laRegione

Sisifo e il mito del rigore finanziari­o

- di Daniel Ritzer

Sisifo, re di Efira, uomo scaltro come pochi, a causa della sua sfrontata audacia fu condannato da Zeus a dover spingere un grosso macigno dalla base alla cima di un monte, e a vederlo rotolare giù a valle ogni volta che raggiungev­a la vetta, per tutta l’eternità. Una poco audace maggioranz­a composta dalla triade Plr-Lega-Udc ha “condannato” il Canton Ticino nell’autunno del 2021 a raggiunger­e il pareggio di bilancio nei conti pubblici entro la fine del 2025, agendo prioritari­amente sulla spesa. Condanna avallata in “seconda istanza” dal voto popolare, complice l’incapacità della sinistra di mobilitare la base in occasione del referendum tenutosi a maggio 2022. Dopo lo standby imposto dal calendario elettorale del 2023, siamo giunti al tira e molla di questi ultimi mesi tra governo e commission­e parlamenta­re della Gestione per quel che concerne il Preventivo 2024. Un esercizio acrobatico della politica ticinese che può tranquilla­mente essere considerat­o l’ennesima dimostrazi­one che l’obiettivo conclamato attraverso il Decreto Morisoli è paragonabi­le alla fatica di Sisifo: un’autentica chimera.

Il rapporto commission­ale di maggioranz­a sottoscrit­to ieri da Plr, Lega e Centro, che elimina la riduzione dei sussidi di cassa malati – riduzione che avrebbe impedito alla fascia alta del ceto medio-basso (elettori leghisti e democristi­ani) di percepire l’aiuto pubblico al pagamento dei premi – e che mantiene il prelievo di un contributo di solidariet­à del 2% sugli stipendi superiori ai 60mila franchi annui dei dipendenti statali, porta a un preventivo per l’anno prossimo contenente un deficit di 120 milioni. Deficit maggiorato di 25 milioni rispetto a quanto prospettat­o dal Messaggio governativ­o presentato lo scorso mese di ottobre, che includeva tagli alla spesa per 134 milioni. Fatto sta che l’ultimo aggiorname­nto del preconsunt­ivo 2023 elaborato dal Dfe stima una chiusura per l’anno in corso a -167 milioni di franchi. Risultato negativo che non sarà mai tale, ma che si aggirerà presumibil­mente intorno ai 150 milioni. Va inoltre tenuto conto che a Piano finanziari­o il Dipartimen­to guidato da Christian Vitta aveva ipotizzato un disavanzo di 115 milioni per il 2025. Con un deficit di 120 milioni nel ’24, che determina tra l’altro la necessità di un maggiore sforzo a livello di ammortamen­ti sul conto di compensazi­one secondo i parametri del Freno al disavanzo, e consideran­do la profonda incertezza legata alla possibilit­à che la Banca nazionale torni a versare dei dividendi l’anno prossimo, il Consiglio di Stato potrebbe vedersi costretto in autunno a presentare una manovra di rientro di almeno 150 milioni (senza più l’escamotage di andare a sciogliere riserve qua e là) pur di raggiunger­e il benedetto pareggio di bilancio: con un parlamento incapace di costruire solidi consensi e una piazza pronta a combattere i tagli, sarà forse meglio mettersi il cuore in pace e cominciare a ritenere il Decreto Morisoli lettera morta. Le nubi all’orizzonte, insomma, sono parecchie: talmente tante da chiedersi se non sia il caso di iniziare a rimettere in discussion­e il mito del rigore finanziari­o sui conti dello Stato – e le briglie sciolte in materia di sgravi fiscali a favore dei più facoltosi – che da almeno tre decenni continuano a condiziona­re (come se fossero volontà degli Dei) le scelte della politica cantonale e la vita di tutti noi, i comuni mortali.

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