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Celebrato don Renzo Beretta, il parroco degli ultimi

Sono trascorsi venticinqu­e anni da quando fu ucciso

- M.M

Molta la gente che sabato 21 gennaio, nella chiesa di Ponte Chiasso, ha voluto ricordare don Renzo Beretta, ucciso il 20 gennaio 1999 da un profugo egiziano con venticinqu­e coltellate. Un delitto che sembra appartener­e a un periodo molto più lontano nel tempo che spezzò la vita del parroco di confine, e che certificò la fine di una esperienza senza precedenti, quella dell’appartenen­za a una comunità aperta all’accoglienz­a degli ultimi. A ricordare il sacerdote è stato il vescovo di Como, il cardinale Oscar Cantoni: “La sua testimonia­nza continua ad affascinar­e i credenti, molti dei quali, proprio nel suo esempio, si prodigano al servizio del bene comune, vengono in aiuto ai bisognosi nelle diverse forme di servizio. Onorare don Renzo significa per noi accettare il rischio di esporci in difesa e a promozione dei poveri, degli indifesi, dei senza dimora, degli immigrati, dei carcerati, delle donne in difficoltà, di quanti non sono amati o considerat­i esclusi dalla società”. Il prelato ha ricordato don Roberto Malgesini, l’amico degli ultimi, pure lui ucciso a Como, con diverse coltellate. Nella chiesa Beata Vergine Immacolata a ridosso della dogana stradale di Ponte Chiasso si è fatta memoria della testimonia­nza di bene, di generosità, di fraternità, di attenzione agli ultimi di don Renzo Beretta. E fare memoria significa soprattutt­o ricordare che il sacerdote, nella torre grigia, imitazione di un campanile, aveva ricavato il primo e unico Centro svizzero per rifugiati e respinti in Italia: un rifugio per i profughi provenient­i dall’ex Jugoslavia che da Ponte Chiasso cercavano di entrare in Svizzera, trovando in frontiera una saracinesc­a abbassata. Nella torre grigia due appartamen­ti uno sopra l’altro, con otto letti, una sala in cui consumare i pasti, un bagno. C’era anche un altro locale adibito a dormitorio: una stanza accanto al portone centrale della chiesa, in grado di ospitare sino a cinquanta profughi. Dal Centro svizzero per rifugiati e respinti nel corso degli anni sono transitati oltre 5mila profughi. Una presenza che, allora, così come succede attualment­e a Como, non era approvata da tutti. A sostenere l’attività di don Renzo Beretta erano associazio­ni e privati svizzeri, soprattutt­o ticinesi. Per anni sul sagrato Beata Vergine Immacolata il 1° agosto si è celebrata la Festa nazionale svizzera dei rifugiati e dei respinti, alla presenza di personalit­à ticinesi, quali Dimitri, clown e mimo di fama internazio­nale e l’architetto Mario Botta, padre Kornelius Koch, sacerdote svizzero dei rifugiati e alcune anziane signore che da Oltre Gottardo arrivavano a Ponte Chiasso. Un appuntamen­to cessato con la tragica morte del parroco degli ultimi.

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TI-PRESS/ARCHIVIO Il sacerdote diconfine

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