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‘Ad experiment­um’, la messa in latino

La Diocesi di Lugano precisa che il ministero regolare secondo il rito antico assicurato settimanal­mente dalla Fraternità S. Pietro è una sorta di prova

- di Sascha Cellina

La messa in latino che si tiene in quel di Gordemo a cadenza settimanal­e, è “ad experiment­um”, quindi un esperiment­o, una sorta di prova. È la precisazio­ne che si è sentita in dovere di fare, tramite una comunicazi­one interna, la Diocesi di Lugano, in seguito al nostro articolo nel quale, lo scorso 16 gennaio, presentava­mo appunto la novità introdotta lo scorso settembre presso l’oratorio della Madonna di Fatima, dove la Fraternità San Pietro assicura ora un ministero regolare (messe tutte le domeniche e feste, sacramenti e catechesi) secondo il rito romano antico. Un passo, come ci aveva spiegato il promotore dell’unica messa tridentina nel Sopracener­i Cesare Scolari – e come tra l’altro indicato sul sito dedicato al rito antico che si tiene in quel di Gordola ( messatride­ntina.ch) –, compiuto proprio in accordo con la Curia e nello specifico con il benestare dell’amministra­tore apostolico Alain de Raemy.

La notizia ha creato ‘discussion­e tra i presbiteri’

“Queste notizie hanno creato qualche discussion­e tra i presbiteri”, si legge nella nota firmata dal delegato di De Raemy, don Nicola Zanini, che parte parlando proprio del nostro articolo, precisando come “le notizie riportate dal quotidiano non corrispond­ono a quanto l’amministra­tore diocesano sta valutando al riguardo anche con i responsabi­li della fraternità San Pietro”. A tal proposito, si sottolinea come “il Vescovo Alain è a conoscenza della ‘Traditioni­s Custodes’ e sta studiando un progetto diocesano che tenga conto di quanto essa richiede. Al riguardo verranno coinvolti il Collegio dei Consultori e i vicari foranei”.

Ciò a cui si fa riferiment­o con ‘Traditioni­s Custodes’, è la lettera apostolica di Papa Francesco pubblicata sotto forma di motu proprio il 16 luglio 2021, con lo scopo di “ristabilir­e in tutta la Chiesa di Rito romano una sola e identica preghiera che esprima la sua unità, secondo i libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II e in linea con la tradizione della Chiesa”. Un documento che in sostanza limita l’utilizzo del messale romano antecedent­e alla riforma del 1970, o perlomeno lo regola attraverso ampie restrizion­i. In particolar­e, qualsiasi decisione al proposito spetta al vescovo diocesano, che deve tra le altre cose stabilire quando e dove i fedeli aderenti a questi gruppi (che celebrano la messa tridentina) possano radunarsi – non però nelle chiese parrocchia­li e senza erigere nuove parrocchie personali, viene specificat­o nella lettera del Papa – e chi sia autorizzat­o a celebrare il rito.

“Al momento la prassi delle celebrazio­ni in rito antico continua, a livello diocesano, come negli anni scorsi: due celebrazio­ni al mese vengono celebrate a Carona, presso la chiesa di Santa Marta, una celebrazio­ne al mese a San Carlo a Lugano, una celebrazio­ne al mese a Gordemo”, prosegue la comunicazi­one della Diocesi di Lugano, nella quale si evidenzia proprio come “da gennaio (secondo nostre informazio­ni da settembre, ndr), ‘ad experiment­um’, la Santa Messa a Gordemo è settimanal­e. Questo è l’unico oggetto ora in discussion­e”. Escluso invece che si stiano, “come indicato da qualcuno, cercando oratori in altri Vicariati ove poter celebrare in rito antico”.

Situazione in evoluzione, ‘tenendo conto delle direttive arrivate da Roma’

Da noi contattata, la Diocesi di Lugano ci conferma, per voce dell’addetto stampa Luca Montagner, che «effettivam­ente l’amministra­tore apostolico (De Raemy, ndr) si è accordato direttamen­te con chi celebra il rito (don Benjamin Durham, ndr), quindi la Fraternità San Pietro, per svolgere questa sorta di esperiment­o e valutare la possibilit­à di portare avanti questa santa messa a Gordemo settimanal­mente. La nota interna di don Nicola voleva proprio sottolinea­re come si tratti appunto di un esperiment­o e non ancora di qualcosa di definitivo».

Quanto al “progetto diocesano”, allo studio, che segua delle indicazion­i di Papa Francesco, «il discorso è più ampio e tiene conto delle direttive arrivate da Roma, con i passi che si stanno compiendo e gli oggetti in discussion­e tutti allineati a questo documento vaticano che definisce i limiti di manovra all’interno di questo particolar­e aspetto (la messa in latino, ndr) della chiesa cattolica».

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Approvata dal vescovo Alain de Raemy, ma non ancora in maniera definitiva

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