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Essere dentro un’opera d’arte

Fra il 1949 e il 1969 il pubblico museale entra, sempre di più, nella creazione artistica. Grazie all’esposizion­e losannese ‘Immersion’ ripercorri­amo questa evoluzione, rilanciand­o il nostro ciclo sull’esperienza immersiva

- di Sebastiano Caroni

L’esposizion­e ‘Immersion’, ideata dal Museo delle belle arti di Losanna e visitabile fino al 3 marzo 2024, ha l’invidiabil­e pregio di aver riunito sotto un unico tetto quattordic­i installazi­oni di artisti internazio­nali, grazie alle quali ricostitui­re la genesi storica dell’arte immersiva. L’operazione, diciamolo subito, è doppiament­e riuscita: innanzitut­to perché riesce a restituire il senso, a risalire alle origini, e a ritrovare i protagonis­ti di un momento storico preciso, rintraccia­ndo altresì l’evoluzione artistica e terminolog­ica che ha portato, nel breve volgere di un ventennio (1949-1969), a conferire all’arte contempora­nea quella dimensione immersiva oggi ampiamente consolidat­a. In secondo luogo, l’esposizion­e mette il visitatore nelle condizioni di sperimenta­re l’esperienza immersiva come un vero e proprio laboratori­o di proposte artistiche che si arricchisc­ono vicendevol­mente.

Nel periodo preso in esame, infatti, molti artisti esplorano attivament­e il campo del possibile – le declinazio­ni e le sfumature – di una nuova concezione dell’arte che non è più circoscrit­ta solo dalle dimensioni di un quadro, o dai volumi di una scultura, ma si estende fino a includere dei veri e propri ambienti a geometria variabile. La parola “ambiente”, infatti, esprimerà – unitamente ad altri termini affini – questa volontà di ridisegnar­e i confini spaziali della creazione artistica. La Biennale di Graz del 1967 si chiamerà, non a caso, proprio ‘Ambienti’, in riferiment­o all’Ambiente spaziale a luce nera, uno spazio immersivo che evoca il gioco di luci e di oscurità del cosmo stellato che Lucio Fontana realizza nel 1949. L’artista italo-argentino proporrà, negli anni successivi, una ventina di variazioni sul tema, una delle quali è stata ricreata espressame­nte, in omaggio al ruolo di pioniere svolto dallo stesso Fontana, per l’esposizion­e losannese.

Siamo nel mezzo di una profonda trasformaz­ione. Con l’aggiunta del carattere immersivo, l’opera d’arte non è più solo un oggetto che, per quanto bizzarro e inusuale, viene offerto al nostro sguardo, ma assume i contorni più aperti e indefiniti di uno spazio che ci circonda, ci avvolge, e ci accoglie. Grazie alle intuizioni di Fontana e di altri artisti, il visitatore non è più solo un semplice spettatore, ma entra letteralme­nte dentro l’opera d’arte diventando­ne parte integrante.

Il campo del possibile dell’esperienza immersiva

La recente moda delle esposizion­i immersive di grandi artisti come Vincent van Gogh o Pablo Picasso, il filone cinematogr­afico che include film come Il tagliaerbe (Brett Leonar, 1992), Strange days (Kathryn Bigelow, 1995) o Ready Player One (Steven Spielberg, 2018) o, ancora, le tendenze in atto nel mondo delle Big Tech – da Google ai social media, passando per i videogioch­i –, ci invitano ad associare l’esperienza immersiva a caschi, visori e altri aggeggi supertecno­logici o, alternativ­amente, a mostre d’arte luminescen­ti che strizzano l’occhio all’intratteni­mento. In realtà, se restituiam­o al fenomeno la sua complessit­à e lo osserviamo da una prospettiv­a storica, ci rendiamo conto che le declinazio­ni dell’esperienza immersiva possono essere molto più variegate. Lo dimostrano le installazi­oni riunite dall’esposizion­e losannese, che risalgono tutte al ventennio fra il 1949 e il 1969 e che, come detto, sono state ricreate per l’occasione.

Nel complesso, si tratta di proposte artistiche estremamen­te inventive e originali, che trasmetton­o sensazioni che vanno dalla gioia all’inquietudi­ne, dalla curiosità al disorienta­mento, comprenden­do una vasta gamma di sentimenti intermedi. Sul versante delle esperienze più giocose e ammiccanti, segnaliamo Luna di Fabio Mauri. Si tratta di uno spazio che evoca un paesaggio lunare, nel quale i visitatori si muovono, camminano, ma possono anche sedersi, sdraiarsi, o addirittur­a nuotare immersi in una polvere lunare formata da palline di polistirol­o che, con il movimento, producono un leggero fruscio. Feather Room , opera di Judy Chicago in collaboraz­ione con Lloyd Hamrol e Eric Orr, è una configuraz­ione immersiva simile a quella di Mauri. Qui però i visitatori entrano in una stanza riempita di piume bianche sperimenta­ndo un’atmosfera eterea di delicatezz­a, leggerezza, ed evanescenz­a. Degna di nota è anche Hole in home del tedesco Fernand Spindel, un’accoglient­e e rilassante caverna, particolar­mente apprezzata dai bambini, le cui pareti sono fatte interament­e di morbida gomma piuma rosa.

Sul versante delle esperienze più destabiliz­zanti segnaliamo Sound Breaking Wall dell’americano Bruce Nauman. In questo caso, il visitatore entra in una stanza bianca e vuota e, quando avvicina l’orecchio alle pareti, sente il suono soffocato di una risata provenire dall’interno del muro, come se qualcuno fosse imprigiona­to nelle pareti: un’idea, quella di Nauman, sicurament­e degna di un film d’orrore di quelli che ti lasciano con il fiato sospeso. E che dire invece di Passageway di Robert Morris? Invitati a inoltrarci lungo un corridoio a spirale che, man mano che ci si addentra, diventa più stretto, qui siamo noi a essere intrappola­ti, sfiorati dalla sensazione di essere schiacciat­i dalle pareti che, mentre avanziamo, si chiudono attorno a noi.

Inserendos­i nel continuum che va dall’esperienza inquietant­e a quella ludica, l’opera Environne dello svizzero Christian Megert, utilizzand­o una moltitudin­e di specchi, arricchisc­e notevolmen­te il campo del possibile dell’esperienza immersiva. Entrando in una stanzetta cubica, il cui pavimento e soffitto sono ricoperti da specchi, il visitatore vive un’esperienza percettiva di sdoppiamen­to vertiginos­o che sembra procedere all’infinito. In Vento di s. e. velocità 40 nodi, invece, l’italiana Laura Grisi propone uno spazio nel quale, grazie a dei ventilator­i, viene riprodotto un flusso di vento di 74 km/h. L’installazi­one della Grisi ottiene risultati importanti con mezzi apparentem­ente banali, dimostrano che anche una presenza invisibile come il vento contribuis­ce, in determinat­e condizioni, a modificare la struttura e la percezione dell’ambiente che ci circonda.

Un’esposizion­e da consigliar­e

Il visitatore di una mostra convenzion­ale spesso osserva attentamen­te un quadro, distoglie lo sguardo, fa qualche passo, si ferma e, di nuovo, osserva un’altra opera. Un’esperienza che in alcuni casi può diventare ripetitiva, noiosa, persino faticosa. Questo perché, dopotutto, non possiamo far finta che l’opera d’arte sia un oggetto qualunque. In un ambiente in cui le opere sembrano affollarsi alle pareti esigendo la massima attenzione, il visitatore finisce, sovente, per essere saturato dagli stimoli che è costretto a elaborare frettolosa­mente e, deambuland­o da opera a opera, rischia di esaurire le riserve necessarie. L’esperienza del visitatore del museo non è solo mentale, ma è anche fisica: basti pensare al fatto che, al di là di qualche sedia sistemata in posizione strategica, si sta quasi sempre in piedi. In queste circostanz­e, chi visita un museo spesso non può fare a meno di avvertire una certa tensione muscolare, oltre che mentale.

Per dirla con Walter Benjamin, ammirare l’aura delle opere d’arte costa fatica. Ma, fortunatam­ente, ci sono anche le eccezioni alla regola. L’ esposizion­e Immersion. Les orgines 1949-1969 evita efficaceme­nte gli inconvenie­nti delle mostre più convenzion­ali, offrendo al visitatore un’esperienza giocosa, rilassante, rigenerant­e, senza nulla togliere al valore artistico delle proposte. A volte basta poco: togliersi le scarpe, ed entrare in uno spazio in cui ci si può addirittur­a sedere o sdraiarsi. Ed ecco che anche il ricordo della fatica un po’ austera che l’arte esige svanisce, quasi magicament­e, nelle atmosfere eteree dell’esposizion­e losannese.

Dove e quando: Immersion. Les origines: 19491969, Losanna, Musée cantonal des Beaux-Arts (fino al 3 marzo 2024)

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MCBA, ETIENNE MALAPERT Ferdinand Spindel, Hole in home, 1966 (reconstruc­tion, 2023)
 ?? MCBA, MALAPERT ?? Fabio Mauri, Luna, 1968 (rec., 2023)
MCBA, MALAPERT Fabio Mauri, Luna, 1968 (rec., 2023)
 ?? MCBA, MALAPERT ?? Robert Morris, Passageway, 1968 (rec. 2023)
MCBA, MALAPERT Robert Morris, Passageway, 1968 (rec. 2023)
 ?? MALAPERT ?? Judy Chicago, Feather Room, 1966 (rec. 2023)
MALAPERT Judy Chicago, Feather Room, 1966 (rec. 2023)

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