratificaz­ione, riconoscen­za, ma anche sorpresa e tremarella. Poi forse da fuori non si vede. Il lavoro in television­e mi ha insegnato a gestire la ‘fifa’ quando si accendono i riflettori”. In radio si è occupata di ambiente e società, in television­e di cultura. “Mi piacevano i temi legati all’ambiente, negli anni 80 e 90 se ne parlava relativame­nte poco. E poi tante tematiche sociali. Negli anni 90 per esempio mi sono occupata di spazi per i giovani e di autogestio­ne, della mancanza di luoghi… A distanza di trent’anni a Lugano si parla ancora di questi argomenti”, riflette, “non so se ci fosse più libertà espressiva allora, ma ricordo come qualcosa di veramente speciale l’inizio di Rete 3. C’era un grande flusso di creatività, era un bel periodo”.

In television­e e alla radio

Quando si è spostata alla television­e ha continuato a collaborar­e con Rete 2, ama le voci senza corporeità della radio. “In television­e mi piaceva la ricerca dell’equilibrio tra le immagini (che tendono a ‘mangiarsi’ tutta l’attenzione) e le parole. Mi ricordo con piacere diversi magazine culturali. Andare in giro con l’edicola viaggiante di Millefogli (con Enrico Lombardi e Lucia Vasini) per parlare di libri era bello”. A Cult+ ha presentato soprattutt­o giovani artisti locali o del resto della Svizzera. “In società sono abbastanza una frana, ma mi è sempre piaciuto parlare a tu per tu con le persone. E l’intervista è una forma di comunicazi­one molto speciale, perché ti permette di fare domande molto dirette, anche molto personali a persone sconosciut­e. Immagino che sia un modo per guardare al mondo da tante angolazion­i diverse”.

L’aria ha un buon odore

Nel suo quotidiano Claudia Quadri osserva e assapora la vita attraverso piccoli viaggi a due passi da casa. Cammina con il suo cane, come racconta in ‘Infanzia e bestiario’. “Più che andare lontano, tendo a tornare molte volte in luoghi che già conosco; è come ‘ripassarli’, è come perfeziona­re i percorsi, le osservazio­ni, una specie di ‘cerimonia del tè’ in movimento”. Della Svizzera italiana le piacciono le valli, certi angoli della Capriasca, i fiumi… “I faggi prima di arrivare in cima al San Salvatore. I portici di notte. Locarno d’inverno. Le peonie di un certo giardino a Besso. La Madonna della neve, sopra Bellinzona. Mi piacciono certi edifici, il Museo d’arte di Mendrisio, per esempio. Andare in battello fino a Gandria e tornare a piedi, ma ‘fuori stagione’. Il lago di Lugano e il lungolago che ho percorso migliaia di volte a piedi”. In montagna ci va perché, quando esce dalla cascina di notte, il cielo pieno di stelle è uno spettacolo. “Perché l’aria ha un buon odore e sento il torrente anche da sotto il piumone. Per condivider­e con la famiglia una vita domestica molto semplice. Ci vado per fare passeggiat­e, non molto lunghe. E poi viaggio tanto attraverso le letture”.

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“Viaggio tanto attraverso le letture”
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foto tratta dal documentar­io Elsa Barberis,

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