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Più poveri senza i ricchi Una riforma tributaria necessaria per la crescita economica e sociale del Cantone

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Da oltre trent’anni il dibattito politico in Ticino è bloccato sulla questione fiscale, condiziona­to da una contrappos­izione ideologica priva di uno sguardo sul futuro e sulle nuove necessità indotte dall’evoluzione della società. Sul Cantone pesa ancora la cappa di una visione dottrinari­a che vede nel fisco solo un’arma per espropriar­e la ricchezza e intimidire chi la produce. Manca la consapevol­ezza, la convinzion­e condivisa, che la fiscalità può essere, invece, una leva decisiva per la crescita economica e sociale.

In un contesto simile era inevitabil­e che la riforma tributaria, votata dal Gran Consiglio lo scorso dicembre, andasse a scontrarsi col referendum promosso dalla sinistra. Senza questa revisione non solo si pagheranno più imposte con l’aumento del coefficien­te cantonale che ritorna dall’attuale 97% al 100%, ma non si correggera­nno neanche le vistose distorsion­i che penalizzan­o le donazioni e le succession­i (in particolar­i quelle aziendali), il prelievo del capitale previdenzi­ale e i redditi più elevati soggetti ad un’imposizion­e tale da spingere il Ticino in fondo alla classifica nazionale della concorrenz­ialità fiscale.

Intanto, gli altri Cantoni, compresi quelli dove sono ben presenti le forze di sinistra, fanno di tutto per attirare sul loro territorio con aliquote molto vantaggios­e i contribuen­ti più facoltosi. Basterebbe un minimo di ragionevol­ezza e di pragmatism­o per capire, anche da noi, che, se non ci fossero le persone benestanti saremmo tutti più poveri e pagheremmo tasse più alte.

Le ragioni della riforma

Il principale obiettivo della riforma è di modernizza­re il nostro sistema tributario, il cui impianto normativo risale a mezzo secolo fa, per adeguarlo alle trasformaz­ioni economiche e sociali che hanno cambiato il volto del Paese. Rettifican­do alcune disposizio­ni che rappresent­ano un ingiustifi­cato svantaggio per i contribuen­ti, si vuole rendere più attrattivo e concorrenz­iale il Ticino per chi vorrebbe risiedere o investire nel Cantone, incrementa­ndo così le entrate fiscali e la creazione anche di nuovi posti di lavoro.

La revisione tributaria si articola in quattro punti:

• aumento della deduzione forfettari­a per le spese profession­ali per chi esercita un’attività lucrativa dipendente, favorendo quindi tutte le categorie attive;

• riforma delle imposte sulle succession­i e le donazioni per adeguarle ai cambiament­i sociodemog­rafici (aumento della speranza di vita, nuove relazioni coniugali e di partenaria­to registrato, ecc.), ma che avrà ripercussi­oni positive anche per le succession­i aziendali con persone che non fanno parte della cerchia familiare dei titolari dell’impresa. Si tratta di una modifica molto importante, considerat­o che ogni anno centinaia di aziende rischiano di scomparire per mancanza di eredi. Difatti, con le disposizio­ni in vigore il passaggio aziendale ad eventuali subentrant­i al di fuori della famiglia è scoraggiat­o da un’imposizion­e molto pesante;

• riduzione dell’imposizion­e sui capitali previdenzi­ali oggi penalizzan­te per chi dispone di un capitale medio o medio-alto. In Ticino con la tassazione del prelievo del II Pilastro non ci si discosta dall’esosità dell’imposta sul reddito. Sino a mezzo milione di franchi di capitale il Cantone è concorrenz­iale rispetto alla media nazionale, ma oltre questa soglia si scivola nell’ultima posizione della graduatori­a intercanto­nale. La conseguenz­a è che molti contribuen­ti scelgono di trasferire il proprio domicilio fiscale altrove, nei Grigioni, a Uri o a Svitto, ad esempio, quando si avvicina il momento di prelevare il capitale previdenzi­ale;

• riduzione a tappe dell’aliquota massima dell’imposta sul reddito, una modifica che si attende da decenni. Un’aliquota tanto onerosa da inchiodare il Ticino negli ultimi posti del confronto intercanto­nale e spingere verso altri lidi un numero consistent­e di forti contribuen­ti. È questo il punto più contestato dalla sinistra, ma non solo, e su cui si farà leva per il referendum, visto che i beneficiar­i di questa particolar­e modifica saranno i redditi più elevati.

La riforma, dopo i correttivi apportati dal Parlamento, prevede: la diminuzion­e dal 15 al 12%, da qui al 2030 (anziché nel 2025) dell’aliquota per i redditi più alti e la riduzione lineare dell’1,66% dell’aliquota d’imposta per tutti contribuen­ti, come compensazi­one dell’aumento del 3% del coefficien­te cantonale d’imposta che da gennaio ritorna al 100%.

Senza questa compensazi­one ci sarebbe un aggravio fiscale per i cittadini di 45 milioni di franchi

Necessitia­mo di redditi e patrimoni elevati

Sfortunata­mente il dibattito sulla riforma tributaria si è accavallat­o a quello sul Preventivo 2024 con la manovra da 134 milioni di risparmi sull’arco di un anno che, inevitabil­mente, ha contribuit­o ad inasprire il confronto politico anche sulla fiscalità. “Regali ai ricchi, mentre si risparmia sulle spalle dei poveri” sarà questo il leit-motiv della campagna referendar­ia. Slogan certamente ad alto impatto emotivo, ma smentito dalla realtà dei fatti e che non tiene conto del sistema fiscale nella sua globalità.

Senza questa compensazi­one ci sarebbe un aggravio fiscale per i cittadini di 45 milioni di franchi

Innanzitut­to, va sgomberato il campo da un falso storico secondo cui da noi col fisco si vogliono premiare sempre e solo i più ricchi. Se si guarda al raffronto con gli altri Cantoni si nota che il Ticino è nelle prime posizioni per l’imposizion­e leggera dei redditi bassi e medio bassi, a metà classifica per i redditi medi, mentre si va con la mano pesante nella tassazione dei redditi alti. Dunque, abbiamo una fiscalità molto sociale, con una scala di aliquote finalizzat­a alla redistribu­zione dei redditi. Questo approccio sociale, qui non contestato, porta a esentare dalle imposte molte cittadini e molti cittadini (26,6%), mentre il solo 2,6% dei contribuen­ti con un imponibile superiore ai 200mila franchi garantisce ben il 35,7% del gettito fiscale cantonale. Se oggi possiamo vantare un sistema sociale tra i migliori in Svizzera è grazie soprattutt­o ad una ancora più minuscola quota, lo 0,5%, di contribuen­ti, (un migliaio di persone con un reddito di oltre 500mila franchi), che assicura il 20% delle imposte sul reddito con aliquote che superano il 40%.

Si possono caricare i ricchi, ma, come insegnano gli esempi norvegesi e california­ni, non si possono oltrepassa­re certi limiti. Non solo per questioni di opportunit­à ma anche di equità, principio quest’ultimo che in uno Stato di diritto vale anche per chi ha molti mezzi finanziari, non solo per chi è in difficoltà. Del resto, il Consiglio di Stato ha rilevato come, fra il 2016 e il 2022, ben 395 grandi contribuen­ti, con redditi o sostanze imponibili da oltre 500mila a 5 milioni di franchi, abbiano trasferito il loro domicilio fiscale fuori dal Ticino. Nello stesso arco di tempo ne sono arrivati 190. Un saldo negativo di 205 soggetti, per loro natura molto mobili, che ha provocato una perdita di gettito fiscale pari a 10 milioni di franchi all’anno. Movimenti che dovrebbero far squillare qualche campanello d’allarme.

Non è con un fisco sanzionato­rio che si favorisce la crescita economica e che si garantisco­no le risorse necessarie per una socialità attenta e sollecita verso i ceti meno abbienti. Tutt’altro. Con la riforma tributaria si vuole soltanto adeguare l’imposizion­e sugli alti redditi a quella di quasi tutti gli altri Cantoni. Nulla di sconvolgen­te, un passo avanti solo per riavvicina­rsi alla media nazionale e recuperare la concorrenz­ialità e l’attrattivi­tà fiscale che abbiamo perso, invertendo una tendenza che potrebbe pregiudica­re lo sviluppo futuro. Per favorire la crescita economica e sociale, oltre che di aziende ad alto valore aggiunto, abbiamo anche bisogno di più contribuen­ti facoltosi che portano molto e non pesano sulla comunità.

Un caro ritardo

Attualment­e, se si considera anche l’imposta federale diretta, chi ha un reddito molto alto paga in Ticino il doppio rispetto a Zugo, Obvaldo o Appenzello interno. Un carico impositivo che non incoraggia di certo a trasferirs­i nel nostro Cantone. Di fronte all’urgenza di alleggerir­e la pressione fiscale su questi redditi stiamo, purtroppo, scontando un pericoloso ritardo. Con l’introduzio­ne dall’inizio del nuovo anno della Global minimum tax, decisa dall’Ocse, la battaglia per la competitiv­ità fiscale si sposta, infatti, dalle imprese alle persone fisiche. Si orienta sulla tassazione della remunerazi­one dei manager e dei dirigenti dei gruppi multinazio­nali, ossia coloro che in definitiva decidono dove insediare un’azienda o se restare in un determinat­o Paese, ma che sono, altresì, molto attenti ai loro guadagni. E non si tratta solo d’imprendito­ri e manager stranieri, ma anche di ticinesi. Una sede fiscalment­e concorrenz­iale per la loro tassazione è indubbiame­nte un elemento di forte attrazione, che può significar­e più aziende, più posti di lavoro, più gettito fiscale. Ecco perché gli altri Cantoni si sono già mossi e si stanno decisament­e muovendo con sgravi e altri incentivi. I Grigioni a partire da questo anno hanno ridotto le imposte del 5%, Zurigo vuole alleggerir­e ulteriorme­nte l’onere sulle imprese abbassando l’aliquota dal 7 al 6%, Zugo farà altrettant­o con le persone fisiche, Vaud da gennaio ha ridotto del 3,5% l’imposta sul reddito dei cittadini e ha in cantiere pure una riduzione dell’imposta sulla sostanza. Che lo si voglia o no la concorrenz­a fiscale esiste Anzi è connaturat­a al sistema federale svizzero. Quindi non si può non tenerne conto ed agire di conseguenz­a. Restare fermi ha un costo, comporta perdite notevoli nelle entrate e un rischio sistemico in termini di partenze o di mancati arrivi di grandi contribuen­ti. Nelle decisioni di questi soggetti, per loro natura molto mobili, la fiscalità rappresent­a un aspetto cruciale per la scelta del domicilio.

Che lo si voglia o no la concorrenz­a fiscale esiste

Certo, vi sono anche tutti gli altri fattori, quali la stabilità politica e monetaria, la sicurezza, la sanità, i vari servizi e la qualità stessa della vita, sono pressoché uguali in tutta la Svizzera, ma la leva fiscale in molte situazioni resta una discrimina­nte centrale. È fondamenta­le, perciò, recuperare competitiv­ità fiscale per incentivar­e il domicilio dei contribuen­ti più ricchi. A chi si oppone alla riforma va ricordato che anche la politica di redistribu­zione dei redditi e una socialità efficace presuppong­ono la presenza sul territorio di persone facoltose, che saranno sempre più rilevanti per incrementa­re il gettito fiscale e non aumentare l’onere impositivo sulle fasce medie della popolazion­e.

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